Ricorre il 5 dicembre il 1° anniversario della morte di mons. Pietro Brollo

La luminosità di un volto sorridente

Fu nostro vescovo dal 3 marzo 1996 al 6 gennaio 2001

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Il primo incontro con il vescovo Pietro Brollo risale al gennaio del 1996. Da pochi giorni era giunta la notizia della sua nomina a Vescovo di Belluno-Feltre e un gruppo di preti, a nome dell’intero presbiterio diocesano, si recò a Udine per salutarlo. Ci accolse in cima a uno scalone con quel sorriso che avremmo poi avuto modo di apprezzare in svariate occasioni: un misto di cordiale sincero stupore che sembrava dire, più delle parole: «sono contento che siate qui!». In seguito ci saremmo accorti che il sorriso era il suo costante, vero modo di presentarsi e di accoglierti. A distanza di anni, può capitare che le sue parole precise si siano sbiadite, ma la luminosità del suo volto sorridente rimane attaccata alla memoria, intatta. Ci salutò rapidamente stringendoci forte la mano con entrambe le sue. Bussò a una delle due porte che si affacciavano sul pianerottolo. Uscì l’arcivescovo Battisti, al quale ci presentò con un gesto semicircolare. Ci fece quindi strada verso la porta di fronte ed entrammo in un salottino disponendoci in semicerchio.

L’incontro non durò molto, ma fu sufficiente a far cogliere due linee ben radicate nella visione di monsignor Brollo. Innanzitutto egli confrontava il presente con i decenni precedenti. Fino a qualche anno fa – ci disse – si viveva nello stato d’animo di chi vedeva crollare un mondo ecclesiale plurisecolare e cercava di puntellarlo qua e là, ma senza risultati. Anzi, aumentando ansia e delusione. Oggi quel mondo organizzativo è a terra, non più proponibile. Dispiace, ma bisogna prenderne atto, senza rimpianti, per ripartire e costruire qualcosa di nuovo. L’esperienza del terremoto e della ricostruzione era diventata in monsignor Brollo anche una lezione di pastorale. E come per la ricostruzione del Friuli era stato importante riuscire a “fare squadra”, così era necessario che anche l’azione ecclesiale avvenisse in un contesto di “comunione e corresponsabilità” a ogni livello. Ricostruire e farlo insieme, due principi ispiratori del “programma Brollo” che in seguito si approfondirono e, attraverso una riflessione condivisa, crearono le premesse per maturare la decisione di celebrare un sinodo diocesano. Iniziativa poi sposata appieno dal mai dimenticato vescovo Savio e portata a compimento dal vescovo Andrich.

Tra i ricordi personali che conservo con particolare riconoscenza verso il vescovo Brollo, c’è il momento in cui egli annunciò ufficialmente il suo trasferimento alla diocesi di Udine. Riuniti in rappresentanza del presbiterio diocesano nel salone del vescovado di Belluno, tutti eravamo ormai a conoscenza della decisione arrivata da Roma. A mezzogiorno il Vescovo si presentò con un foglio in mano. Ci augurò buongiorno, ma il suo sorriso non era quello consueto. Finito di leggere il breve testo con il quale dava notizia della sua nuova destinazione, alzò gli occhi. Erano colmi di lacrime che gli rigavano il volto, ostinatamente sorridente. Non erano certo lacrime di gioia e allargò le braccia chiedendo scusa di presentarsi in quel modo inusuale. Verranno, disse, i giorni della gioia, ma intanto oggi è il giorno delle lacrime. Qualcuno, per allentare la tensione, tentò la battuta: «Congratulazioni, diventa arcivescovo, nella sua prestigiosa diocesi di origine». Rispose convintamente: «Io, qui, stavo bene e volentieri!». Una risposta che testimonia quanto per modestia il vescovo Brollo non ambisse la sede importante, la carriera.

E semmai qualcuno, anche oggi, provasse un senso di inferiorità per il fatto di appartenere a una diocesi piccola e marginale, come la nostra, può richiamare alla mente il vescovo Brollo: sorridente, mentre era a Belluno-Feltre, in lacrime alla vigilia di lasciarla, seppure per una più blasonata.

don Renzo Sperti


Nella foto (© Annamaria Castellan): mons. Pietro Brollo, il card. Giovanni Battista Re, mons. Luigi Del Favero