Solennità di Cristo Re - Anno A

Gesù Cristo Re continua a identificarsi con i piccoli

a cura di un parroco di montagna

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È la domenica di Cristo Re. Attenzione però che il Re, che viene con potenza e siede su un trono di gloria per giudicare tutti i popoli, resta sempre Gesù di Nazaret. Il Re-giudice resta sempre quel Gesù che abbiamo conosciuto, senza smentirsi.

Quale potenza ha? Quella dell’amore: del dono di sé e di un amore disinteressato. Gesù resta sempre colui che fu perseguitato, crocifisso, rifiutato; resta colui che nella sua vita ha condiviso in tutto la debolezza umana, ha patito la fame e il freddo, la solitudine e l’incomprensione.

Anche sul trono di Giudice universale continua a identificarsi con i più piccoli e con gli umili. Gesù giudice rimane sempre Gesù. Non c’è un Gesù che pratica la logica dell’amore fino alla Croce e poi sostituisce l’amore con la logica della potenza e della gloria in trono.

Il giudizio di Gesù svela il vero senso dell’amore apparso nel Crocifisso e che a molti parve inutile e improduttivo perché Gesù fu abbandonato dagli uomini e perfino dal suo Dio.

Il giudizio di Gesù svela anche l’identità vera dell’uomo: per l’uomo c’è consistenza e salvezza, c’è riuscita cioè, solo se ha amore verso i fratelli.

La sentenza (di benedizione o non benedizione) non è pronunciata dopo un processo. Vuol dire che il processo avviene prima, durante tutta la nostra esistenza: si semina qui, dove si vive, quello che nel giudizio poi si raccoglie come frutto, scegliendo prima la via dell’amore o dell’indifferenza o dell’egoismo, ogni giorno.

Il problema non è sapere come andranno a finire le cose o conoscere la fine del mondo: il problema è la scelta di come si vive il nostro oggi.

Matteo ripete l’elenco delle opere fatte (o non fatte) fino alla noia, perché non ci si dimentichi. Siamo giudicati tutti non sulle idee, non sulle parole (anche se le parole contano!), ma sul fare o meno, sul servire o sulle omissioni di servizio: omissione di soccorso è il grande peccato.

Matteo invita ancora una volta a non accontentarsi di non fare del male, ma a fare il bene, quello richiesto di volta in volta concretamente, perché… Non chi dice Signore Signore, ma chi fa… entra nel regno dei Cieli.

L’invito è di fare del bene al prossimo in carne ed ossa, anche con l’impegno nel volontariato, per conoscere personalmente il bisognoso: si fa più presto a fare carità con un Sms! Si deve preferire il contatto con la carne di Cristo: L’avete fatto a me… quello che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli.

Chi si intende per piccoli? Chi sono i fratelli più piccoli di Gesù? Sono membri della comunità trascurati, deboli, ritenuti insignificanti e disprezzati.  Una volta Gesù intende come piccoli i predicatori del vangelo (Chi darà un bicchiere d’acqua a questi piccoli in quanto miei discepoli…).

Con i suoi avvertimenti, Gesù si rivolge a un duplice destinatario: a tutti gli uomini e alla comunità. La sorte della Chiesa /comunità-credente dipende dall’accoglienza dimostrata ai missionari del vangelo e, in pratica, dipende dall’accoglienza o dal rifiuto della Parola. Anche la comunità sarà giudicata.

Ma a dispetto di questo… si ha ancora l’impressione che i piccoli e i fratelli siano tutti i poveri, i forestieri, i prigionieri… e resta la convinzione che la benedizione del Figlio dell’Uomo sia per tutti coloro che – non importa se credenti o no – hanno amato, accolto e servito il Cristo, anche inconsapevolmente.


Con questa domenica, ci congediamo dalle omelie di don Paolino Rossini, parroco di Santo Stefano di Cadore, Costalissoio e Campolongo. Anche se non ha mai voluto che il suo nome comparisse in calce al testo, sapevamo tutti che la parola veniva da lui. Lo abbiamo “ascoltato” volentieri da inizio giugno fino ad oggi e lo ringraziamo calorosamente per il contributo offerto.