Venerdì 22 luglio 2022

Luciani appassionato comunicatore

Secondo appuntamento della “Festa della comunicazione in montagna” a Canale d’Agordo

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Secondo appuntamento della “Festa della comunicazione in montagna” in diocesi di Belluno-Feltre, organizzata da “Avvenire” in collaborazione con il settimanale “L’Amico del Popolo”. Dopo la tappa di Cortina d’Ampezzo, si passa a Canale d’Agordo. Una dovuta devozione nel paese natale di Papa Luciani, che presto sarà beato. Vi erano invitati i collaboratori e i propagandisti del settimanale.

L’incontro inizia con la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Renato Marangoni, in felice coincidenza con la festa liturgica di santa Maria Maddalena, l’«apostola degli apostoli». Proprio a lei – sottolinea il Vescovo – il Risorto parla del «Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Una rivelazione del volto di Dio, che richiama il sorprendente annuncio di Giovanni Paolo I: Dio «è papà; più ancora è madre».

L’incontro continua con la testimonianza di don Davide Fiocco, che presenta il ritratto di Luciani come appassionato comunicatore: «Lui scherzando diceva spesso che, se non avesse fatto il prete, avrebbe fatto il giornalista». Una passione cominciata molto presto, sotto l’ala di don Filippo Carli, il parroco che fu suo maestro di fede e di vita pastorale. L’attività di pubblicista di Luciani è stata ampiamente studiata durante il processo canonico, individuando i testi, spesso non firmati, che lui redigeva per il settimanale diocesano. Curioso scoprire le pagine pungenti con cui il giovane sacerdote metteva in guardia i lettori dalla propaganda dei socialisti: «Non abbiamo paura dei comunisti: essi sono pochi. Abbiamo paura dei cattolici che si lasciano infinocchiare dai comunisti: essi sono milioni». Era il 6 marzo 1948.

Breve l’intervento di Stefania Falasca, vicepostulatrice ed editorialista di “Avvenire”. Ricorda come negli anni Settanta Luciani fosse considerato una delle penne più brillanti dell’episcopato italiano. Spesso i suoi articoli venivano vergati su un inginocchiatoio davanti al tabernacolo nella cappella del patriarchio veneziano.

Intensa la testimonianza del direttore Marco Tarquinio, incentrata sui temi di attualità. Poiché con la penna si può fare del bene, i giornalisti cattolici hanno gli stessi doveri degli altri, ma vogliono fare i giornalisti amando. Tratteggia l’identità di “Avvenire” come quella di una comunità, in cui l’editore non dà ordini di scuderia, se non quello di “fare la verità”. Così raccontare i bizantinismi della politica italiana è difficile: ne abbiamo prova in questi drammatici giorni parlamentari, nei quali diventa atto di carità e di giustizia dire con chiarezza le responsabilità, visto che nessuno vuole assumersi la responsabilità di questa crisi di governo.

Avvenire” ha voluto essere – fin dalla sua fondazione – un giornale radicato nella realtà italiana, ma aperto sul mondo e quindi etimologicamente “cattolico”: sua ambizione è far capire anche il mondo agli italiani. In questo momento sono 169 i conflitti aperti nel mondo, di cui quattro sono guerre tra stati sovrani. Tarquinio rivendica alla testata anche la capacità di chiedere scusa quando si sbaglia in un giudizio. Rivendica il coraggio di dire che una forma di solidarietà – prima era il reddito di inclusione, ora quello di cittadinanza – è cosa che non può essere licenziata con un “mandateli a lavorare”, perché alcuni di loro proprio non possono lavorare.

Nella concludere l’incontro, riprendendo l’idea di un giornale-comunità, il Vescovo ricorda la coesione che vedeva legati insieme Luciani e il vescovo Bortignon, da cui Marangoni venne ordinato diacono.

La visita guidata alla chiesa parrocchiale, alla casa natale, al Museo Albino Luciani e alla chiesa monumentale di San Simone a Vallada Agordina segnano la degna conclusione di una giornata, in cui la memoria di Luciani giornalista è divenuta un piacevole incontro tra esperienze di comunicazione.