Conflitto in Ucraina, l’inviato di Repubblica Visetti ospite della Commissione Comunicazioni della CET

Gli occhi di un testimone oculare

«Putin ha innescato una guerra per l’energia e per il pane. L’UE aiuti Zelensky ma solo a condizione che voglia davvero la pace»

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Ha negli occhi la carreggiata completamente vuota mentre con la vettura noleggiata a Bucarest tentava di raggiungere Odessa. «Nel senso opposto una colonna interminabile di auto di civili, gente in fuga spesso solo con un sacchetto in mano. Nessuno di loro si aspettava che i fratelli russi avrebbero attaccato i fratelli ucraini». Il racconto di Giampaolo Visetti, inviato di Repubblica, cattura l’attenzione dei membri della Commissione per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Triveneto riuniti a Zelarino (sede della CET), sotto la presidenza del vescovo di Trento Lauro Tisi, venerdì 20 maggio, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali in calendario domenica 29.

Partito ancora all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Putin, il 24 febbraio scorso, Visetti ha vissuto da cronista itinerante la prima fase della guerra e poi le ultime settimane, con uno scenario diverso rispetto ai giorni a ridosso dell’attacco. Ad accomunare i due periodi, lo stile del reporter che ama raccontare – e lo documenta l’ultimo tachimetro con più di 20 mila chilometri – stando «in mezzo agli avvenimenti, parlando con la gente normale, fissandone gli occhi per raccogliere le loro storie», per non cedere al dominio di “immagini spesso decontestualizzate”, fornite da fonti di parte.  «La prima considerazione sul nostro lavoro – osserva – mi fa dire che il giornalismo è profondamente cambiato. Ora c’è bisogno della guerra in diretta, di un flusso di notizie che deve alimentare la macchina dei siti web e dei social, con aggiornamenti ogni due minuti». Visetti, ripensando anche allo scampato pericolo mentre i tank colpivano a morte, appena davanti a lui, due auto di civili in coda a un posto di blocco, avverte un palese disagio: «Si può trovare una verità sulla guerra ogni due minuti? A volte servono almeno tre giorni per documentarsi e scrivere una notizia».  Senza dimenticare le azioni diversive della macchina della propaganda, da una parte e dall’altra. Emblematica la vicenda dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, la più grande d’Europa: per Mosca, nota l’inviato di Repubblica, è “evacuazione”, Kiev parla di “resa”, così come Putin continua a chiamare “operazione speciale” ciò che per Zelensky – e anche per l’Unione Europea – è “drammaticamente guerra”.

«La strategia di Putin – osserva il giornalista trentino, classe 1965, abbozzando una chiave di lettura dello scontro – è apparsa chiara fin dall’inizio: seminare terrore e morte per svuotare l’Ucraina della propria popolazione. Si calcolano tra i sei e gli otto milioni di profughi in Europa e almeno altrettanti interni allo Stato. È una guerra contro la gente, contro la convivenza, contro l’idea di comunità. Ma la guerra – chiosa Visetti – distrugge soltanto, non porterà mai a riconciliarsi: senza pace non c’è futuro».

L’ex corrispondente per Repubblica da Mosca e dalla Cina – incalzato dalle domande dei delegati per le comunicazioni delle diocesi trivenete – invita a considerare, tra le motivazioni, la componente economica ed evidenzia quanto si tratti di «una guerra per l’energia e per il pane». Visetti la concretizza, evidenziando il paradosso: «Basti pensare che l’Europa continua a versare nelle casse di Putin ogni giorno un miliardo di euro per la fornitura di gas e di energia e ne versa, in armamenti, la metà all’Ucraina». Come dire che quella stessa guerra è, di fatto, alimentata indirettamente e su entrambi i fronti dal Vecchio Continente.

«Per la Russia – approfondisce Visetti –, l’Ucraina è solo uno strumento perché Putin, nella sua strategia criminale, non tollera un mondo dominato dagli USA e dall’espansione della Cina. E per scongiurare il proprio declino vorrebbe riconquistare l’influsso sull’Europa e questo grazie al controllo dell’energia e di una delle zone di maggiore produzione mondiale di grano tenero, destinato soprattutto all’Africa per farne il pane dei poveri».

Quanto all’opposizione russa interna, Visetti, da profondo conoscitore del contesto ex-sovietico, descrive una nazione di «140 milioni di abitanti di 56 etnie diverse, per lo più sparsi in un territorio sconfinato, povero e arretrato, dove il risarcimento statale per un figlio morto in guerra vale molto più del possibile guadagno di un’intera generazione».

Visetti prova a guardare oltre gli 86 giorni (conta aggiornata al 20 maggio) di conflitto armato, ben sapendo che la guerra tradizionale non è bastata a Putin per raggiungere i suoi obiettivi e quindi «resta solo – annota l’inviato – l’opzione dell’escalation chimico-atomica». Un incubo che l’Europa – sull’onda degli appelli di papa Francesco – deve tentare in tutti i modi di scongiurare. «Anzitutto col ribadire a Zelensky – è convinto Visetti – che l’unica condizione per continuare ad aiutarlo è appurare che il suo obiettivo sia davvero la pace. Non può utilizzare la guerra per portare a termine una partita nazionalistica. Anche Zelensky non è il nuovo Vangelo».

A chiosare il partecipato incontro con l’inviato al fronte di Repubblica, l’arcivescovo Tisi evidenzia quanto sulla guerra si sia consumata anche dentro la Chiesa una «partita spesso schierata e deludente, segnata da letture semplificate». E ribadisce: «Dobbiamo tornare a pensare e operare alimentando pensiero profondo, per rilanciare la proposta evangelica. E dire, con forza, nello stile di Tonino Bello: non c’è alternativa alla pace».

Piergiorgio Franceschini