Sabato 26 ottobre presso la parrocchia di Cavarzano

A Belluno, l’ultimo incontro nelle convergenze foraniali

«La priorità è costruire relazioni, conoscersi e riconoscersi»

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Luce, conoscersi e collaborare. Sono le parole chiave che hanno guidato il sesto e ultimo incontro delle convergenze foraniali, quella di Belluno, che si è svolto sabato 26 ottobre presso la parrocchia di Cavarzano.

La luce è stata senza dubbio la protagonista dei primi due momenti della serata. Infatti, durante la preghiera iniziale, un rappresentante per ciascuna delle parrocchie che compongono la convergenza ha portato sull’altare una candela accesa, proveniente dall’Africa, simbolo di una luce, cioè di una realtà o un’iniziativa presente nella propria parrocchia che può essere considerata una testimonianza della vitalità delle nostre comunità. Il fatto che la candela fosse stata prodotta in Africa non è casuale, come ha ricordato il Vicario generale don Graziano Dalla Caneva, ma indica l’apertura missionaria della Chiesa, anche di quella di Belluno Feltre, sottolineato con forza da questo ottobre 2019 definito Mese missionario straordinario.

La luce è stata ancora l’elemento di spicco del secondo momento attraverso le testimonianze di Antonella e di Marzia, entrambe bellunesi. Ciascuna ha raccontato la propria esperienza di missione rispettivamente in Tanzania e Perù: la prima direttamente in sala, la seconda attraverso un video. Le parole di Antonella raccontano l’Africa come «uno spazio che è geograficamente infinito, ma che è anche un tempo che scorre lento e che permette di instaurare relazioni con le persone». Il video di Marzia, invece, è stato un invito a lavorare come equipe, come squadra, in una logica che non parta dai bisogni da coprire, ma dai talenti e dai doni di ciascuno da valorizzare con un invito conclusivo molto forte: «Non si tratta di inventare cose nuove e starne, ma sarà il nostro stare insieme che attirerà gli altri».

Conoscersi e collaborare hanno, invece, catalizzato gli ultimi due momenti della serata. La terza fase è stata aperta dalle parole di don Andrea Constantini, vicario foraneo, che ha intitolato il suo intervento «La chiesa locale abita un territorio». Don Andrea ha ricordato brevemente il percorso che ha portato alla costituzione delle sei convergenze e ha illustrato l’ipotesi futura di una maggior collaborazione fra le parrocchie raccolte in una ventina di raggruppamenti. Per il momento questo progetto costituisce un’ipotesi di lavoro da definire meglio soprattutto con l’aiuto dei consigli pastorali.

Queste parole hanno portato al quarto momento, caratterizzato da lavori di gruppo chiamati ad individuare delle attività o dei settori in cui è più urgente o che possano favorire la collaborazione fra parrocchie. Dalle relazioni conclusive alla maggior parte dei presenti paiono urgenti la conoscenza reciproca fra i Consigli pastorali parrocchiale, la formazione condivisa di animatori e catechisti, l’aiuto vicendevole fra i vari gruppi della Caritas e della San Vincenzo, l’ascolto dei bisogni dei giovani e delle famiglie e di avere il coraggio di percorrere strade nuove ed inesplorate.

La serata si è chiusa con le parole del vescovo Renato, che ha ricordato alcuni passaggi degli Orientamenti pastorali, ma che soprattutto ha voluto ribadire con forza il significato di questa sei serate, che hanno coinvolto l’intera diocesi: «Stiamo lavorando per rivitalizzare le nostre comunità che devono ritrovare il loro sapore. Devono tornare ad essere sale che dà gusto e non che si calpesta perché lo ha perso». In quest’anno pastorale, ha continuato il Vescovo, la priorità è costruire relazioni, conoscersi e riconoscersi con un’attenzione particolare: «La collaborazione non deve essere un termine generico, ma deve concretizzarsi su magari pochi temi, ma che si possano verificare arrivando, magari, ad una carta delle collaborazioni». E in quest’ottica la varietà e la diversità della nostra comunità sono una ricchezza e non un ostacolo. Il saluto finale di don Renato indica con chiarezza la via: «Rapportiamoci fra noi e valorizziamo i talenti. Nessuno deve lavorare da solo perché lo sforza sarebbe vano, ma soprattutto perché non è la logica del Vangelo».

Flavio Battiston