Dal 20 al 23 giugno a Rho (Milano)

Camminare insieme sulla via degli ultimi

600 delegati al 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane

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Dal 20 al 23 giugno a Rho (Milano) si sono ritrovati circa seicento delegati delle Caritas diocesane per il 42° Convegno nazionale, che si sarebbe dovuto tenere due anni fa e che “finalmente”, come ha rimarcato con sollievo il Presidente di Caritas Italiana, l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, ha permesso di riannodare i fili delle relazioni e di confrontarsi sul rapporto Chiesa-Caritas e Caritas-territorio camminando insieme sulla via degli ultimi. La delegazione bellunese era composta dal diacono Francesco D’Alfonso, direttore della Caritas diocesana, e dall’operatore Andrea Genuin. Tutto il Convegno è stato un riecheggiare ed approfondire con relazioni, testimonianze, tavoli di confronto, le tre vie indicate dal Papa alla Caritas un anno fa in occasione del 50mo anniversario della costituzione di Caritas italiana quale organismo pastorale della CEI.

Sono stati in particolare gli interventi del cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, in videocollegamento, e dell’arcivescovo Redaelli a dare l’intonazione al Convegno e a delineare le prospettive che si aprono per le Caritas dopo lo “tsunami” della pandemia e nel contesto drammatico che la guerra in Europa ha determinato. Considerare i poveri protagonisti nella Chiesa, aprire con loro un dialogo che li faccia sentire non persone esterne, ma nostri fratelli e sorelle, che condividono lo stesso cammino, vuol dire testimoniare il Vangelo, perché non è conforme al Vangelo, ha affermato Redaelli, una comunità cristiana senza i poveri Non si tratta di “fare politica”, come a volte si sente dire, ma di fedeltà alla propria vocazione, perché il cammino con gli ultimi è il cammino normale per il cristiano: “Se non difendiamo i poveri, cosa facciamo?” si è chiesto Zuppi. L’impegno che attende le Caritas, più che di fare progetti, è di avviare processi di dialogo, di coinvolgimento, di promozione degli ultimi camminando insieme con loro, riconoscendo che le nuove povertà toccano le relazioni e la psiche, la dimensione educativa e l’abbandono scolastico, ma rivelano anche la fragilità e la marginalità degli anziani, e che i drammi di oggi, come quello dei profughi dall’Ucraina, richiamano la necessità di rivedere molti comportamenti e pregiudizi e di guardare a tutti i profughi con la stessa attenzione e uguale spirito di accoglienza.

Alcune testimonianze hanno messo in luce la pregnanza del camminare insieme sulla via degli ultimi con creatività: mons. Pierangelo Sequeri, teologo e musicologo, ha riflettuto sulla condizione nella quale oggi si trovano la Chiesa e la società, che ha definito un “guado”, che va superato con l’attenzione rivolta al “Kairòs”, cioè alla opportunità di grazia che ci si offre di testimoniare il Vangelo in una società che non tornerà più come prima, facendo spazio alla creatività, coniugando insieme la spontaneità con la disciplina della competenza. Nell’orchestra sinfonica Esagramma, da lui fondata e nella quale suonano fianco a fianco giovani e adulti con disabilità o senza, si è potuto ammirare l’esempio di dove si possa arrivare accogliendo la spontaneità e orientandola con delle regole perché porti frutto.

Suor Simona Cherici nella diocesi di Fiesole ha fondato, con l’appoggio del suo vescovo ed insieme ad alcune compagne, una casa di accoglienza per donne con bambini e per ragazze in condizioni di disagio. Da un rudere abbandonato in poche settimane si è creata, con l’aiuto di giovani e della gente del posto una struttura dove l’accoglienza, l’accettazione della diversità e la vita fraterna testimoniano lo stile del Vangelo. Tuttavia non si tratta di una storia a lieto fine, ma di un cammino che ha dovuto passare attraverso alcuni fallimenti, come la morte di un bambino di due anni e, prima ancora, la morte di una ragazza prostituita, Faisa, prima ospite incontrata e accolta, trovata morta di freddo alcuni mesi dopo, che – dice suor Simona – è stata la madrina della casa.

Vincenzo Linarello, presidente del Consorzio Goel, che comprende più di 50 imprese sociali impegnate in Calabria nello sviluppo e nella promozione della legalità, ha testimoniato cosa voglia dire reagire con fede e creatività alle intimidazioni e alle violenze della ‘ndrangheta. Quando la sua azienda è stata attaccata e danneggiata con i metodi estorsivi propri del crimine organizzato, con i suoi collaboratori ha escogitato la “festa dell’alleanza”, cioè una festa che dopo la violenza ha mostrato la solidarietà delle imprese e del vicinato, la pubblica denuncia del metodo mafioso, il sostegno economico per ricostituire quanto era stato danneggiato. Dopo tre attacchi ripetutisi nel tempo e dopo altrettante feste dell’alleanza, gli attacchi erano cessati, perché le realtà colpite erano più forti di prima. Ora ha indetto per martedì 5 luglio una manifestazione nazionale a Milano in sostegno del giudice Gratteri, fatto segno di un progetto di attentato appena scoperto, perché -dice – è importante una volta tanto arrivare prima, piuttosto che prendere atto il giorno dopo dell’accaduto.

La sintesi del direttore di Caritas italiana

Sulla base dei tanti stimoli offerti dal Convegno, il direttore di Caritas italiana, don Marco Pagniello, ha offerto una prima sintesi ai delegati delle Caritas diocesane convenuti a Milano, riprendendo l’incipit dell’invito: “Strada facendo predicate annunciando che il regno dei cieli è vicino (Mt 10,7).

Oggi compito della Caritas è abitare la città degli uomini per annunciare il regno di Dio partendo dai poveri (non solo quelli privi di risorse economiche). Abitare la città degli uomini con lo stile del Vangelo, annunciando speranza, facendo la nostra parte per uscire dal guado, cioè aiutando la Chiesa e la società ad uscire dal guado. E’Dio che ci affida questo compito: uscire dal guado insieme. Liberiamoci dall’ansia di essere i primi e i soli. Dobbiamo fare rete, alleanze, fare insieme.

Questo implica fare spazio agli altri, mettendosi in ascolto e andando oltre gli schemi, cercando di capire come oggi siamo chiamati ad essere Caritas nella Chiesa italiana, accompagnando la Chiesa, le realtà del territorio e delle istituzioni con creatività, con attenzione e cura, da cittadini attivi, in rete, nella giustizia e nella legalità, con fantasia e vivacità.

Francesco D’Alfonso diac.