Concattedrale di Feltre

La presenza di un edificio di culto paleocristiano è confermata dalle indagini archeologiche compiute nel sagrato che, sopra strutture di epoca romana, hanno messo in luce – sia pure con ipotesi di datazione contrastanti – i resti di un battistero a pianta circolare absidata con vasca battesimale ottagonale a immersione e di un ampio edificio legato presumibilmente al più antico episcopio.

Sulle fondazioni della prima cattedrale si è sviluppato nei secoli il complesso che ancora oggi ammiriamo, attraverso trasformazioni spesso radicali, di cui è possibile tuttavia recuperare le tracce.

Gli elementi più antichi attengono all’ambiente della cripta, costruita tra XI e XII secolo su preesistenze romane e ripristinata all’inizio del Novecento dopo lungo abbandono. Sono qui conservate testimonianze pittoriche e scultoree di epoche diverse, che segnano momenti successivi della vita dell’edificio.

La chiesa medievale possedeva un’unica navata illuminata da una lanterna centrale e sostenuta da contrafforti laterali, negli spazi tra i quali erano ricavate dieci cappelle simmetriche; l’abside quadrangolare era voltata a crociera e preceduta da un transetto; era ed è tuttora inclinata a sinistra rispetto all’asse longitudinale, secondo una tipologia formale che allude simbolicamente alla posizione del capo di Cristo morto sulla croce. Nel 1392 fu costruito il campanile, concluso da una struttura lignea che sarà rimossa nel 1690 per lasciare posto alla definitiva configurazione.

Dagli anni Settanta del XV secolo, essendo vescovo Angelo Fasolo, profonde trasformazioni intervennero soprattutto nella zona absidale, con il prolungamento del presbiterio realizzato in forma poligonale con sei finestre gotiche vetrate, tessitura muraria in conci di pietra calcarea bianca e volta a costoloni.

Per un solo decennio, tuttavia, i Feltrini poterono ammirare la loro rinnovata cattedrale: erano infatti da poco conclusi i lavori quando la città fu coinvolta nelle vicende della guerra cambraica. Invasa da un distaccamento dell’esercito di Massimiliano d’Asburgo, fu data alle fiamme nel 1510, con particolare accanimento nei confronti dei principali centri del potere politico e religioso. La cattedrale ne uscì pesantemente danneggiata e nel 1517, mentre il restauro avanzava a rilento, si aprì una disputa che divise la città per molti anni, tra chi chiedeva di continuare i lavori e chi invece proponeva una costruzione ex novo entro le mura, in luogo più protetto.

Prevalsero infine ragioni economiche e di buon senso e la chiesa madre rimase dove si era sempre trovata. Nel 1543, a coperture ormai concluse, crollò improvvisamente la parte superiore della facciata, imponendo ulteriori costi e ulteriori lavori e determinando la nomina di un nuovo proto della fabbrica del Duomo: la scelta cadde su Vittore Scienza, che diede subito un decisivo impulso al cantiere.

L’edificio cinquecentesco, descritto dalla visita del vescovo Jacopo Rovellio del 1585, risultava diviso in tre navate con soffitto ligneo, di cui la centrale pavimentata in pietra e le laterali in laterizio; vi erano cinque porte, sei finestre in facciata, nove nel coro, due sul lato destro e due su quello sinistro, sopra gli ingressi laterali.

Sotto Agostino Gradenigo, a partire dal 1610, furono realizzati il portale maggiore con timpano spezzato coronato dall’insegna vescovile, un nuovo e più dignitoso pavimento in lastre di pietra e la trasformazione della scala centrale verso l’abside nella gradinata continua tuttora esistente, per consentire l’accesso diret­to dalle navate alle due cappelle orientali. Al Gradenigo spetta anche la committenza di numerose opere d’arte e di arredo della cattedrale.

Nuovi interventi promosse Bartolomeo Gera, eletto vescovo nel 1664: al suo mandato risale la definitiva versione delle volte, realizzata tra 1666 e 1673 abbassando le altezze precedenti e di conseguenza modificando profondamente l’equilibrio degli spazi interni. Nel 1674 fu ristrutturata la facciata.

Con il vescovo Antonio Polcenigo, fu sopraelevata nel 1690 la torre campanaria e nel 1712 furono rifatte tutte le coperture; nel 1722 fu realizzato il nuovo altare maggiore con la pala della Madonna Assunta e S. Pietro di Antonio Lazzarini.

Nel frattempo la chiesa si andava arricchendo di dipinti, sculture, preziose suppellettili; nel 1767 fu collocato nel palco di cantoria della contro-facciata il prestigioso organo di Gaetano Callido e, dodici anni più tardi, giunsero dal soppresso convento di S. Maria del Prato i due altari in marmo di S. Antonio da Padova e S. Bonaventura.

L’occupazione francese del 1797, se non infierì particolarmente sulle strutture, fu responsabile tuttavia del furto di molti oggetti preziosi, in particolare oreficerie liturgiche.

