L’atto costitutivo del Comitato firmato il 15 ottobre 2018

Fondo Welfare e identità territoriale

Anche la nostra diocesi partecipa al Comitato

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Come è stato implacabilmente stigmatizzato dalla CGIA di Mestre, il problema più grave per la nostra Provincia è lo spopolamento. Negli ultimi 50 anni la provincia ha perso 11mila abitanti: nel 2016 le nascite si erano attestate a 1.334, i decessi a 2.476: praticamente un piccolo paese scompare ogni anno. Una tendenza che non accenna a modificarsi: solo nell’ultimo semestre, a fronte di 400 nati i decessi sono stati 900; si stima che nel 2020 gli abitanti scenderanno sotto la soglia dei 200mila. E non cambierà facilmente: poiché una buona fetta della popolazione è anziana (il 26%), questo fenomeno si accelererà.

Purtroppo nella logica politica attuale – il peso elettorale del nostro territorio vale quanto un quartiere delle città! – il diradamento della popolazione comporta un assottigliamento dei servizi, e così “il cane si morde la coda”. Se mancano servizi, i pochi giovani cercheranno paesi più serviti dove mettere su casa.

Neppure la situazione delle imprese è rosea: in provincia il numero di imprese attive nei servizi turistici è diminuito, mentre è cresciuto nelle altre realtà montane. Il tasso di occupazione è elevato, solo perché i giovani in età lavorativa sono diminuiti a vista d’occhio: in 10 anni, 10 mila individui in meno nella fascia di età 25-44 anni.

Dallo studio di questo quadro, si è avviato un percorso, iniziato lo 12 dicembre, quando le organizzazioni sindacali e l’Amministrazione provinciale hanno firmato un accordo per creare un fondo territoriale, con cui far fronte alle difficoltà sociali ed economiche del nostro territorio. Il tutto per dare risposta ad alcune delle problematiche più critiche della nostra provincia, ma anche avviare un laboratorio per iniziare a lavorare in modo nuovo, sinergico e responsabile per il bene della nostra Provincia.

Laddove c’è sinergia per il bene comune, anche la Chiesa locale deve e vuole fare la sua parte. Anche la nostra diocesi si interroga da tempo – soprattutto tramite l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro – «su come poter intervenire e facilitare l’aggregazione della comunità per fronteggiare lo spopolamento del Bellunese, le situazioni di disagio sociale, l’isolamento e favorire invece, la solidarietà, l’aiuto alle famiglie e verso gli ultimi». Sono parole desunte dalla lettera con cui il 20 settembre scorso mons. Vescovo ha ufficialmente chiesto che anche la diocesi possa «partecipare al nascente “fondo welfare e identità territoriale”», dichiarando la disponibilità «ad intervenire anche con una compartecipazione economica, nella convinzione che anche la Diocesi possa portare il proprio contributo di solidarietà per aiutare la Comunità». La domanda è stata accolta e un rappresentante del Vescovo farà parte del Consiglio del Comitato stesso.

Si arriva così al 15 ottobre, alla firma dell’atto costitutivo del “Comitato Fondo Welfare e Identità territoriale”. Nella sede dell’Amministrazione provinciale, sono stati davvero tanti i firmatari, rappresentanti di varie realtà operanti in provincia. Secondo il presidente Roberto Padrin, primo firmatario, è stata una «giornata quasi storica», in cui così tanti enti si sono ritrovati attorno allo stesso tema. Dopo di lui ha firmato la consigliera provinciale Francesca De Biasi, cui tutti hanno riconosciuto la tenacia e la disponibilità con cui ha condotto in porto questa iniziativa. Nel suo intervento la dottoressa ha sottolineato la presenza della parola “identità” nel titolo, perché comporterà l’analisi approfondita dei punti forza e critici del nostro territorio, ma anche la promozione di una consapevolezza dell’identità, oltre la cura della marginalità: ha inoltre efficacemente ritratto questa firma come «un primo passo di autonomia: ci prendiamo carico dei nostri problemi in prima persona».

