Il 14 maggio a Feltre

Festa dei santi Vittore e Corona

La tradizione del pellegrinaggio, la Messa solenne con il Vescovo

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ll giorno feriale, lunedì, e il meteo piovoso non hanno impedito ai pellegrini di tutto il Feltrino l’arrivo al santuario sul Miesna. Dopo le Sante Messe celebrate alle 6 dalla forania di Santa Giustina (nella foto sotto, la sosta del loro pellegrinaggio alla chiesetta della beata Vergine delle Grazie a Nemeggio) e alle 7 dai pellegrini provenienti da Feltre, la celebrazione principale, alle 10.30, è stata presieduta dal vescovo Renato Marangoni.

La solidarietà nel martirio

«Questa celebrazione – ha detto il Vescovo – è come una pausa per riprendere fiato durante il cammino. In questo luogo ritroviamo la nostra realtà e le dimensioni del nostro vivere, spesso frammentate, riacquistano la loro altezza e profondità». Nella tradizione sul martirio dei santi Vittore e Corona è nascosto un filone di solidarietà che «ci raggiunge nella nostra condizione di vita». Il racconto del martirio comunica come Corona, alla vista del coraggio dimostrato da Vittore, si sia dichiarata cristiana e a sua volta abbia subito la morte violenta, trascinata dall’esempio positivo del soldato: «sorprende – commenta del Vescovo – questa reciprocità e compagnia. Il senso della vita lo si coglie insieme! Aiutandosi, siamo spinti anche noi ad aiutarci reciprocamente – l’un l’altro – a tenere viva in noi una ragione di vita capace di dare sapore, gusto, senso al nostro vivere». Ancora, dal martirio dei santi patroni, l’appello a «chiedersi per quali ragioni profonde noi stiamo vivendo». E la risposta è la stessa: «insieme si danno ragione e senso. Vittore e Corona ci dicono di attrarci a vicenda».

No alla tradizione della lamentela

Non sempre si vive la solidarietà e l’attrazione nel bene: «a volte ci perdiamo in discorsi inutili dove sembra che ognuno debba rivendicare la sua parte a scapito di altri». Ed ecco l’appello del Vescovo: «Dobbiamo abbandonare la tradizione della lamentela», a favore, invece, di una «presa di posizione per la giustizia e per la pace», anche se questo comporta la persecuzione: «potremmo raccontare molto a riguardo di ciò che sta capitando anche negli ultimi giorni».

Ai cristiani, a chi vuole essere discepolo di Gesù, il Vescovo ricorda che «non sono le dichiarazioni altisonanti o i certificati che ci iniziano sulla via dell’essere discepoli di Gesù, ma la disponibilità quotidiana a immetterci sulle sue orme»: su una strada ben segnata, la strada «dell’incontro, del samaritano, delle mille occasioni di speranza».

Era stato appena proclamato il Vangelo di Giovanni, con quel brano dei ‘‘discorsi di addio’’ in cui Gesù promette «Se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra».

«C’è chi sta osservando la Parola e coltivando il seme del Vangelo, ha detto il Vescovo. Con i santi Vittore e Corona, i credenti «testimoniano che il Vangelo di Gesù è una promessa e un futuro per una umanità risanata e capace di dare frutto. Auguro a tutti di ritrovare queste ragioni della nostra esistenza».

Non è mancato, nell’omelia, il cenno alla Siria, da cui provengono i santi patroni: «I santi Vittore e Corona ci fanno toccare le terre della Siria, oggi così flagellate da inspiegabili logiche di guerra».

Giuseppe Bratti

[omelia del Vescovo al santuario di San Vittore]