Giovanni Paolo I beato

Il pellegrinaggio dello stupore

L’Osservatore Romano ha chiesto al nostro Vescovo un commento sull’esperienza di domenica 4 settembre

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Iniziando il pellegrinaggio a Roma per la beatificazione di Giovanni Paolo, mi ero detto: nell’intenzione e nell’azione della Chiesa la beatificazione appare essenzialmente come un dono. È il dono di Dio al suo popolo per incoraggiarlo, per accompagnarlo, per offrirgli guarigione dal male, per additare una strada di vita evangelica in cui inoltrarsi e perseverare, per manifestare quanto creativo è l’amore di Dio. Giovanni Paolo I, dichiarato beato, è un segno affidabile con cui Dio intende oggi parlare alla sua Chiesa, manifestare un riflesso luminoso del suo volerci bene affinché in noi non prevalga quel buio che rattrista, che impedisce di alzare lo sguardo e di dare ragione della speranza che è stata seminata in noi.

In quanto vescovo della Chiesa di provenienza di Albino Luciani, mi chiedo che cosa Dio abbia voluto comunicare alla nostra Chiesa di Belluno-Feltre che abita un territorio dolomitico così affascinante, ma che richiede anche fatica e tanta passione di vita per la gente che vi abita. Qui organizzarsi il vivere di ogni giorno è più dispendioso, in tutti i sensi. Che cosa il Signore vuole dirci donandoci questo “nostro” beato? Questa domanda mi ha accompagnato e messo in ricerca lungo tutto il pellegrinaggio partito all’alba di venerdì 2 settembre da varie località della diocesi, raccogliendo persone e famiglie da tutto questo esteso territorio. Mi è sembrato di cogliere alcuni aspetti nell’ascolto di tante voci lungo i tre giorni del nostro pellegrinare.

Innanzitutto nell’animo dei pellegrini ho riscontrato un atteggiamento di fondo che mi ha molto colpito. Se la beatificazione di Albino Luciani è un dono, essa non può che suscitare tanto stupore nel nostro intimo. Attendendo la beatificazione di Giovanni Paolo I, la nostra fede – così tanto e così spesso messa in difficoltà e in crisi in questi ultimi tempi – si è tinta di stupore. Siamo stupiti di questo nostro conterraneo che la Chiesa riconosce beato. Ci siamo, dunque, detti di non cercare a ogni costo aspetti eclatanti nella sua vita e nel suo ministero, di non fomentare in noi aspettative e voglie di un miracolismo facile e a buon mercato nel rapportarci con lui; e, invece, di lasciarci meravigliare dall’autenticità e dalla semplicità della testimonianza di Luciani, di cercare in lui i segni della bontà di Dio, di rigenerare la nostra fede attraverso lo stupore, oltre i nostri bisogni e le nostre misure.

Conseguente a questo aspetto, mi sembra di aver colto, nel clima generale con cui si è svolto il nostro pellegrinaggio, ciò che colpisce immediatamente della vita di questo beato. Le persone lo hanno evidenziato, in particolare, nei momenti di maggior commozione, come le celebrazioni con al centro l’Eucaristia “di beatificazione”, ma anche nella semplice comunicazione avvenuta nei vari momenti di condivisione. Abbiamo riconosciuto che Albino Luciani rappresenta la “familiarità del Vangelo”, la sua attinenza alla vita semplice e umile, la sua bellezza che si manifesta in “povertà di spirito”, la gentilezza e la serenità del Vangelo quando lo si cerca insieme e lo si condivide. E tutto questo senza sconti alla sua radicalità, al suo collocarsi al centro dell’esistenza, al suo tendere sempre più verso il Signore, al suo attraversare l’esperienza della croce. Giovanni Paolo I ha rivisitato il dono della fede, della speranza e della carità attraverso l’umiltà e la mitezza di Gesù. Per questo i nostri pellegrini hanno colto la lievitazione e il sapore del Vangelo, guardando all’immagine serena del beato Giovanni Paolo I, mentre veniva svelata. In quel momento celebrativo imperversava la pioggia, ma ciò non ha impedito a cogliere l’evangelicità di tutta la parabola di vita di Albino Luciani.

Poi un terzo aspetto ha caratterizzato lo svolgimento del pellegrinaggio. Mi riferisco al pellegrinaggio indetto per primo dalla diocesi, ma accanto a tutti gli altri pellegrinaggi organizzati da vari enti e associazioni. Ci si incontrava ovunque, anche per le vie e le piazze di Roma. Nel primo pellegrinaggio cinque pullman – due di essi doppi – hanno raccolto persone da tutte le parti del vasto territorio che forma la Diocesi. Si tratta di gruppi con caratteri locali molto accentuati. Ne risulta ordinariamente una difficoltà oggettiva nel riconoscere la comune appartenenza ecclesiale. Sorprendentemente l’insieme dei pellegrinaggi ha fatto sì che tutti fossimo partecipi con gli altri della medesima finalità. Giovanni Paolo I, che poteva essere rivendicato da un paese e da una vallata particolari, è diventato “di tutti” e ci ha fatto sentire una comunità, sì variopinta di tante diversità locali, ma in cammino nello stesso senso di marcia, con il medesimo stato d’animo di stupore e gratitudine.

Un ultimo pensiero si riferisce a quanto Papa Francesco ci ha detto nella sua bella omelia. Ha saputo portarci dentro il Vangelo del giorno, da lui stesso definito «un discorso poco attraente e molto esigente» fatto da Gesù. Così il Papa ci ha introdotti allo «stile di Dio» che «non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso». I pellegrini hanno potuto cogliere la novità del Vangelo e la verità di vita che esso annuncia e comunica. Usando l’espressione stessa del beato Giovanni Polo I, Papa Francesco ha ripresentato l’amore “intramontabile” di Dio che il Crocifisso narra e offre. Ci ha, poi, così rassicurati: «Non si eclissa mai dalla nostra vita, risplende su di noi e illumina anche le notti più oscure». Infine, c’è stato l’appello fiduciale di Francesco: «Siamo chiamati all’altezza di quell’amore». Semplicemente e umilmente è raccontato nella beatificazione di Albino Luciani. Così è avvenuto il nostro “pellegrinaggio dello stupore”!

+ Renato Marangoni
Vescovo di Belluno-Feltre