Giovani, fede e discernimento vocazionale

L’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi

Un commento per orientare la lettura

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Corposo il testo dell’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi su Giovani, fede e discernimento vocazionale, in calendario per l’ottobre prossimo a Roma. “Instrumentum laboris” significa “strumento di lavoro” ed è il testo, preparato dalla Segreteria del Sinodo, su cui saranno impostate le discussioni. Proviamo a riassumerlo innanzitutto con i numeri: tre parti, cinque fonti, sei sfide antropologiche e culturali, dieci passaggi.

Tre parti

La prima parte si intitola «Riconoscere la Chiesa in ascolto della realtà»; la seconda, «Interpretare: fede e discernimento vocazionale»; la terza parte: «Scegliere: cammini di conversione pastorale e missionaria». Si tratta di discernere. I titoli sono composti di tre verbi che richiamano molto da vicino la terna «vedere, giudicare, agire»: come si vede, non ha perso la sua attualità.

Cinque fonti

L’Instrumentum laboris si potrebbe paragonare a un fiume composto da cinque sorgenti. Di questa, una è però predominante ed è la voce dei giovani, senza intermediazione; è quella che ha maggior portata, per restare nell’immagine.

Come si è arrivati all’obiettivo di ascoltare i giovani senza mediazioni? Innanzitutto, in ordine di tempo, dal 14 giugno al 31 dicembre 2017 è stato attivo in rete il questionario online: rivolto direttamente ai giovani; è la prima fonte, con un questionario confezionato in modo tale da far conoscere le situazioni concrete di vita ed esprimere le loro opinioni su temi importanti a proposito della Chiesa e della società. Nel settembre 2017, a Roma, c’è stato il seminario internazionale sulla condizione giovanile: per questo primo appuntamento, i numeri erano in verità ridotti con una cinquantina di esperti e una ventina di giovani provenienti dai cinque continenti.

Dal 19 al 24 marzo di quest’anno, si è tenuta la riunione presinodale, alla quale hanno partecipato 300 giovani fisicamente presenti a Roma e 15mila collegati, attraverso la creazione di pagine Facebook, in sei lingue. Il testo finale è stato consegnato al Papa la scorsa domenica delle Palme.

La Segreteria generale del Sinodo ha preso in considerazione anche i contributi individuali, che sono arrivati dai cinque continenti.

L’ultima fonte è quella più consuetudinaria: sono state consultate le Conferenze episcopali, i dicasteri della Curia romana, l’Unione dei superiori generali, i sinodi delle Chiese orientali cattoliche.

Sei sfide antropologiche e culturali

Sono contenute nel quarto capitolo della prima parte: si tratta della nuova comprensione del corpo, dell’affettività e della sessualità; l’avvento di nuovi paradigmi conoscitivi che veicolano un diverso approccio alla verità; gli affetti antropologici del mondo digitale; la generalizzata delusione istituzionale, tanto in ambito civile che ecclesiale; la paralisi decisionale che imprigiona le giovani generazioni in percorsi limitati; la nostalgia e la ricerca spirituale dei giovani che appaiono meno religiosi, ma più aperti ad autentiche esperienze di trascendenza.

A proposito del primo, la nuova comprensione del corpo, dell’affettività e della sessualità, nell’Instrumentum laboris si auspica una discussione più ampia e una proposta di mantenere gli insegnamenti della Chiesa, nonostante la loro impopolarità: «Gli studi sociologici mostrano che molti giovani cattolici non seguono le indicazioni della morale sessuale della Chiesa. Nessuna Conferenza episcopale offre soluzioni o ricette, ma molte sono del parere che «la questione della sessualità deve essere discussa più apertamente e senza pregiudizi». La Riunione preparatoria evidenzia che gli insegnamenti della Chiesa su questioni controverse, quali «contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio» (Riunione preparatoria, 5) sono fonte di dibattito tra i giovani, tanto all’interno della Chiesa quanto nella società. Ci sono giovani cattolici che trovano negli insegnamenti della Chiesa una fonte di gioia e che desiderano che essa «non solo continui ad attenervisi nonostante la loro impopolarità, ma che li proclami insegnandoli con maggiore profondità» (RP 5). Quelli che invece non li condividono, esprimono comunque il desiderio di continuare a far parte della Chiesa e domandano una maggiore chiarezza a riguardo. Di conseguenza, la Riunione preparatoria chiede ai responsabili ecclesiali di «affrontare in maniera concreta argomenti controversi come l’omosessualità e le tematiche del gender, su cui i giovani già discutono con libertà e senza tabù» (RP 11).

