«Non so come sarà, ma sarà Padre»

Grazie, don Luis

Alla fine del mandato come direttore del Centro Missionario

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Settembre, un clima mite di solito, dove si ricordano le belle giornate di vacanza con gli amici o con la famiglia. Oggi invece è caldo, sembra agosto e le finestre dell’ufficio sono spalancate. La porta si apre e non è anticipata da un «toc toc» … sicuramente è don Luis, è a casa.

Entra e come sempre, dopo il cortese saluto si siede davanti la scrivania. Vicino a lui c’è Barnaba, l’orsetto di peluche che – ahimè – sta scivolando dalla sedia. Li guardo e penso che sono una strana coppia. Mi trattengo dalla distrazione e ascolto don Luis che mi racconta di come è andato il fine settimana in parrocchia. Mi parla dei catechisti, della paura delle persone per il virus e degli incontri che sono avvenuti in questi giorni. Io gli racconto della mia domenica, della visita dei miei genitori e di Olivia, l’oca che rispondeva al suo nome e divertiva molto mia madre.

È un dialogo piacevole. Don Luis però anche lui sta scivolando lungo lo schienale della sedia. Lo guardo e gli domando: «Come stai?», non la solita alternativa al saluto, ma una domanda precisa. Lui lo capisce e sorride.

Mi racconta della sua preoccupazione per suor Ester Facchin, è molto tempo che non risponde al telefono e alle sue mail, di Padre Damiano Puccini in Libano e di don Bruno che dovrebbe trovarsi in qualche luogo tra Francoforte e Venezia a 8.000 metri di altezza.

Poi improvvisamente cambia espressione, sgancia un sorriso, e dice: «Ma sai, noi diciamo durante i funerali che saremo abbracciati dal Padre», si ferma e mi guarda. «Chiaramente è un modo figurato, ma chissà come sarà veramente!».

Io lo guardo e non so cosa dire, è lui quello che di solito dà risposta ai nostri quesiti teologici e di fede. «Non so bene don Luis, spero tanto che potremo rivedere anche le persone che abbiamo perso e a cui abbiamo voluto bene», rispondo io. Così ci guardiamo e rimaniamo in silenzio per qualche secondo, poi don Luis alza la testa e dice: «Non so come sarà, ma sarà Padre». Sorrido e sospiro avendo, avuto una risposta.

Lo guardo e vedo l’uomo, vedo Luis, il missionario, quello che si commuoveva davanti alla perdita di centinaia di persone in un incendio nella fabbrica di fuochi d’artificio in Brasile, che dice di sentire ancora l’odore di questi morti. Vedo l’uomo che si è sempre raccontato, che non ha mai messo barriere tra preti e laici. Vedo l’uomo che davanti ad una scelta ha sempre voluto confrontarsi prima di prendere una decisione. Vedo anche il prete che è sempre stato disponibile a spiegarci e raccontarci il vangelo in maniera semplice e popolare.

Ricordo una scena del film Rocky Balboa: durante una visita nel quartiere dove da ragazzo aveva vissuto per molti anni si era rivolto a suo cognato così: «Se vivi tanto in un posto alla fine sei quel posto!»… E tutti noi siamo un po’ anche te.

Josè Soccal

Nella foto: don Luigi Canal in visita ai missionari in Brasile