a cura di don Ezio Del Favero

41 – «Tu volerai molto in alto!»

All'inizio Dio creò la Madre Terra ed essa divenne il suo giardino...

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All’inizio Dio creò la Madre Terra ed essa divenne il suo giardino.

Poi la Terra diede agli uomini tutto ciò di cui avevano bisogno per vivere.

Gli abitanti delle montagne erano felici, fino a quando Orso Polare pose il suo manto bianco sul paese e soffiò il suo alito freddo dando origine all’inverno. Gli abitanti delle montagne furono costretti a trascorrere l’inverno all’interno dei loro tepee (tende) e i loro piccoli divennero tristi, perché non avevano nulla per divertirsi se non le ceneri del fuoco che sembravano appena tiepide tanto il freddo era intenso. Durante l’estate, essi avevano giocato con il ruscello e con le foglie dell’albero sacro, fabbricando collane, bracciali, pennacchi, farfalle… Ma con il manto bianco i loro giochi erano scomparsi ed essi si erano intristiti.

A quel punto nonna Marmotta andò dal Creatore: «Hai fatto cose belle per i tuoi figli perché potessero vivere bene. Ma ti sei dimenticato dei loro piccoli!».

Il Creatore promise di sistemare le cose. Iniziò a pensare a che cosa avesse potuto creare per rendere l’inverno più piacevole. Allora si ricordò di aver visto i bambini giocare con le foglie dell’albero sacro e decise di creare gli uccelli. Ma nella fretta li fece tutti bianchi.

I bambini furono contenti dei volatili e iniziarono a giocare con anatre, oche, pernici, picchi, rondini, canarini, pettirossi, cardellini, merli, colibrì… Così trascorsero la primavera, l’estate e l’autunno divertendosi con i loro nuovi amici. Ma quando Orso Polare posò di nuovo il suo manto sulla Madre Terra, si resero conto che gli uccelli erano dello stesso colore della neve e riuscivano a malapena a vederli. Si rintanarono tristi nei loro tepee.

Nonna Marmotta tornò dal Creatore: «Penso che tu abbia creato gli uccelli un po’ troppo velocemente! Hai dato agli adulti una natura colorata, ma anche i bambini meritano i colori per i loro volatili». Il Signore prese terra marrone, prato verde, arbusto arancione, blu cielo, giallo sole, rosso fuoco, grigio nuvola e fabbricò i colori che pose nei vasetti di corteccia che la nonna aveva confezionato. Poi convocò gli uccelli. Oca bianca propose: «Prendi una mia piuma per colorare gli altri. Rimarrò bianca in modo che ci si ricordi del mio dono!».

Così il Creatore iniziò a dipingere. Con il rosso e il marrone colorò il merlo; con il blu la rondine; con il giallo il cardellino… e così via, fino a quando tutti gli uccelli furono colorati con le tinte della natura.

Mentre il Signore dipingeva, un uccello lo infastidiva, urlando, sbattendo forte le ali, insultandolo, dicendogli che quelle tinte non erano abbastanza luminose per il suo bellissimo piumaggio. Finché con un tocco d’ala rovesciò i vasi di tintura, che mescolandosi crearono il color nero.

Il Signore, paziente, raccolse il miscuglio e lo mise in un vasetto. Poi continuò a dipingere. L’uccello inquieto non smise di oltraggiare. Allora il Creatore lo afferrò per le zampe, lo immerse nella tintura nera e lo sollevò in alto dicendo: «Te la sei voluta! Sarai sempre inquietante, per cui gli altri volatili ti temeranno e gli animali ti fuggiranno. Ti chiamerai Corvo!».

L’ultimo volatile della fila s’impietosì: «Signore, scusalo! Copri anche le mie piume con i colori mescolati, per poi volare in alto verso il sole e disegnare grandi cerchi in modo che i tuoi figli possano vedere tutto il tuo potere. Vorrei essere il simbolo che richiami Te presso i tuoi figli!». Il Creatore, commosso da quelle parole, gli disse: «Spalanca le ali!». Immerse la piuma nella tintura nera e colorò la punta delle ali, il collo, la coda di quel volatile. Poi, accarezzandolo teneramente, decretò: «Tale è la tua volontà e tale sarà la mia! Tu diventerai il mio simbolo. Volerai in alto per disegnare il cerchio sacro. Attraverso di te i miei figli vedranno il mio potere. Sarai l’unico animale a guardare il sole in faccia. Sarai chiamato “Aquila”. Ogni volta che uno dei miei figli pianterà un palo nel terreno per incidervi i suoi simboli, in cima metterà le tue ali per simboleggiare anche me. Sarai una guida per i miei figli. Da oggi i nativi utilizzeranno le tue piume per fabbricarsi delle bellissime decorazioni e porteranno sempre una piuma d’Aquila attaccata alla pipa sacra»…

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La parabola – raccolta tra gli indiani Abenachi in Quebec (Canada) – evidenzia lo stretto legame tra le creature, il Creatore (Tabaldak) e gli uomini.

Un Capo Tribù ripeteva: «Io non ho mai rivendicato il diritto di poter fare con la terra quello che ritengo giusto. L’unico che ha un tale diritto è colui che l’ha creata».

Precisava un capo Sioux: «Una visione molto grande è necessaria e l’uomo che la sperimenta, deve seguirla come l’Aquila cerca il blu più profondo del cielo».