Per quanto riguarda l’avvento di nuovi paradigmi conoscitivi che veicolano un diverso approccio alla verità, non solo i giovani sono alle prese con il fenomeno delle fake news e soprattutto con un dibattito pubblico in cui la verità e la forza dell’argomentazione hanno perso la capacità di persuadere. Si preferisce oggi parlare di postverità. Una Conferenza episcopale ha notato come «nei social network e nei media digitali non esiste una gerarchia delle verità». L’instrumentum laboris ripete come «l’essere umano scopre la verità nel momento in cui la sperimenta da parte di Dio, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia». Se la verità argomentata e dimostrata manca di appeal, la verità testimoniata e praticata non perde il suo magnetismo positivo: «Le storie delle persone che fanno parte della Chiesa sono vie efficaci di evangelizzazione, in quanto sulle esperienze personali non si può discutere».

Gli affetti antropologici del mondo digitale sono riassunti così dal documento: «Un approccio alla realtà che privilegia l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura sta modificando il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico». Le modalità di trasmissione della fede debbono interrogarsi: sono basate sull’ascolto della Parola di Dio e sulla lettura della sacra Scrittura. Piuttosto negativo il giudizio che i giovani della Riunione preparatoria danno al nuovo contesto culturale: «Spesso i giovani tendono a separare i loro comportamenti on-line da quelli off-line. È necessario offrire formazione ai giovani su come vivere la propria vita digitale. Le relazioni on-line possono diventare disumane. Gli spazi digitali ci rendono ciechi alla fragilità dell’altro e ci impediscono l’introspezione». Una tesi che si accorda con uno dei nove principi ermeneutici dell’enciclica «Laudato si’»: la critica alle nuove forme di potere che derivano dalla tecnologia.

A proposito della delusione istituzionale, le risposte al questionario on line evidenziano come solo una minoranza di giovani ritenga di aver possibilità di incidere sulla vita pubblica del proprio Paese. «La mancanza di una leadership affidabile è molto sentita dai giovani».

«La paralisi decisionale» non è una metafora: è talmente vasta la gamma delle proposte che il desiderio ne esce vilipeso, se non ucciso. «In un mondo dove le opportunità e le proposte aumentano esponenzialmente diviene spontaneo reagire con scelte sempre reversibili, anche se questo comporta una continua mortificazione del desiderio. Il processo del discernimento vocazionale, lungo l’asse segnato dalle tappe «riconoscere, interpretare, scegliere» si arena spesso proprio nel momento della scelta e della sua attuazione». Il problema non riguarda però solo le vocazioni, al sacerdozio, alla vita consacrata, al matrimonio: «l’insicurezza delle condizioni lavorative e il precariato sociale bloccano ogni progettualità di lungo-medio termine»; le Conferenze episcopali d’Occidente notano come «è assai difficile per i giovani concretizzare un progetto matrimoniale senza mettere a rischio l’autosufficienza economica».

Infine, la ricerca spirituale dei giovani: «Molti giovani dichiarano di essere in cerca del senso della vita, di seguire ideali, di cercare una spiritualità e una propria fede personale, ma solo raramente si rivolgono alla Chiesa», segnala una Conferenza episcopale.

Dieci passaggi

Sono contenuti nel terzo capitolo della terza parte e riguardano la forma e la forza della comunità ecclesiale oggi, in relazione alla sua identità e missione per i giovani.

Il primo passaggio è «un’idea evangelica di comunità cristiana»: il faticoso senso di appartenenza dei giovani alla parrocchia chiede alla Chiesa «di assumere la sua naturale forma poliedrica». «La comunità cristiana – si legge – vive così di diversi livelli di appartenenza, riconosce con gratitudine i piccoli passi di ognuno e cerca di valorizzare il seme della grazia presente in ciascuno, offrendo a tutti rispetto, amicizia e accompagnamento».

Il secondo passaggio è «un’esperienza familiare di Chiesa»: «nel bel mezzo della vita rumorosa e caotica molti giovani chiedono alla Chiesa di essere una casa spirituale», nota una Conferenza episcopale.

Il terzo passaggio è «la cura pastorale per le giovani generazioni»: il nesso tra evangelizzazione ed educazione non deve essere descritto, tanto è evidente nella vita della Chiesa, come provano molti istituti religiosi maschili e femminili. Una menzione speciale la merita l’esperienza dell’Oratorio: «Dove c’è l’oratorio le giovani generazioni non sono dimenticate e assumono un ruolo centrale e attivo nella comunità cristiana».

Il quarto passaggio consiste nel considerare «la famiglia soggetto privilegiato dell’educazione», il documento nota come «investire energie per formare buone famiglie non significa sottrarre forze alla cura dei giovani». Durante la riunione presinodale, i giovani hanno affermato che tra i luoghi che aiutano lo sviluppo della propria personalità spicca la famiglia.

Il quinto passaggio, «in ascolto e in dialogo con il Signore», tema che si riferisce a «Gaudete et exsultate»; si nota come l’ascolto e il dialogo con Dio nasca da buone pratiche e il documento li elenca, dopo averle desunte da elenchi inviati dalle Conferenze episcopali: giornate di ritiro, esercizi spirituali, momenti di stacco dalla routine quotidiana, pellegrinaggi nazionali e diocesani, esperienze condivise di preghiera.

Il sesto passaggio, «alla scuola della Parola di Dio», vede il documento sbilanciarsi per prendere una posizione decisa a favore della pastorale biblica: «Le esperienze pastorali di maggior efficacia evangelizzatrice ed educativa presentate da molte Conferenze episcopali mettono al centro il confronto con la forza della Parola di Dio in ordine al discernimento vocazionale». Anche a questo punto segue un elenco di buone pratiche: Lectio divina, scuole della Parola, catechesi bibliche, approfondimento della vita di giovani presenti nella Bibbia, uso degli strumenti digitali che facilitano l’accesso alla Parola di Dio… «In territori dove sono presenti altre Chiese o comunità cristiane, varie Conferenze episcopali fanno notare il valore ecumenico della Bibbia, che può creare convergenze significative e progetti pastorali condivisi».

Il settimo passaggio, «il gusto e la bellezza della liturgia», è provocatore in maniera sana: «i cristiani professano un Dio vivente, ma nonostante questo, troviamo celebrazioni e comunità che appaiono morte». A parlare alla sensibilità giovanile non sono tanto i concetti quanto le esperienze, non le nozioni quanto le relazioni; pertanto «le celebrazioni eucaristiche e altri momenti celebrativi – spesso considerati punti d’arrivo – possono diventare luogo e occasione per un rinnovato primo annuncio ai giovani». Per quanto riguarda il gusto dello spirito della liturgia, non è esclusiva la pastorale dei ministranti.

L’ottavo passaggio: «nutrire la fede nella catechesi». La catechesi non gode di buona fama tra i giovani, perché ricorda loro un percorso obbligato e non scelto negli anni della fanciullezza. Opportuno sembra seguire la via della bellezza, valorizzando l’immenso patrimonio artistico e architettonico della Chiesa; su questo paragrafo, si invita a «riflettere sul rapporto tra scuola e comunità cristiana in termini di alleanza educativa».

Il nono passaggio consiste nell’«accompagnare i giovani verso il dono gratuito di sé». Tante sono, nel questionario on line, le testimonianze di giovani che hanno riscoperto la vita di fede grazie a esperienze di servizio e a contatto con la «Chiesa che serve». Non manca un cenno che sembra tagliato dall’esperienza di Belluno-Feltre: «Il «volontariato missionario», è un dono particolare che la Chiesa può offrire a tutti i giovani: la preparazione, l’accompagnamento e la ripresa in ottica vocazionale di un’esperienza missionaria è un campo privilegiato per il discernimento vocazionale dei giovani».

L’ultimo passaggio è descritto come una «comunità aperta e accogliente verso tutti»; in alcuni Paesi il dialogo ecumenico e interreligioso assume l’aspetto di una vera priorità per i giovani. «Sapendo che la fede autentica non può generare un atteggiamento di presunzione verso gli altri, i discepoli del Signore sono chiamati a valorizzare tutti i germi di bene presenti in ogni persona e in ogni situazione».

Giuseppe Bratti

Nelle foto:
– il vescovo Renato con gli animatori del Grest a Lozzo di Cadore
– Elisa Zancanaro e Sarah Reali con i giovani in Etiopia