A cura di don Ezio Del Favero

12 – L’avventura della sorgente

«Tu lasciati assorbire nel vento… Fidati!»

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Un rivolo d’acqua sgorgò da un’alta montagna dove un ghiacciaio, anche se ridotto di molto, era ancora lì, diversamente da altri ghiacciai scomparsi a causa dei mutamenti climatici. Il rivolo di suo portava poca acqua, ma, grazie a un fitto reticolo idrografico che si aggiunse durante il suo cammino, si allargò trasformandosi prima in torrente montano e poi in placido fiume via via sempre più grosso.

Quel fiume, dalla sorgente sul monte, dopo aver attraversato paesaggi di ogni genere e forma, raggiunse le sabbie del deserto. Come aveva superato ogni altro ostacolo, il fiume cercò di superare anche quello, ma percorrendo la sabbia si accorse che andava scomparendo. Era comunque convinto che il suo destino fosse quello di attraversare anche l’ostacolo apparentemente insuperabile che gli presentava il deserto. Si chiedeva: «Ma come potrò farcela?» Finché non udì un bisbiglio nascosto, che veniva da una brezza sottile: «Come il vento attraversa il deserto, così può farlo anche un corso d’acqua!»

Il fiume obiettò: «Mi sono lanciato con forza nella sabbia infuocata, con l’unico risultato di esserne assorbito. Il vento, invece, può volare e per questo è in grado di attraversare il deserto!» La voce misteriosa continuò: «Lanciandoti con violenza come sei abituato a fare, non andrai mai dall’altra parte! Potrai solo scomparire o diventare un esile acquitrino. Il segreto per riuscirci è di lasciare che il vento ti trasporti lontano, verso la tua méta!»

Il fiume, incuriosito, osò chiedere:  «Ma come ciò potrebbe accadere?»
«Tu lasciati assorbire nel vento… Fidati!»
Il fiume non poteva accettare un’idea simile. Si diceva: «Non sono mai stato assorbito prima! Non voglio perdere la mia individualità, il mio esistere come fiume! Una volta persa, riuscirò mai a riacquistare la mia esistenza?» Un’altra vocina s’insinuò nei suoi pensieri.
Era la voce della sabbia: «Il vento ha proprio la funzione di assorbire. Solleva l’acqua verso l’alto, la trasporta oltre il deserto, poi la lascia cadere. Scendendo sotto forma di pioggia, via via diventerà di nuovo corso d’acqua». Ribatté il fiume: «Ma come posso essere sicuro che questo accadrà?»

La sabbia: «Devi fidarti! È così, e se non ci credi non diventerai altro che un esile acquitrino, e, comunque, di certo non diventerai mai più un corso d’acqua».

«Ma non potrei restare lo stesso fiume che sono?»

La vocina della sabbia precisò: «In nessun caso potresti restare lo stesso. Il destino vuole che la tua parte essenziale, la tua identità, sia trasportata lontano e formi un nuovo corso d’acqua. Vuoi restare come sei? In tal caso non conoscerai la sorte riservata alla parte essenziale che è in te!»
A quelle parole, nei pensieri del fiume risuonarono degli echi lontani.
Vagamente, ricordò uno stato in cui egli stesso – o parte di sé – era stato portato nelle braccia del vento. Ebbe la sensazione che quella fosse effettivamente la scelta da fare, anche se non necessariamente la più semplice, la meno dolorosa o la più ovvia.

Per cui si decise. Si consegnò al vento, che accolse il vapore tra le sue braccia accoglienti. Dolcemente e con semplicità, come se lo stesse cullando, lo fece salire verso l’alto e lo portò con sé.

Quando il vento raggiunse la cima di una montagna, molto ma molto lontano, lasciò cadere delicatamente il vapore sotto forma di pioggia, che sarebbe divenuta ghiaccio, poi rivolo d’acqua…
A quel punto il fiume ora vapore si ripropose: «Non dimenticherò mai quest’avventura. Ho appreso in maniera completa la mia identità. Che io sia sorgente, o torrente, o fiume, o vapore, o pioggia, o ghiaccio… io sono sempre io, vivendo sotto varie forme la mia identità. Io sono acqua! E sono felice di esserlo!»

Da parte loro, le sabbie si dicevano: «Noi sappiamo tutto questo, perché lo vediamo accadere giorno dopo giorno. E perché noi ci estendiamo senza interruzione dal fiume fino alla montagna. Per questo i saggi dicono che il cammino lungo il quale il fiume della vita deve continuare il suo viaggio è scritto nella sabbia».

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La parabola – tratta da una storia Sufi (spiritualità islamica) –  era spesso citata dal mistico e maestro spirituale indiano Osho Rajneesh, meglio conosciuto come Osho. 

È una parabola carica di metafore che può essere compresa pienamente solo attraverso l’intelligenza del cuore, precisava Osho.

Un altro saggio insegnava ai suoi discepoli: «La vita è un cammino lungo il quale cresciamo, incontriamo degli ostacoli, lottiamo per raggiungere i nostri sogni e diventiamo più saggi andando tutti verso una stessa direzione…»