3a domenica di Avvento - anno B

L’amore non pretende, la Verità non siamo noi

a cura di don Giorgio Aresi

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In stracarichi tranvai
Accalcandoci insieme,
Dimenandoci insieme,
Insieme barcolliamo.
Uguali ci rende una uguale stanchezza.
[…] Per incerte strade, tra vortici bianchi
Camminiamo, uomini accanto a uomini […]
Urtandoci coi gomiti,
Diciamo scusa o non diciamo niente. […]
Avare, sorde parole ci scambiamo. […]
Ognuno per conto suo, […]
Secondo un proprio itinerario
Senza conoscerci l’un l’altro
Noi, sfiorandoci l’un l’altro,
Andiamo…

Evgenij Aleksandrovic Evtusenko, In stracarichi tranvai

 

Non serve andare troppo lontano, per capire queste parole, e chiederci se non è in fondo – almeno fino a prima che questa pandemia venisse a convivere con i nostri giorni – ciò che il più delle volte siamo e viviamo.

Potremmo lasciare che il nostro pensiero in questo momento vada a chi abbiamo accanto, dagli affetti più famigliari e intimi, alle amicizie più vere, o anche a con chi siamo chiamati a condividere il nostro tempo per il lavoro che facciamo.

E una domanda può attraversarci: ma ci conosciamo veramente, o in realtà, anche con chi più portiamo nel cuore, ci passiamo accanto?

Dove siamo capaci di arrivare nelle nostre giornate con le nostre parole e nei nostri gesti? Ci fermiamo forse solamente al gioco delle apparenze, a parlare di tutto e di niente, oppure siamo capaci di dirci parole vere, di vivere rapporti e relazioni che sappiano metterti di fronte a chi hai accanto e che toccano le corde più vere dei nostri cuori?

Provocano a pensare le parole del Card. Scola: «Quando un uomo è giusto? Ce lo siamo ricordato altre volte: quando tende a vivere con autenticità tutte le relazioni costitutive (con Dio, con gli altri e con se stesso.)» (Omelia III Domenica di Avvento, Duomo di Milano, 30 novembre 2014).

Cosa vuol dire, dunque, vivere questa mia vita e come viverla?

La Parola di questa III Domenica di Avvento ci apre una strada. La Prima Lettura, il profeta Isaia. «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione» (Is. 61,1).

Dio è qui e ora, su di me – proclama Isaia-, qui dove sono. Anche io, come Isaia, sono chiamato, lì dove Dio mi ha messo, dove sono ora, con chi Lui, il Signore, mi ha fatto incontrare e ha messo sul mio cammino. Sono chiamato, ma a fare cosa? A vivere come?

Appena dopo leggiamo: «mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri… (Is. 61,1)

Sono chiamato, nella mia vita, nel mettermi in gioco dell’intreccio delle mie quotidiane relazioni, ad essere e fare ciò che Dio fa nella mia vita.

  • a portare il lieto annuncio: abbiamo bisogno non di tante, troppe parole, ma di una parola vera, che tocchi il cuore, e che arriva magari in una giornata piena di tante altre inutili parole; di quella parola che arriva dopo un lungo silenzio proprio di chi ti sta a cuore.
  • a fasciare le piaghe dei cuori spezzati: io porto la mia persona, quello che sono, ed il bene che in qualche modo riesco a dare è il segno più umano del desiderio che ho di dire a chi ho accanto “ho cura del tuo cuore e delle tue ferite”.
  • a proclamare la libertà degli schiavi: essere capace e avere la forza di liberarmi e di liberarci dalle nostre schiavitù, perché sappiamo tutti quanto “giocare” prigionieri di ciò che ci fa del male dà solo l’illusione di stare bene.

Allora Isaia ti fa capire chi sei, il senso delle tue relazioni, il senso di Dio nella tua vita. Comprendi che sei, in ogni frammento di esistenza, amato e chiamato da Dio ad essere dono anche per chi vive accanto a te.

Ma come tutto questo può accadere realmente?

Qui arriva il Vangelo. «Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”» (Gv. 1,19-23).

Essere, in fondo, come Giovanni il Battista. «Io non sono il Cristo» (v.20). Vivere e non avere nessuna presunzione di essere la verità, soprattutto nei confronti di chi incontriamo ogni giorno. Io non devo pretendere nulla da te (persona che amo, amico, collega di lavoro); io cammino con te nella strada della vita, in cerca della Verità, in cerca di un senso, in cerca di ciò che davvero può riempire la nostra vita. Ed è così che la strada della vita porta a Dio.

E ci arrivano, in tutta la loro intensità le parole del Papa – ora emerito – Benedetto XVI:

«Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. […] Dio ci è diventato così vicino che Egli stesso è un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo! Egli è così vicino che è uno di noi. Conosce l’essere umano, il «sapore» dell’essere umano, lo conosce dal di dentro, lo ha provato con le sue gioie e le sue sofferenze. Come uomo, mi è vicino, vicino «a portata di voce» – così vicino che mi ascolta e che posso sapere: Lui mi sente e mi esaudisce, anche se forse non come io me lo immagino. […] Chiediamo al Signore perdono per la nostra indifferenza, per la nostra miseria che ci fa pensare solo a noi stessi, per il nostro egoismo che non cerca la verità, ma che segue la propria abitudine, e che forse spesso fa sembrare il Cristianesimo solo come un sistema di abitudini. Chiediamogli che Egli entri, con potenza, nelle nostre anime, che si faccia presente in noi e attraverso di noi – e che così la gioia nasca anche in noi: Dio è qui, e mi ama, è la nostra salvezza!» (Benedetto XVI, Omelia, Santa Messa a conclusione dell’incontro con il “Ratzinger schülerkreis”, 2 Settembre 2012).