A cura di don Ezio Del Favero

20 – La caverna e la luce del sole

«Ti prego, amato guerriero, dammi una di quelle stelle brillanti per adornarmi!»

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Tanto tempo fa, “Nootau” (Fuoco), un gigante spaventoso, rapì la bella “Mahpiya” (Nuvola) e la fece diventare sua moglie. I due andarono a vivere in una caverna in cima a una montagna. Lì nacque loro una figlia, bellissima, dalla carnagione tanto candida da procurarle il nome di “Takchawee” (Colomba). Madre e figlia vivevano perennemente al buio, all’interno della caverna, il cui ingresso era ostruito da un grosso macigno. “Nootau” non voleva che le sue donne uscissero all’aria aperta, perché era molto geloso e temeva che scappassero o che qualcuno le rapisse. Un giorno, il gigante andò a caccia, dimenticando, per la fretta, di ostruire completamente l’ingresso della caverna. Passò di lì “Niyol” (Vento), vide la bella “Mahpiya” e se ne innamorò. La prese tra le sue braccia e la trasportò oltre le montagne, mentre la sua bambina riposava tranquilla in un angolo buio nel suo giaciglio di pellicce. Quella sera, quando scoprì che la moglie era sparita, il gigante s’infuriò senza limiti. La montagna in cui si trovava la caverna si mise a eruttare fiamme e fumo. Enormi massi arroventati rotolarono giù per le pendici della montagna, provocati dai colpi che il gigante batteva con i pugni contro le pareti della grotta. Le sue urla si trasformarono in boati terrificanti.

A causa della lava e delle frane, i villaggi alle pendici del monte furono distrutti e le tribù che vi abitavano dovettero mettersi in salvo sulle canoe per raggiungere i territori più tranquilli di là del lago, in attesa di poter tornare nella terra dei loro avi. Nonostante l’ira del gigante, la sua compagna non tornò. Rimasto senza la sua sposa, “Nootau” cominciò a vivere solo per sua figlia “Takchawee” e raddoppiò le precauzioni per non perdere anche lei. Vietò alla ragazza di uscire dalla caverna e cercò di non lasciarla mai sola. Quando doveva assentarsi, per andare a caccia per esempio, affidava la figlia alla custodia di un giovane guerriero.

Passarono gli anni e la ragazza, crescendo, divenne sempre più bella e affascinante.

Sua madre “Mahpiya”, sospinta dal Vento, talvolta passava sopra la montagna e cercava la figlia nei pressi della caverna. Puntualmente non la scorgeva e piangeva amaramente.  Le sue lacrime diventavano pioggia, precipitavano copiose scendendo lungo i pendii e ingrossavano ruscelli, torrenti e fiumi, fino a sommergere i campi e le case delle tribù che nel frattempo erano tornate nella terra dei loro avi. I poveri abitanti furono così costretti a sopportare il tormento dell’acqua dopo quello del fuoco. Nel frattempo, la figlia del gigante s’innamorò del giovane che le faceva da guardiano e promise di sposarlo. In cambio ottenne dal suo carceriere di poter uscire talvolta dalla caverna all’insaputa del padre. La ragazza, che mai aveva visto la luce del giorno, si sentiva bene all’aria aperta, ma il giovane le permetteva di uscire solo di notte perché nessuno la vedesse.

Una notte, la giovane implorò: “Ti prego, amato guerriero, dammi una di quelle stelle brillanti per adornarmi!”. Il carceriere avrebbe voluto soddisfare il desiderio della ragazza, ma non sapeva come.  Per cui fece rientrare la ragazza nella caverna e si recò quella notte stessa dal gigante “Nootau” per riferirgli il desiderio della figlia. La pietra che chiudeva la caverna però non fu ben posata. Per cui, all’aurora, una lama di luce entrò nella grotta buia e la ragazza, incuriosita, volle vedere da dove proveniva quello splendore. Riuscì a stento a uscire dalla caverna e per la prima volta scoprì il mondo illuminato dal sole…

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La Parabola – raccolta tra gli Indiani d’America – in una delle sue versioni termina con il lieto finale delle favole: «Il giovane guerriero, vedendo che la sua amata era uscita dalla caverna, fuggì con lei lontano dalla montagna e dalle ire del gigante e i due vissero felici di là del lago…»

La leggenda può aiutare a riflettere sul tema della famiglia. Una famiglia è felice se all’interno vi regnano il rispetto, la benevolenza, la serenità, la libertà, la sincerità, la collaborazione, la fiducia, l’altruismo, la condivisione…

Un proverbio degli indiani Sauk recita: «Condividere e donare sono le vie di Dio».
Le leggi che si sono dati i Nativi d’America raccomandano tra l’altro: «Onora e rispetta tutti i tuoi parenti… Tutta la vita è sacra, tratta tutti gli esseri con rispetto…»