Nel messaggio per la Quaresima

Cammino quaresimale verso la celebrazione della Pasqua

Il Papa offre alcune indicazioni per la spiritualità dei cristiani nel tempo di preparazione alla Pasqua

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Le parole di papa Francesco contenute nel suo messaggio quaresimale di quest’anno 2021, indirizzato ai cristiani, da lui chiamati «fratelli e sorelle», le ho trovate dense di indicazioni che alimentano la spiritualità di singoli e comunità parrocchiali. La concretezza di quanto proposto chiede di entrare nella vita attraverso diversi atteggiamenti.

«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme» (Mt 20,18)

Questo è il titolo del messaggio. Esso rappresenta un importante richiamo al significato del tempo quaresimale. Non un periodo fine a sé stesso, nei suoi riti e nei suoi stato d’animo tramandati, almeno per i più anziani, da generazioni. La Quaresima, come la chiama la liturgia nella preghiera di benedizione delle ceneri, è definita “itinerario spirituale”, per giungere «completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del tuo Figlio». Questa meta, la Pasqua del Signore Gesù, è richiamata dal titolo dato al documento. “Salire a Gerusalemme” è richiamo, nel linguaggio usato da Gesù stesso, all’evento della sua passione, morte e risurrezione. I cristiani sono chiamati ad associarsi alla missione salvifica di Gesù per la salvezza del mondo celebrando, cioè vivendo questi misteri.

Papa Francesco per dare concretezza alla sua indicazione, offre a chi lo ascolta una serie di atteggiamenti che si traducono in stile di vita, in azioni che caratterizzano la vita di chi ha scelto la sequela del maestro. Quindi non uno stile quaresimale fine a se stesso, talora cupo e triste, ma proiettato verso la vita che nella Pasqua del Signore Gesù si manifesta nella sua pienezza.

Segni della conversione: digiuno, elemosina, preghiera

Questo stile di vita scaturisce da una conversione, come risposta alla proposta che Gesù propone a chi vuole essere discepolo e si mette alla sua sequela. Vengono dal Papa richiamati tre atteggiamenti ben conosciuti come termini dai cristiani: si tratta del digiuno, della elemosina, e della preghiera. Tre parole familiari, vissute nel passato con intensità e impegno vincolante da tanti. Ora nelle mutate condizioni di vita all’interno della società nella quel viviamo sono parole che chiedono di essere “reinterpretate” non per annullarle e svuotarle di contenuti, ma con lo scopo di riempirle di significati ancora più veri e validi. Digiuno non solo come limitazione del cibo, compresa la astinenza dalle carni nei venerdì di Quaresima, ma come capacità di distacco da realtà condizionanti. Ai cristiani è chiesto di inventare forme di digiuno originali e personalizzate nel proprio ambito di vita. Elemosina, dice il Papa, come attenzione per l’uomo ferito. Lui la definisce «lo sguardo e i gesti d’amore». È un atteggiamento che ha varietà di espressioni, non solo con della moneta. Preghiera, non solo come formula verbale, magari stereotipata, ma come «dialogo filiale con il Padre». Anche qui è proposta la originalità personale di chi vive questo momento di incontro religioso.

Questi tre atteggiamenti realizzati e reinventati nelle giornate portano a rinnovare tre realtà fondamentali che sono alla base della esperienza religiosa cristiana. Erano chiamate virtù teologali, e sono caratteristica qualificante di chi in Cristo crea un legame esistenziale con il Padre.

Fede sincera, speranza viva, carità operosa

Papa Francesco suggerisce nel messaggio degli atteggiamenti che permettono di incarnare nella vita queste tre caratteristiche. Indica la Quaresima come tempo per rinnovare questi doni che poi si trasformano in atteggiamenti esistenziali, in vita concreta quotidiana.

Le fede che diventa «accogliere e vivere la verità manifestatasi in Cristo». La verità che è contenuta nella Parola di Dio che ci raggiunge nella Chiesa. Fede che è in questo tempo, un «ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di prendere dimora presso di noi. Il digiuno diventa così spazio liberato da ciò che ingombra la nostra vita».

«La speranza come acqua viva che ci consente di continuare il nostro cammino». Speranza che è accogliere il perdono. Un perdono che poi viene donato anche gli altri, con parole che consolano, invece di umiliare. Speranza che si alimenta nell’incontro e nel tempo della preghiera.

«La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nella attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza». Una carità che si concretizza in gesti che si irradiano nella realtà esistenziale. Atteggiamenti di dono che illuminano il vissuto del cristiano nei confronti di chi è nella sofferenza, nel bisogno, nella solitudine.

Meta rituale, la Veglia pasquale

La meta rituale indicata dal Papa è quella della notte di Pasqua, nella Veglia Pasquale, nella quale, dice ai cristiani, «rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo». Mentre scorrono i giorni della Quaresima, cammino da percorrere, ai cristiani viene indicata chiaramente la meta. L’augurio per tutti coloro che intraprendono il cammino è di arrivare alla meta, per sentire il valore esistenziale della Pasqua del Signore Gesù. Dono di salvezza per tutta l’umanità e in particolare chi ha incontrato Cristo e ha deciso di seguirlo come senso pieno della sua esistenza.

Giuliano Follin