La giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, nella chiesa di Cavarzano,

Il dolore non mi sia indifferente

Domenica 14, a Cavarzano

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“A Dio chiedo soltanto che il dolore non mi sia indifferente … che l’ingiustizia non mi sia indifferente … che la guerra non mi sia indifferente … che l’inganno non mi sia indifferente …” Queste parole cantate alla fine della celebrazione eucaristica di domenica 14, Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, nella chiesa di Cavarzano, esprimono in modo efficace ciò che moltissimi uomini e donne migranti e rifugiati portano con  sé: un’ansia di giustizia e di pace che vengano a sanare le profonde ferite inferte alla dignità di tanti esseri  umani da altri esseri umani e dalle “strutture di peccato” – così Giovanni Paolo II chiamava le ingiustizie erette a sistema, a meccanismo sociale auto legittimato – che gravano come macigni su tante parti del mondo, così da costringere una fetta non piccola dell’umanità, almeno 250 milioni, a spostarsi altrove alla ricerca di una vita più degna, nella speranza di poter  vivere in pace e sicurezza .

Il desiderio, divenuto per molti realtà nel nostro territorio bellunese, era sui volti dei rappresentanti delle comunità provenienti da diversi Paesi che hanno partecipato alla celebrazione della Messa presieduta dal Vescovo Renato: tutti accomunati dalla fede e dall’impegno a costruire ponti, a creare comunione, amicizia, sentendosi parte di una comunità nella quale, davanti a Dio, nessuno è straniero.  E sono proprio le parole poste all’inizio del messaggio di Papa Francesco per la Giornata, tratte dal libro del Levitico, che il Vescovo Renato ha posto come chiave di lettura della sua omelia: “Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto: Io sono il Signore, vostro Dio”. Certo, comprendere che ogni persona ha diritto a una patria e che ciascuno ha una responsabilità nel costruire una società aperta, capace di accogliere, proteggere, promuovere e integrare quanti giungono in mezzo a noi – sono i quattro verbi proposti da Papa Francesco a indicare le quattro azioni necessarie per i migranti e i rifugiati – non è scontato.

Occorre imparare a riconoscere l’altro, a comprendere il valore delle differenze, occorre sforzarsi di comunicare in un linguaggio comune. Questo è impossibile se si guarda al proprio esclusivo interesse, un interesse in realtà mal compreso, perché nessuno è un’isola rispetto agli altri, ma diviene possibile se si guarda l’altro negli occhi, riconoscendovi una presenza di Dio. Se la terra appartiene a tutti, come ha osservato il Vescovo all’inizio del suo intervento, allora occorre adottare un nuovo sguardo gli uni sugli altri, lo sguardo del Padre, che apre agli uomini le vie della fraternità. Per questo si rende necessario entrare in una dinamica nuova, resa possibile dalla preghiera. E’ stata questa l’esperienza vissuta nella celebrazione di Cavarzano, dove il pregare e il cantare, con la voce e con il corpo, hanno generato un’atmosfera festosa, che esprimeva la gioia dell’incontro, nel quale ciascuno portava un tassello per il mosaico di una comunità possibile, qualora non ci si rinchiuda nel pregiudizio e nella paura. Forse è proprio questo che occorre apprendere, come Samuele, ha ricordato il Vescovo Renato, che ha dovuto imparare a riconoscere la voce di Dio per scoprire la propria missione, e come i due discepoli del brano evangelico, che incoraggiati dal Battista a seguire Gesù, hanno appreso dallo stare con lui la bellezza del diventare discepoli.

Al termine della celebrazione l’incontro è proseguito nella sala parrocchiale per un momento conviviale, offerto dalla Caritas diocesana e preparato dal Centro Hakim di Sargnano. Le comunità presenti alla Giornata – della Moldavia, del Brasile, del Camerun, delle Filippine, dell’Ecuador, dell’Ucraina, dei Bellunesi residenti e dei “Bellunesi nel mondo” – alle quali si è aggiunta al termine una piccola rappresentanza musulmana, hanno mostrato con lo stile della cordialità e dell’accoglienza reciproca che l’incontro genera relazioni nel segno dell’umanità e della speranza, dunque un mondo più vivibile.

Francesco D’Alfonso