Nel 1856 furono allestiti due altari disegnati dall’architetto neoclassico Giuseppe Segusini e, verso la fine del secolo, furono avviati consistenti lavori di restauro.

Dopo la prima guerra mondiale, la cattedrale feltrina fu coinvolta da una nuova stagione di interventi, il cui protagonista fu l’architetto Alberto Alpago Novello: a lui si devono la costruzione della canonica, il recupero della cripta e l’avvio di ricerche archeologiche nell’area, che portarono alla scoperta del primitivo battistero e di numerosi reperti di epoca romana.

La ripresa delle indagini negli anni Settanta, con il recupero di un ampio spaccato dell’antica Feltria, determinò la necessità di un’adeguata sistemazione dell’area archeologica.

 

Opere d’arte

La cattedrale feltrina non è uno di quegli edifici che colpiscono a prima vista per la loro bellezza, per l’armonia delle proporzioni o per la presenza di qualche straordinaria opera d’arte: ha un fascino discreto e poco appariscente, che si lascia scoprire un poco per volta e che richiede capacità di analisi e spirito di osservazione.

La chiesa, divisa in tre navate voltate, è pavimentata in lastre di pietra calcarea bianca e rosa ed è disseminata di lapidi che da sole potrebbero costituire un itinerario lungo una linea del tempo che va dal XV al XIX secolo. Ha cinque ingressi e dieci altari laterali.

L’abside, fortemente sopraelevata anche per la presenza della cripta sottostante, è affiancata da due profonde cappelle e la controfacciata è in gran parte occupata dall’imponente palco di cantoria con l’organo del Callido.

A destra dell’abside, ricavata nella base del campanile, si apre la cappella di S. Fedele, in origine dedicata a S. Michele arcangelo e in seguito al Sacro Cuore di Gesù. La pala d’altare rappresenta la Trinità, S. Rocco e S. Elena. Nella cappella è stata recentemente ricollocata la vorticosa tela della Caduta degli angeli ribelli dipinta da Agostino Ridolfi intorno al 1672.

La profonda abside, illuminata dalle finestre tardogotiche con vetri legati a piombo, accoglie alcune tra le opere più significative dell’edificio: sull’arco trionfale, un grande Crocifisso ligneo che va forse identificato nella “Crose de commision del Capitolo” eseguita dal maestro intagliatore Vittore Scienza nel 1516 e dipinta da Lorenzo Luzzo nel 1518; sullo sfondo, il monumentale altare maggiore del 1722 con la pala della Madonna Assunta e S. Pietro di Antonio Lazzarini; ai suoi piedi, la cattedra duecentesca di Adalgerio Villalta, affiancata dalla splendida statua lignea di S. Pietro del Terilli; la parete sinistra e la volta hanno affreschi del 1947 di Pietro Cortellazzi, raffiguranti Episodi della vita di S. Pietro e i Quattro evangelisti.

La cappella del Santissimo [a sinistra] era anticamente intitolata a S. Caterina; è decorata da grandi tele di Giambattista Volpato raffiguranti l’Adorazione dei pastori, l’Adorazione dei Magi, l’Annunciazione, il Padre eterno, l’Ultima cena.

La visita al Duomo si può completare con uno sguardo alla cripta e, solo se accompagnati da una guida, agli ambienti delle sacrestie. Alla prima si accede da due gradinate che scendono sotto l’abside; il nucleo più antico, fondato su preesistenze romane, è diviso in tre navatelle voltate a crociera e divise in sette campate, scandite da colonne con capitelli lapidei diversi l’uno dall’altro; fino ai primi decenni del Novecento era quasi completamente interrato e ospitava un numero imprecisato di sepolture; il settore orientale è invece frutto di un ampliamento quattrocentesco realizzato al tempo della costruzione dell’abside, al quale si accedeva dall’esterno.

Gli ambienti riservati alle sacrestie occupano infine il fabbricato a sud della cattedrale, raggiungibile dal passaggio che si apre tra quarto e quinto altare della navata destra. Avevano sede in questi ambienti numerose scuole e confraternite cittadine, oltre naturalmente alla Sala Capitolare, all’archivio, alla biblioteca e alle sacrestie vere e proprie. Sono qui ancora conservati arredi di pregio, preziosi mobili intagliati, ritratti di vescovi, antichi codici manoscritti e a stampa, paramenti e suppellettili liturgiche tra cui si osservano autentici capolavori, alcuni dei quali si possono oggi ammirare presso il Museo Diocesano di Arte Sacra.

 

Nei dintorni

Dietro l’abside gotica del Duomo, in una delle più felici scenografie del centro storico feltrino, si eleva l’antica chiesa di S. Lorenzo, successivamente dedicata alla Madonna del Rosario: nel 1399 fu dotata del fonte battesimale tuttora esistente, costituito da una grande vasca monolitica decorata sull’orlo.

Tiziana Conte

Tratto da: Tiziana Conte, Tesori d’arte nelle chiese del Bellunese. Feltre e territorio, Provincia di Belluno, Crocetta del Montello 2008, 14-23.