22.ma domenica del tempo ordinario - Anno A

Davanti a Gesù crocifisso

a cura di un parroco di montagna

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L’incomprensione di Pietro, che si manifesta quando Gesù annuncia per la prima volta la sua passione, non è poi del tutto fuori posto come sembra.

Gesù prevede di essere respinto da Gerusalemme e di essere tolto di mezzo. Pietro resta scandalizzato di questa prospettiva di fallimento. Di fronte al Crocifisso, noi forse non proviamo più nessuna emozione forte. Al massimo si fa un giudizio estetico: è artistico, mi piace o non mi piace…

La crocifissione (chiodi piantati nei polsi, urla di dolore del condannato…) è la cosa più crudele, feroce, bestiale! La morte in croce è intollerabile per Pietro non solo per la sofferenza, ma per la solitudine in cui resteranno i discepoli. E poi c’è lo scandalo, perché mette in discussione Dio stesso, la sua bontà, la sua sapienza! Come san Paolo dice, «la croce è scandalo per i giudei: il Crocifisso è il contrario della fede in un Dio che salva. «La croce è stoltezza per i pagani», è cioè priva di senso, è inutile fine di una vita.

Pietro resta scandalizzato di quello che Gesù dice e Gesù gli risponde che è lui, Pietro, ad essergli di scandalo: «Va’ dietro a me, Satana! Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Il termine Satana in ebraico vuol dire “divisore”. È tradotto con diavolo, che vuol dire la stessa cosa. È colui che vuol mettere il sospetto tra l’uomo e Dio, e quindi tenta di distogliere dalla fiducia e dalla fedeltà in nome di una saggezza più umana.

Nel botta e risposta con Gesù, si vede che Pietro reagisce, non resta indifferente. Davanti a Gesù crocifisso si dovrebbe anche noi ingaggiare una discussione, lottare e manifestare il nostro sentire: così la nostra preghiera diventerebbe anche più vera!

Se qualcuno vuol venire dietro a me… cioè vuol essere seguace e discepolo, dovrà cambiare modi di pensare e di sentire. La croce capovolge i pensieri e li trasforma. Vediamo come… «Rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua».

Rinunci a sé stesso: denota qualcosa di fondamentale. Il rinnegamento di sé esige che uno non badi più al proprio interesse, esattamente come Gesù che, dimentico di sé, ha presente continuamente la sua missione ed è totalmente disponibile agli altri.

Prenda la sua croce: il discepolo non deve tirarsi indietro neppure di fronte alla condanna o alla disapprovazione.

Mi segua: è un mettersi al seguito di Gesù, con un’adesione interiore e non puramente esteriore alla sua persona. «Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per me, la salverà».

C’è un rischiare la vita per Cristo ed è l’unico modo per salvarla. È credere di vivere quando magari si perde: non è disprezzare la vita, ma impegnarla sulle strade del dono di sé al seguito di Cristo. «Che giova all’uomo guadagnare il mondo, se poi perde la sua vita?». Nessuna opposizione tra corpo e anima, ma tra un tipo di salvezza che l’uomo cerca nel possesso e, invece, il progetto di Dio secondo il quale la salvezza sta nel dono di sé.

La fede è l’azzardo che si affronta per Dio. È il rischio che si corre credendo. La posta in gioco è la più alta possibile: la vita stessa, la scommessa del tutto per tutto.

Abbiamo letto san Paolo nella lettera ai Romani, che è sulla stessa linea: «Non conformatevi allo schema di questo mondo… Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio».