A cura di don Sandro De Gasperi (21ª domenica del tempo ordinario - anno C)

La porta stretta

In tutto l’universo, non esiste un granello di polvere, dove Dio non sia presente

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Per impedire il gemellaggio di Brescello con un paesino della campagna russa, don Camillo aveva imbracciato l’arma del digiuno a oltranza; dopo la visita di Peppone, che lo aveva fatto ovviamente arrabbiare, il simpatico parroco della Bassa si era rivolto al Cristo, che gli aveva ricordato bonariamente – tra le altre cose – che «in tutto l’universo, non esiste un granello di polvere, dove Dio non sia presente». La scena è tratta dal film Il compagno don Camillo, ispirato dal sapido racconto di Giovannino Guareschi ed è familiare a molti.

Un messaggio simile è quello annunciato dal brano evangelico di questa domenica: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio». Isaia, al popolo che ritorna dall’esilio a Babilonia, annuncia persino che sacerdoti e leviti saranno scelti dalle genti che si riversavano a Gerusalemme da lontano.

La domanda che apre l’episodio evangelico che abbiamo ascoltato infiammava le scuole di teologia del tempo di Gesù, aizzate forse più da motivi di rivalsa politica che non da autentico zelo spirituale: ma è una domanda che conserva la sua attualità, che ci è difficile scartare, che, in qualche modo, ci infastidisce. «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»: Gesù non risponde in maniera definitiva, dividendo l’umanità in categorie, non fuga tutte le domande, non dà una quantità precisa. Nella salvezza – anche nella nostra – c’è sempre in gioco la nostra, personalissima, libertà: siamo noi a dover scegliere di entrare, di varcare la porta, di far diventare vita il Vangelo che ci viene annunciato.

L’insegnamento di Gesù non è rivolto solo al tale che ha posto la domanda, non è una questione da specialisti, ma coinvolge tutti i presenti: ognuno di loro, ognuno di noi, è chiamato a riflettere sull’incidenza della Parola di Dio sulla propria vita, sull’accoglienza che il Signore riceve nel proprio cuore. Apparentemente, non è una decisione che ammetta eccessive sfumature: la porta stretta richiede un impegno totalizzante per essere attraversata. La porta stretta è la fatica di modellare i propri criteri di giudizio ed il proprio sguardo sul Vangelo, è l’attesa paziente e quotidiana del Regno che viene, è la capacità di stupirsi della bontà che fiorisce e cresce. La porta stretta è la conversione: non è sufficiente stare alla presenza di Dio, per essere riconosciuti amici, per essere ammessi alla mensa. La lettera agli Ebrei non nasconde che la correzione – che non è, maldestramente, la punizione di Dio, ma la sofferenza che la nostra durezza di cuore deve sopportare per poter aderire piano piano al Vangelo – ci fa soffrire. Se siamo costretti a lasciare tanti pesi ingombranti per attraversare la porta stretta, se la decisione di seguire Gesù – che, non dimentichiamolo, sta salendo a Gerusalemme, verso la croce e la Passione – di primo acchito scoraggia, non dobbiamo però mai dimenticare che la porta è aperta.

Sembra una banalità, ma non è scontato, tant’è che a un certo punto, la porta viene chiusa: è oggi, è qui, il tempo favorevole per la nostra conversione! È adesso il momento di chiedere un cuore disponibile e puro, un cuore capace di lode, un cuore che accoglie in profondità la vita che Dio continua a dispensare. «In tutto l’universo, non esiste un granello di polvere, dove Dio non sia presente»: ma quante volte facciamo fatica a scorgere la presenza di Dio nella nostra quotidianità?

Può essere questa la nostra preghiera, il nostro sforzo, il nostro passo per entrare nella porta stretta. Dio in tutte le storie, in tutte le situazioni, in tutti i momenti: non ci interessa sapere quanti e come, se sappiamo che è Lui che salva.