Renato Bressan, segretario della Spi Cgil, plaudendo all’immediata apertura di credito avuta per la proposta di sindacati da parte dell’Amministrazione provinciale, ha riconosciuto come nell’elaborazione del progetto i vari soggetti abbiano collaborato perché nessuno venisse escluso: «Tutti hanno fatto un passo di lato per fare tutti un passo in avanti». Rudi Roffaré, segretario della Cisl Belluno-Treviso, ha evidenziato lo spirito di solidarietà di questo territorio, da cui è nata il fondo di solidarietà tra lavoratori del 2013, a cui questa nuova iniziativa si aggancia, estendendone il campo di azione.

Jacopo Massaro, presidente della Conferenza dei Sindaci di Belluno, ha testimoniato la validità del metodo di lavoro assunto, richiamando l’efficacia della pregressa collaborazione tra il Comune di Belluno e la diocesi; tanto più in un contesto in cui, per le trasformazioni in atto nella politica regionale, molti aspetti del welfare sembrano destinati ad essere lasciati al territorio. Umberto Soccal, presidente del Consorzio BIM Piave, ha dato evidenza al fatto che ben 51 sindaci su 63 abbiano accolto con favore questa iniziativa, anticipando l’intenzione di coinvolgere le 12 amministrazioni che mancano all’appello; e ha aggiunto. «Non credo si possa risolvere tutto con le sole risorse economiche, ma serve un salto dal punto di vista dell’identità culturale».

Il vescovo Renato Marangoni ha richiamato il tema dell’“identità”, così sentito nella capillarità delle comunità parrocchiali. Ma neanche «la comunità diocesana non può muoversi da sola; ed è per questo che prendiamo parte a questo progetto unitario. L’isolamento spesso si nota nello scarso dialogo tra gli enti». Claudia Scarzanella, presidente di Confartigianato, ha efficacemente richiamato la trasversalità del modus operandi assunto: perché sono gli stessi cittadini che «sono lavoratori per i sindacati, utenti per i servizi, aziende per l’artigianato». Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura, ha voluto sottolineare che l’agricoltore vive ancor più la fragilità della nostra provincia, mentre è in prima fila nella difesa del territorio e proprio per questo ha bisogno dell’aiuto degli altri.

Inoltre hanno firmato Luca Dapoz, direttore di ASCOM, Massimo Sposato, Presidente di APPIA, Luca Barbini, Presidente di Confindustria. E per ultimi i due parlamentari Federico D’Incà, che ha riportato i passi avuti con la ministra Stefani nel merito dell’autonomia, e Roger De Menech.

I prossimi passaggi consisteranno nell’analisi dei bisogni primari e nella condivisione delle azioni da inserire nei progetti che saranno poi oggetto di finanziamento: «Concretamente – ha illustrato la dott. De Biasi – si intendono prima fare i progetti e poi individuare le risorse, ma l’ambito rimarrà quello dei servizi alle persone, non la realizzazione di strutture». Sollecitata dalla stampa a esemplificare, la stessa De Biasi individua come prioritari il rientro dei giovani laureati, il sostegno alla genitorialità, «dalla facilitazione dei tempi lavoro-vita privata al supporto alla genitorialità, passando per l’incentivazione dell’insediamento abitativo e lavorativo delle giovani coppie».

Il Fondo, istituito in via sperimentale per un triennio (fino a ottobre 2021), sarà nel tempo alimentato mediante risorse finanziarie di enti pubblici e privati, contribuzioni di associazioni e imprese, donazioni, forme di sostegno da progettualità specifiche (come il Fondo Comuni confinanti, solo per fare un esempio). «La cifra a cui si potrà arrivare non è attualmente preventivabile», commenta il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, «ma l’obiettivo e l’auspicio sarebbero di raggiungere almeno qualche milione di euro».

C’è chi ha visto in questo atto un’«aria di traduzione in concreto dei famosi Stati generali della provincia di Belluno», i cui auspici risalgono ormai a 15 anni. Ma – come ha sottolineato l’on. De Menech – questa iniziativa dà soprattutto un messaggio di speranza, con cui si può contraddire la “sindrome da sfiducia” che spesso sembra affliggere e dipingere il mondo bellunese. «Se il Fondo avrà successo – ha chiarito il segretario della Spi Cgil – non lo vedremo subito, ma tra qualche anno. Quel che speriamo è di aver messo in piedi un vero e proprio modello».