«Ho tanto desiderato…»

Lettera del Papa al Popolo di Dio: riscopriamo continuamente la bellezza della liturgia

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Papa Francesco ha voluto fare dono alle comunità cristiane e ai singoli componenti del Popolo di Dio di un nuovo documento nella forma di lettera apostolica. Il documento è stato firmato il 29 giugno 2022, solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Il nome, come consuetudine nella Santa Sede, è un’espressione in latino: “Desiderio desideravi”. È indirizzata «ai Vescovi, ai presbiteri, ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici». Lo scopo pastorale del documento è sintetizzato con questa espressione posta nel titolo: «sulla formazione liturgica del popolo di Dio».

“Desiderio desideravi”

Queste parole, che identificheranno il documento, sono l’inizio di una frase detta da Gesù come riportato dall’evangelista Luca (22,15): «Desiderio desideravi hoc Pascha manducare, antequam patiar» (Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione). È l’espressione con la quale si apre il racconto dell’ultima Cena, memoria della Pasqua degli Ebrei, ma soprattutto anticipo rituale della Pasqua di Gesù, da lui poi vissuta nella passione, morte, sepoltura e risurrezione.

È il papa stesso che nel primo capitolo indica lo scopo del suo documento. Egli vuole condividere con tutto il popoli di Dio «alcune riflessioni sulla Liturgia, dimensione fondamentale per la vita della Chiesa». Ricorda papa Francesco che «il tema è molto vasto e merita un’attenta considerazione in ogni suo aspetto: tuttavia con questo scritto non intendo trattare la questione in modo esaustivo. Voglio semplicemente offrire alcuni spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano» (DD 2). Il comunicato del Dicastero per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, richiama le finalità del documento che segue quello indirizzato ai Vescovi che aveva lo scopo di proseguire «nella costante ricerca della comunione ecclesiale» attorno all’unica espressione della lex orandi del Rito Romano, che si esprime nei libri della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticani II. Il tono del documento presentato non è quello di un’istruzione o di un direttorio, è piuttosto, un testo di meditazione, con una vivida impronta biblica, patristica e liturgica. Da essa nasce e si rafforza la comunione vissuta nella carità fraterna che è la prima e più efficace testimonianza del Vangelo.

La presentazione richiama come, pur non trattando in modo esaustivo le questioni affrontate, ciò nonostante, vengano offerti molti spunti sul senso teologico della Liturgia, sulla necessità di una seria e vitale formazione liturgica di tutto il popolo di Dio e sull’importanza formativa dell’ars celebrandi (arte del celebrare) che riguarda non solo chi presiede.

La liturgia del Concilio Vaticano II

Non esistono nella Chiesa Latina, della quale noi facciamo parte, diverse liturgie. La liturgia che è stata su indicazione precisa del Concilio proposta alle comunità e ai singoli è unica. Essa deve essere vissuta «nella costante ricerca della comunione ecclesiale». Nel documento papa Francesco rivolge un chiaro invito ai fedeli e alle comunità cristiane: «Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo spirito dice alla Chiesa, custodiamo la comunione, continuiamo a stupirci della bellezza della Liturgia. Ci è stata donata la Pasqua, lasciamoci custodire dal desiderio che il Signore continua ad avere di poterla mangiare con noi». Non si può alimentare la divisione nel momento celebrativo, non si può rivendicare una liturgia che la Chiesa nella sua massima espressione comunitaria (il Concilio ecumenico) ha voluto riformata e rinnovata. Nella Chiesa Latina esiste la sola liturgia di tradizione millenaria, riformata e proposta nei suoi testi rituali nel dopo Concilio.

Né formalismo rigido, né creatività fantasiosa

Una delle riflessioni più importanti offerte da papa Francesco è quella che invita a evitare due eccessi nei quali l’assemblea, con la guida del celebrante che presiede, può incorrere. Sono due eccessi da evitare per non snaturare la celebrazione liturgica. Dice il Papa: «la liturgia non può essere ridotta alla sola osservanza di un apparato di norme e non può nemmeno esser pensata come una fantasiosa, a volte selvaggia, creatività senza regole». L’originalità che caratterizza ogni comunità riunita per celebrare, non può nascondere, nell’esasperata ritualità o nel personalismo celebrativo, la stessa unità e comunione nel vivere il mistero «culmine e fonte della vita della Chiesa». Ogni cristiano si deve riconoscere nel rito a cui partecipa a prescindere dal luogo. In ogni celebrazione deve essere sentito presente il Cristo che si dona alla sua Chiesa.

Giuliano Follin