Il convegno di Longarone con fratel Enzo Biemmi

Dare il Vangelo a tutti!

Il Vescovo avvia la visita pastorale

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«Finora diamo i sacramenti a tutti e il Vangelo a pochi: dobbiamo imparare a dare il Vangelo a tutti e i sacramenti a pochi». Le parole di un parroco veronese – citate da fratel Enzo Biemmi, relatore al Convegno diocesano di domenica 3 febbraio – esprimono bene il senso della conversione pastorale che attende le comunità parrocchiali di Belluno-Feltre. Queste erano ben rappresentate da un’assemblea di 450 persone, attente e partecipi, raccolte nel padiglione E di Longarone Fiere, nel freddo pomeriggio di domenica 3 febbraio.

Il mattino con le catechiste

Incontrando al mattino circa 150 catechisti, provenienti da tutta la diocesi, fratel Enzo li ha esortati ad abbandonare un cristianesimo fissato sul dovere, per rilanciare l’annuncio del Cristo. Infatti nelle rilevazioni sociologiche è emerso che ai giovani del Triveneto la Chiesa appare solo come un insieme di norme e di divieti. E allora, se «i bambini non sanno neanche farsi il segno della croce» (come ci si lamenta ovunque), quella mancanza diventi occasione per parlare loro di quel Gesù salito sulla croce. Una catechesi più leggera, essenziale, che fa vedere nel messaggio evangelico la “perla preziosa”, dono inatteso anche per chi l’ha trovato, un dono che va oltre le aspettative. «Il problema non è che le persone non cerchino ancora, ma che noi non siamo capaci di far vedere la straordinarietà della perla che abbiamo trovato». Papa Francesco ha improntato tutto il suo magistero sul tema della gioia: Evangelii Gaudium, Amoris Laetitia, Laudato si’, Gaudete et exsultate, Veritatis Gaudium… Se anche veniamo da un cristianesimo del dovere (religioso, prima del Concilio; più sociale, dopo il Concilio), solo nella gioia della scoperta che ci ha attraversato presenteremo un cristianesimo attraente. «Che cosa diremo ai ragazzi? ai genitori? Che Gesù ti ama, è con te e ti accompagna».

L’incontro con gli operatori pastorali

Nell’incontro pomeridiano, con pochi e incisivi tratti, fratel Enzo ha disegnato la situazione della fede in Italia, fissando due date simboliche del 1960 e del 2060: nel secolo scorso, il ritratto di un cristianesimo sociologico, in cui la pastorale si preoccupava di conservare la fede e di “curare le anime”, avendo davanti persone cristiane grazie a un’iniziazione sociologica, certamente saldata ai sacramenti, in cui la comunità delegava serenamente ai catechisti l’avvio della pratica della fede. Nei prossimi decenni, la fede sarà di pochi, con persone che la abbracceranno per intima convinzione o per conversione: sarà proposta tramite le relazioni positive all’interno di una comunità di credenti. La catechesi si evolverà in tirocinio per adulti o per famiglie verso la vita cristiana, a opera della comunità e non di persone delegate. Il primo annuncio e la mistagogia saranno gli ingredienti fondamentali della proposta di fede. Nel frattempo, è necessario, secondo Biemmi, portare il peso di una situazione in trasformazione, anzi, per riprendere quanto ha detto papa Francesco ai Vescovi italiani riuniti nel Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, di un «cambiamento d’epoca».

Con una battuta che ha strappato un applauso, Biemmi ha detto che «era molto più facile fare il parroco nel 1960 e sarà molto più facile anche nel 2060». In questi anni di passaggio, invece, nelle parrocchie è necessario accompagnare la transizione da una fede di tradizione a una più consapevole, senza recriminare: «non si tratta di cacciar via chi ancora chiede i sacramenti, ma accompagnare la gente che chiede i sacramenti verso la fede». Biemmi ha notato come molte coppie chiedano il battesimo del figlio prima del matrimonio in chiesa; anzi talvolta l’esperienza del battesimo del figlio accompagna la coppia verso il sacramento del matrimonio: «questa esperienza attende tutti i sacramenti, che saranno il termine di un processo di fede nato dall’ascolto del Vangelo».

Nelle domande dei presenti la richiesta di che cosa si può fare subito, senza aspettare il 2060 ma nel 2019 – che sarà comunque un anno in cui le parrocchie celebreranno le prime comunioni, le prime confessioni, le cresime di bambini o ragazzi – fratel Enzo ha notato come i Vescovi italiani abbiano già dato una preziosa indicazione: «di primo annuncio siano innervate tutte le azioni pastorali»: nessuna celebrazione, per quanto tradizionale, può essere esclusa a priori dall’annuncio che «Gesù ha dato la vita per te e che è presente nella tua vita per donarti il suo amore» (è una delle formule del primo annuncio), come d’altro canto non si può contrabbandare per primo annuncio quello che è tradizionale. Un esempio pratico, portato dall’esperienza veronese, è quella del fioretto di maggio nelle cappelle frazionali: pratica tradizionalissima, che però diventa occasione per radunare le persone.

Alziamo la voce

Un momento di stacco si è avuto con la testimonianza di Giampaolo e Michele, due giovani che hanno partecipato al progetto di scrivere e diffondere il brano “Alziamo la voce”, per raccogliere fondi per le comunità disastrate nell’autunno scorso. Hanno sottolineato come tutti i partecipanti al progetto (un cinquantina) abbiano ringraziato per essere stati coinvolti nel progetto: «E’ stata un’occasione per conoscere tante persone nuove».

La visita pastorale

A conclusione, il vescovo Renato ha descritto come la Visita pastorale, già prefigurata dagli Orientamenti pastorali dell’anno in corso, non sarà una Visita esclusiva del Vescovo alla comunità, ma una «visita con la comunità», un appuntamento che la comunità parrocchiale prende con se stessa. Le prime battute della Visita pastorale consisteranno nell’incontro del Vescovo con i singoli Consigli pastorali o con i Consigli pastorali unitari: qualcuno avverrà già nella prossima Quaresima.

[dGB e dDF]

FOTO di Gianluca Criveller