A cura di don Giorgio Aresi (2ª domenica di Pasqua - anno C)

Che cosa è accaduto in quell’istante?

...il nostro cuore non è forse abitato da quel desiderio così vero di poterlo vedere con i nostri occhi?

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Nessun uomo al mondo potrà mai dire che cosa sia accaduto veramente in quell’istante in cui Gesù Cristo dalla morte è ritornato in vita, è stato risuscitato dal Padre nello Spirito Santo. Non appare forse un paradosso della nostra vita? Che di ciò in cui proprio crediamo – o diciamo di credere – non esista in fondo alcuna prova?

Eppure il nostro cuore non è forse abitato da quel desiderio così vero di poterlo vedere con i nostri occhi, Lui, il crocifisso-risorto? Perché se la risurrezione di Cristo non è un fatto accaduto nella storia, allora nulla della nostra fede avrebbe senso, nulla di ciò che appartiene alla nostra vita avrebbe un senso, il nascere il vivere, e alla fine il morire. Ma allora, possiamo arrenderci così e convincerci o lasciarci convincere che in fondo la vita e la fede, che accompagna i nostri passi e guida i nostri giorni siano solo un’illusione, e che un giorno apriremo gli occhi, ma sul nulla che ci attende?

Ma non possiamo invece aprire gli occhi della nostra fede di fronte a una Parola che ci affida il racconto di quel mattino di Pasqua? Nel racconto di ciò che gli occhi di Maria, la Maddalena, hanno visto e di ciò che il suo cuore ha provato. È il racconto di quella corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro, una corsa che poteva essere solo come la fede di questi apostoli e testimoni, e di quel Pietro che proprio Gesù sceglie come primo fra tutti gli altri apostoli e testimoni. Una fede che aveva segnato anche quel correre al sepolcro vuoto; una fede fatta di slanci e di paure, di convinzione e di dubbi, di fedeltà ma anche di difficoltà, come può essere, e come di fatto è anche la nostra fede.

Anche Pietro fatica a credere, lui che per primo entra e vede. Eppure è lo stesso Pietro, che di lì a poco, proprio nell’ultimo incontro con Gesù risorto, gli testimonia tutta la verità e la convinzione della sua fede nel Risorto, con un’espressione che è una dichiarazione di fede di amore per Cristo, e che per noi è e rimane una provocazione per la nostra fede di oggi.

Ma è anche il racconto di Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il racconto di quello che i suoi occhi hanno visto e di ciò in cui ha creduto. Di fronte al racconto di quel giorno una domanda può destare il nostro cuore, cioè tutto il nostro io, tutto ciò che siamo, con la nostra vita e la nostra fede: possono anche i nostri occhi fermarsi di fronte a quel sepolcro vuoto? E noi che cosa vediamo? Perché è vero che di fronte all’unica tomba lasciata vuota nella storia del mondo o la nostra vita si trova ad avere un senso o davvero Dio è solo un’illusione.

Ma se la vita, la morte e la risurrezione di Cristo fossero davvero un’illusione, qualcuno dovrebbe spiegarci perché da duemila anni il mondo continua a crederci.

O siamo stupidi, o è vero.

E la seconda ipotesi sembra la più ragionevole.