16.ma domenica del tempo ordinario - Anno A

La tentazione della rigidezza

a cura di un parroco di montagna

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Anche in questa domenica il vangelo di Matteo parla della strana agricoltura di Dio e del giardinaggio spirituale da fare nel proprio interno. Domenica scorsa l’attenzione era concentrata sul proprio orto e sulla cura che ognuno deve verso la propria vita spirituale; oggi la parabola del grano e della zizzania porta la nostra attenzione sul campo del mondo.

Si tratta di un campo vasto in cui ci sono i buoni e i cattivi che convivono e crescono insieme. Che cosa ne pensa il padrone del campo? La parabola dice quale strategia Dio adotti e quale politica voglia esercitare per portare avanti il suo Regno.

Nel mondo ci sono i buoni e i cattivi, ma gli uomini non sono in grado di sapere chi sono i buoni e chi sono i cattivi. La presenza della zizzania non è una sorpresa e non è neanche segno di fallimento.

La Chiesa non è la comunità degli eletti né dei perfetti. Non è la comunità dei salvati, ma il luogo dove ci si può salvare. La Chiesa non chiude la porta a nessuno… però esistono “servi impazienti” che vorrebbero anticipare il giudizio di Dio. Invece il giudizio di Dio non dev’essere anticipato. Tanto meno è riservato agli uomini. Gli uomini non sanno giudicare e non hanno il metro di Dio. Si sa che la mietitura ci sarà: è il giudizio con la separazione del grano dalla zizzania.

Si aspettava il giudizio con la venuta del Messia. Lo si aspetterà per la fine dei tempi. Ma per ora vale quel No! del padrone del campo ai servi impazienti: No! Ora la zizzania non sia strappata! C’è meraviglia e forse anche scandalo nei collaboratori di Dio, perché Dio ha pazienza e adotta una politica diversa nel campo del mondo.

La tentazione della rigidezza è antica come il cristianesimo. Si chiedevano: se uno dopo il battesimo pecca di nuovo, dev’essere radiato? Già san Paolo scriveva ai Corinti: «Non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore il quale metterà in luce ciò che le tenebre nascondono e manifesterà i pensieri del cuore».

Al tempo di Gesù, i farisei si dichiaravano “separati” dalla massa dei peccatori. Non parliamo poi della setta di Qumram che rifiutava tutti coloro che non erano puri. Lo stesso Giovanni Battista annunciava un Messia che avrebbe vagliato il grano e bruciato la paglia, oltre che la zizzania.

Gesù viene e sembra faccia il contrario: non si separa dai peccatori, ma va con loro. Nella cerchia dei Dodici ha un traditore addirittura. Se ne deduce che il Regno di Dio adotta una politica strana di tolleranza. Il messaggio è: il Regno è arrivato, anche se non sembra, anche se Israele non ha creduto, anche se i peccatori ci sono ancora.

Già i salmi e i profeti si lamentavano della tolleranza di Dio e della sua pazienza: Fino a quando, Signore? Ma il vangelo dice che Dio guarda il suo campo. Non è distratto. Vede il grano crescere: il Regno è vivo, è dinamico. Il male è già vinto alla radice, non ancora nelle sue conseguenze.

Della forza del Regno di Dio parla il piccolo seme che contrasta con la grandezza dell’albero. Tale forza del Regno è nascosta nell’oggi, a volte deludente e scoraggiante. La vittoria è nascosta nella storia di Gesù e nelle occasioni normali, umili, quotidiane di tutti.

Il Regno è qui. In questa realtà la forza insospettata del lievito lavora di notte. Non serve osservarne i progressi momento per momento. Se si ha la pazienza di attendere fino al mattino, ci si accorge del risultato.