A cura di don Giorgio Aresi (Solennità di Pentecoste - anno C)

L’amore che Dio mette nella nostra vita

Quando il cuore parla la stessa lingua, possiamo anche essere differenti, ma ci capiamo

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È strano a volte, sei vicino a una persona e non parli e poi distanti, magari dietro lo schermo di difesa di uno smartphone o di un computer, si hanno tante cose da dire. È vero che si può essere vicini, fisicamente, ma distanti con il cuore.

L’esperienza nella vita di ogni giorno lo insegna: ci si conosce, addirittura ci si ama, ma capirsi è qualcosa di diverso, a volte appare lontano. Allora capisci che la misura di un legame tra due persone, è la stessa cosa della “misura” della fede: non è mai qualcosa che si riduce a qualcosa di “fisico” (ti voglio bene quanto più sto con te, credo in Dio quanto più sto in chiesa tutto il giorno). Si può vivere insieme ma non amarsi, e si può stare in chiesa ore ma non riuscire a credere in Dio.

Ma allora che cos’è l’amore, così come potremmo chiederci che cos’è la fede. Strade che si incontrano ma che non fanno diventare uguali.

Per questo la vita è e rimane un mistero; l’amore, il bene che hai per qualcuno è e rimane un mistero che non si potrà mai capire fino in fondo; e così la fede è e rimane un mistero che non si potrà mai spiegare a parole fino in fondo.

Ma allora mi chiedo: che cosa è importante?

C’è una luce che ci aiuta a capire, proprio in questa Domenica, ed è quello che la Pentecoste dona: lo Spirito Santo. Perché capire lo Spirito Santo – capire per quanto ci è dato di poterlo fare –, significa entrare nel mistero della vita e dell’amore e della fede.

La Parola di questa Domenica, della Festa di Pentecoste, aiuta a mettere a fuoco alcune cose.

Che cosa fa lo Spirito Santo? Facciamoci la stessa domanda in modo diverso: l’amore che cosa fa quando viene da Dio? Prendiamo la Prima Lettura, il racconto degli Atti della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, dopo la risurrezione di Gesù.

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo […] Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro (At 2,1.3)

Lingue di fuoco si dividono (questo è un segno fisico che esprime la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e Maria riuniti nel cenacolo) e succede che parlano lingue diverse, ma il fatto è che si capiscono: c’è qualcosa che li rende uniti.

Il modo che hanno di ricevere lo Spirito Santo fa capire che c’è un dono per ciascuno e che ognuno è una presenza diversa dall’altro, ma tutti sono unici.

Lo Spirito Santo, che è l’amore che Dio mette nella nostra vita, è la forza dell’amore che non rende tutti uguali, ma che ti dà la forza di andare oltre le differenze, le divisioni e le incomprensioni nell’esperienza che ogni giorno facciamo dell’amore e della fede.

Possiamo avere diversi modi di pensare e di vedere le cose, ma la forza dell’amore di Dio che lo Spirito Santo mi dà mi rende capace di poter dire a chi amo, a chi voglio bene, che in te riconosco una persona amata da Dio per quello che sei e questo dà la forza anche a me di amarti per quello che sei.

Perché se c’è una cosa che supera le nostre incomprensioni, le nostre differenze è proprio l’amore che Dio non smette di mettere nella nostra vita attraverso il dono proprio dello Spirito Santo. Allora amare e credere vuol dire camminare insieme per essere e sentirsi un’unica Chiesa

E questa è una certezza che posso avere nella mia vita: Dio non vuole tutti uguali, ma dona qualcosa ad ognuno, e non c’è uno che è diverso dall’altro. Negli Atti degli Apostoli non c’è un Apostolo che si lamenta ed è geloso che il suo vicino ha preso più Spirito Santo e più amore di Dio di lui.

Perché a volte si rompe un’amicizia, un amore, perché nella chiesa a volte anche tra preti le cose non vanno? Cos’è che si rompe? È proprio il rischio di essere invidiosi, gelosi, quello che ti fa dire: tu hai qualcosa che io non ho. Nella fede può capitare di arrivare a dire: Dio ti ama di più perché vedi che io ho più problemi di te.

Allora qui quello che succede agli Apostoli mi fa capire qual è lo sguardo vero che si piò avere.

[…] tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. […] li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio (At 2,4.11).

Parlano lingue diverse ma si capiscono. Ma perché? Perché, pur essendo ognuno diverso dall’altro, il loro cuore (abitato dallo Spirito Santo, quindi da Dio) parla lo stesso linguaggio; ed è questo che fa nascere tra di loro la comunione, il camminare insieme.

Quando il cuore parla la stessa lingua, possiamo anche essere differenti, ma ci capiamo. E non succede così anche nell’esperienza di un’amicizia, di un amore, di un legame?

Allora alla fine cosa capisco? Una vera fede in Dio, come una vera amicizia, un vero amore, un vero legame, la vivo quando non pretendo di eliminare le differenze tra me e quella persona, quando non pretendo di avere sempre lo stesso “pensiero su Dio o sulla Chiesa”, ma quando mi sento unito a quella persona, o a Dio e nella Chiesa, pur nelle differenze che ci separano.

E allora potrei chiedermi: anche quando credere diventa difficile, quando volere bene a qualcuno diventa difficile, in una parrocchia anche nelle differenze che ci sono, quando in una Comunità si viene da realtà diverse; ma che cosa ci guadagniamo?

Anche quando volere bene costa fatica, quando credere è difficile, quando sentiamo nella nostra vita più il peso delle cose che di dividono, se una fede in Dio è vera ci guadagno la Pace che è il dono che Dio fa nella mia vita, proprio attraverso lo Spirito Santo. È la pace che posso sentire nella mia vita è qualcosa che prima di tutto sento che tocca e abita il mio cuore.

Se il mio cuore non è in pace, non potrò mai dire a qualcuno “ti voglio bene”, sentendo che è vero. Se il mio cuore non è in pace, non sarò mai capace di vedere che Dio è capace di far incontrare le persone, di unire le persone invece che dividerle, come invece a volte siamo tanto capaci di fare.

E se poi ci lamentiamo che non siamo capaci di volerci bene, non diamo sempre la colpa a Dio, perché sarebbe troppo facile.  Perché è sempre più facile quando non riesci ad amare, come a credere, a dare la colpa all’altro o a Dio, invece che guardare prima di tutto dentro il tuo cuore.

E allora il dono dello spirito Santo che cosa si fa? Ci porta solo la verità, di noi stessi, della nostra vita, delle nostre relazioni, dei nostri affetti più veri e del nostro rapporto con Dio, perché l’amore, cioè lo Spirito Santo, mostra sempre la verità e non sbaglia mai.

Chi sbaglia, se mai, siamo noi.


Con questa omelia don Giorgio Aresi si congeda dall’appuntamento su questa pagina e passa il testimone a don Sandro De Gasperi, il più giovane prete della nostra diocesi, vicario parrocchiale nelle tre comunità del centro di Feltre. A don Giorgio giunga un sincero apprezzamento e tanta gratitudine per l’impegno che fin dall’inizio della Quaresima ha profuso nel fornirci ogni settimana la sua riflessione.