10 gennaio 2021 – Battesimo del Signore

In te mi sono compiaciuto

a cura di don Ezio Del Favero

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Come una cerimonia d’iniziazione

Penso all’Africa, come anche in varie tribù nel mondo, dove si svolgono dei riti che sanciscono il passaggio all’età adulta. Ad esempio, il rito d’iniziazione più importante nella società dei Kabye (Togo) è rivestito dall’“Evala”, una lotta rituale che segna il passaggio dei giovani maschi alla fase di maturità. L’Evala è un rituale complesso ed è costituito da una serie di fasi che culminano in una lotta rituale che viene praticata dai giovani che vogliono passare all’età adulta. Un giovane deve combattere per tre anni consecutivi per superare il rito d’iniziazione. La fase successiva sarà il “Kondona”: una danza rituale dopo la quale il giovane deve compiere un’arrampicata su un monte e, successivamente, suonare un gong. Dopo di ché il giovane passa definitivamente all’età adulta…

In Te mi sono compiaciuto

Dopo le cerimonie d’iniziazione, alcune cruente ma non senza significato, i genitori del giovane o della giovane insieme all’intero villaggio si compiacciono, ovvero sono contenti, soddisfatti, fanno festa, si arricchiscono di un (o di una) neofita…

Così Dio Padre si compiace del Figlio che s’immerge tra i fratelli peccatori, nella loro realtà, solidale con loro in un amore più grande della morte. Il brano del Vangelo è una miniatura che rivela il mistero più profondo di Dio: la Trinità, come Amore tra Padre e Figlio, donato a tutti, uomini e donne. La scena del Giordano richiama il Calvario: là Gesù si “immergerà” nella morte come qui nelle acque, là si squarcerà il velo del tempio come qui il cielo, là darà a tutti lo Spirito che qui riceve, là si rivolgerà al Padre che qui lo chiama, là sarà riconosciuto Figlio dal fratello più lontano come qui dal Padre. Tutta l’esistenza terrena di Gesù, rivelazione corporea di Dio, è contenuta tra il battesimo e la croce. Come dire: il battesimo è il seme che cresce fino a diventare l’albero della croce.

Il cristiano come compiacimento

Ogni battezzato è possessore della certezza che egli è figlio prediletto, in cui è depositato il compiacimento di Dio. Una certezza che ci deve accompagnare nei momenti tristi e bui perché la figliolanza divina deve far squarciare i cieli grigi (“il cielo si aprì”) e far sparire le nuvole tempestose perché scenda nel nostro cuore la consolazione che viene dal cielo. Per essere compiacimento di Dio, dobbiamo essere forti, capaci di superare le prove della vita, entrare nel mondo degli adulti nella fede immergendoci come il Figlio nella realtà dei fratelli e sorelle, solidali con loro in un amore più grande della morte…


Per riflettere

  • Noi cristiani avvertiamo il cielo che continuamente si apre sopra di noi – segno di speranza – e la voce del Padre che ci chiama: «Figlio, amato, compiacimento»?
  • Siamo compiacimento al punto da riuscire a immergerci nella realtà, solidali con i nostri fratelli e sorelle: «Avevo fame e sete, ero nudo, forestiero, malato, carcerato…»?