Una lettera del Vescovo al presbiterio e alla diocesi

Dopo la lettera al Popolo di Dio

Ispirata dal forti affermazioni di papa Francesco

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La Lettera al Popolo di Dio di papa Francesco, pubblicata il 20 agosto scorso, non poteva passare inosservata. E’ indirizzata al Popolo di Dio, quindi a tutta la Chiesa, a tutte le Chiese, anche alla nostra Chiesa locale e in essa a tutti i membri della Chiesa.

Le parole del Papa sono forti e chiare: «”Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1Cor 12,26). Queste parole di San Paolo risuonano con forza nel mio cuore constatando ancora una volta la sofferenza vissuta da molti minori a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate». La franchezza del Papa disarma, certamente è inconsueta: «Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere […] Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite».

La lettera del Papa raggiunge e interroga anche la nostra diocesi. Per questo, in questi giorni, il Vescovo ha fatto pervenire a tutti i suoi preti una lettera, che ora rende qui pubblica e disponibile a tutti. E la rende pubblica proprio perché il Papa richiama che «è necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno», che «impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio».

Don Renato indica in modo particolare, quale incubatore di ogni abuso di potere, il clericalismo. E’ questo uno stile – lo dice il Papa e il Vescovo lo evidenzia – che spesso è «favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici». Ma il clericalismo «genera una scissione nel corpo ecclesiale», mentre «fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo». L’affermazione del Papa forse non è immediatamente percepibile, ma va presa sul serio, e non solo perché la scrive il Papa.

Quali antidoti? Per il Vescovo sono due, convergenti e inseparabili:

  1. «un forte incoraggiamento a intensificare l’esercizio della sinodalità all’interno delle stesse nostre comunità». In fondo è l’itinerario che il Consiglio pastorale diocesano ha tracciato negli Orientamenti pastorali per l’anno venturo.
  2. «la fraternità presbiterale» che invita ogni prete a non essere un’isola.

Dice ancora il Vescovo: «Sembriamo, a volte, convinti che sinodalità e fraternità siano un “di più facoltativo” e forse anche un ostacolo alla nostra individuale libertà. Ma come mai, nel Vangelo, Gesù dice che si gioca lì la credibilità del nostro essere suoi discepoli?». Nel volersi bene infatti Gesù ha posto il distintivo del discepolato. E questa profezia dei cristiani è ancor più reclamata dall’attuale clima sociale arroventato, in cui tutti affermano i propri diritti individuali.

Nel finale della lettera il Vescovo annuncia l’intenzione, affidata al costituendo Consiglio presbiterale, di dar vita a un organismo che ascolti quanti hanno diritto di esprimere la loro voce sulla questione degli abusi. In linea con quanto il Papa ha indicato.

 

Testo della lettera del Vescovo