A cura di don Sandro De Gasperi (17ª domenica del tempo ordinario - anno C)

L’arte della preghiera

...è entrare nella relazione che intercorre tra Gesù e il Padre

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Forse è capitato anche a voi, in un incubo notturno, di precipitare o di dover avvisare qualcuno di un pericolo imminente: la sensazione spiacevole che si prova non è data tanto dalla caduta o dalla minaccia incombente, quanto piuttosto dal non riuscire a emettere suono, a comunicare il proprio disagio.

L’essere umano è fatto per comunicare: lo facciamo informalmente, nella vita di tutti i giorni, ma sappiamo che ci sono persone che hanno la capacità di comunicare così bene la loro interiorità con la pittura, la musica, l’arte delle parole da far vibrare qualche corda anche dentro di noi e da permetterci di comprendere meglio la vita che è in noi.

La forma di dialogo più alta – se non altro per il suo destinatario – è sicuramente la preghiera: in tutte le culture, in tutti i luoghi della terra, con forme molto diverse, l’uomo alza la sua voce al cielo e si mette di fronte al mistero di Dio, per chiedere aiuto e protezione o per ringraziare, per affidare un caro defunto o per celebrare la bellezza della vita. Anche «Gesù pregava e la sua preghiera doveva essere di una qualità, anche esteriormente e visibilmente, molto intensa» (C. M. Martini): i discepoli, in un momento di pausa, affascinati, chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare.

Gli amici di Gesù si accorgono che, in fondo in fondo, se si vuole intuire qualcosa di quel Dio che il Maestro è venuto a raccontare, non bastano le parabole o i discorsi: bisogna entrare nella relazione che intercorre tra Gesù e il Padre. La preghiera del Figlio si nutre delle sfide che ognuno di noi incontra ogni giorno, delle preoccupazioni che ci affliggono, del grido che ci invade quando subiamo il male o quando assistiamo impotenti all’apparente trionfo delle tenebre. La preghiera non risparmia a Gesù le ore più difficili e dure della sua vita, non risolve come per magia il dolore del tradimento, dell’abbandono e della croce: il dialogo con Dio, però, plasma il cuore e lo rende capace di attraversare le grandi ore della vita, quando le domande, le inquietudini, i sentimenti e i pensieri fanno più rumore e sembrano sopraffare la voce del Padre. Chiedere il pane necessario al cammino di ogni giorno, così come facciamo quando chiediamo «il nostro pane quotidiano»; invocare la forza di un perdono di cui ci si riconosce – con umiltà – incapaci e, allo stesso tempo, bisognosi, come preghiamo dicendo «rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori»; sollecitare la presenza di Dio lì dove fatichiamo a vederla e ringraziare per il Suo agire provvidente, come facciamo chiedendo «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno», è presentare a Dio la nostra vita, con i suoi alti e bassi, portare davanti a Lui le nostre croci e condividere con Lui le nostre gioie e le nostre speranze.

La preghiera – e soprattutto la preghiera comune, dei discepoli che si riuniscono e portano insieme la propria vita davanti al Padre – è la linfa della vita cristiana, il segreto per approfondire l’identità di Dio, che è sempre nuova, sempre da scoprire. Abbiamo bisogno in ogni età della vita di comunicare, di esprimere quello che abbiamo dentro; abbiamo sempre bisogno di reimparare l’arte della preghiera, sia come singoli sia come comunità cristiane, per lasciarci fecondare dal fiume di preghiera che, da Cristo stesso, percorre i secoli, fino a noi: per questo, certi di essere esauditi, desiderosi davvero di metterci alla scuola di Gesù, chiediamo: «Signore, insegnaci a pregare!».