a cura di don Ezio Del Favero

39 – La prodigiosa sorgente

Ancora oggi, in quel posto, sgorgano delle acque refrigeranti...

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Una pineta correva su per la montagna, sommergendo la pietra con la sua ombra e il suo profumo di resina.

Al di sopra delle cime dei pini una nuda guglia di roccia saliva erta incontro al cielo. Ai suoi piedi stavano accatastati enormi massi incrostati di licheni. In uno degli antri formati dai massi incastellati viveva una Fata. 

Nei pressi di quel “Becco di pietra”, i pastorelli conducevano le greggi al pascolo. 

In montagna non sempre l’acqua è ovunque e il caldo si fa poco sentire; talvolta il sole picchia con i suoi raggi infuocati, facendo fondere anche le nevi più alte e facendo crepitare le pinete.  

Un giorno, due ragazzini della valle, spinti dalla sete, s’inoltrarono in quella zona per cercare acqua. Dall’alto scorgevano il bianco ribollire del torrente stretto in una gola profonda, che i ghiacciai percossi dal sole avevano ingrossato, ma era pericoloso raggiungerlo. Lasciarono il sentiero e s’infilarono tra i massi, aggirandosi di antro in altro ma senza trovare alcun indizio di acqua sorgiva. Quando decisero di tornare al pascolo, dovunque tentassero una via per il ritorno trovavano solo dei profondi precipizi. Si sentirono persi e, spaventati, scoppiarono a piangere.

Improvvisamente, in mezzo ai pini e ai massi, videro arrivare una donna giovane e bella con atteggiamento gentile. Portava una tunica verde adornata di fiori e i suoi occhi erano profondi come il cielo. Si avvicinò ai ragazzi smarriti e li interrogò con affetto: «Perché singhiozzate così? Come mai vi trovate soli qui in mezzo al bosco?».

I piccoli, incantati da quella signora, dissero: «Ci siamo persi perché avevamo sete!». «Seguitemi!». Al passaggio della donna, sembrava che le rupi si aprissero e gli alberi s’inchinassero. La signora fece entrare i due ragazzi in una grotta sfolgorante di luci, in mezzo alla quale vi era una tavola imbandita con dei frutti di bosco. 

La bella signora li accompagnò davanti a una fontanella da cui sgorgava dell’acqua fresca e limpida. I ragazzini bevvero avidamente e poi si lavarono le mani e il viso, prima di assaporare i dolci frutti del bosco. Al tocco di quell’acqua i piccoli si sentirono bene, liberi da ogni paura e pieni di gioia. 

Più tardi la signora ricondusse i bambini sul sentiero giusto, perché tornassero dai loro cari, che già si accingevano ad andarli a rintracciare su per la montagna perché si era fatto tardi. I paesani, quando videro i due ragazzini, rimasero stupiti, perché il loro viso splendeva di nuova bellezza: «Dove siete stati? Che cosa avete visto sulla montagna?». «Una bella signora, certamente una Fata, ci ha accompagnato nella sua grotta piena di luce e poi ci ha dissetato presso una fontanella d’acqua speciale!».

I valligiani, pensando che la sorgente potesse recare sollievo ai loro pascoli tormentati dal sole e aiutare anche i loro figli a diventare più belli, chiesero ai ragazzini di tornare sulla montagna: «Se incontrate la signora, ditele per favore che faccia dono anche a noi dell’acqua della grotta!».

I piccoli tornarono sui pascoli e, giunti nel bosco dove avevano incontrato la donna, la chiamarono. La Fata apparve loro più bella che mai. «Le altre mamme e tutti i paesani vorrebbero poter bere l’acqua speciale!». «Venite con me!», propose la fata. Presso la fontanella v’immerse una verga di nocciuolo e poi segnò una traccia attraverso le pietre e gli alberi, fin sui pascoli. Giunta in un luogo dove sorgeva un grosso masso, la Fata si arrestò, intonò un canto dolcissimo e piantò in terra la verga. Un piccolo getto d’acqua sgorgò dal terreno, prima creando una larga pozza, poi scendendo verso il torrente stretto nella gola profonda. Quando arrivarono i paesani, che avevano udito il canto soave, la Signora si dileguò, perché le Fate si fanno scorgere solamente dai piccoli innocenti.

Ancora oggi, in quel posto, sgorgano delle acque refrigeranti, per l’immensa felicità dei paesani e di chi passa in quei luoghi d’incanto.

Ma non tutte le sorgenti della vallata sono dono della Fata benefica. Lì vicino esiste un’altra sorgente che i paesani chiamano Fontana della Carestia. Di solito quella fonte è scarsa di acqua, ma quando essa è copiosa i paesani corrono in chiesa a pregare. All’abbondanza delle acque di quella fontana, solitamente risponde una triste annata di carestia.

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La Parabola è stata raccolta in Valle d’Aosta, nella valle del Lys, ricca di sorgenti e di fontanelle in mezzo ai boschi, cui è possibile dissetarsi. Ognuna di quelle sorgenti ha una storia, come la fontanella della parabola, denominata dai valligiani “Fontanachiara”, che vede come protagonista una buona Fata che aiuta le persone meritevoli a sconfiggere il male (la siccità) e che regala bellezza.