Il ricordo di Papa Luciani nel 39.mo anniversario della morte

«Non ho cercato nessuno posto…»

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A quasi quarant’anni di distanza, il ricordo del nostro “don Albino” perdura e si rinnova. Giovedì 28 settembre un gruppo di bellunesi, partito di buon mattino dalle nostre valli, raggiunge Roma per la Messa nell’anniversario della morte di papa Giovanni Paolo I. Li guida il vescovo Renato, accompagnato da don Giorgio Aresi e don Davide Fiocco. Quest’ultimo, in quanto collaboratore della Causa di canonizzazione, viene lungo la strada sollecitato a spiegare ai presenti la storia del Processo, raccontando l’esperienza di sei anni di lavoro nella redazione della Positio e rispondendo alle domande dei presenti.

Sulla porta del Vaticano il gruppo incontra il card. Beniamino Stella, postulatore della causa di Canonizzazione, e la dott. Stefania Falasca, vicepostulatrice. Al gruppo si aggregano altri, tra i quali Lina Petri, la figlia di Nina Luciani, che fu la prima parente del Papa ad accorrere in Vaticano la mattina di quel lontano 29 settembre 1978; e Daniele Bravo, lo scolaro di quinta elementare che aveva dialogato con papa Luciani nell’ultima udienza generale.

Si entra in Basilica e si scende nelle Grotte Vaticane, davanti al sepolcro di san Pietro, a pochi passi dalla tomba di papa Luciani. Il Vescovo diocesano presiede la celebrazione della Messa; il card. Stella tiene l’omelia, mostrando il cuore di chi ebbe Albino Luciani come vescovo a Vittorio Veneto e sempre lo ha ricordato con ammirazione e devozione. Sottolinea in modo particolare l’indelebile segno di umiltà, lasciato da papa Luciani nelle parole e nella vita. Le citazioni dei tre suoi successori sul Soglio di Pietro danno evidenza a questo segno. In modo particolare quella di papa Francesco, che nell’intervista a Tornielli (2015), indicava l’esempio di Luciani come antidoto a un certo clericalismo orgoglioso e autosufficiente:

«Quando uno si sente un po’ più sicuro, inizia a impossessarsi di facoltà che non sono sue, ma del Signore. Lo stupore comincia a degradarsi, e questo è alla base del clericalismo o dell’atteggiamento di coloro che si sentono puri […] E se uno è un ministro di Dio, finisce per credersi separato dal popolo, padrone della dottrina, titolare di un potere, chiuso alle sorprese di Dio. La “degradazione dello stupore” è un’espressione che a me dice tanto. A volte mi sono sorpreso a pensare che ad alcune persone tanto rigide farebbe bene una scivolata, perché così, riconoscendosi peccatori, incontrerebbero Gesù. Mi tornano alla mente le parole del servo di Dio Giovanni Paolo I, che durante un’udienza del mercoledì disse: “Il Signore ama tanto l’umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo che si sono pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi”».

È il segno più significativo di santità che Luciani ha lasciato: una santità – ha concluso il card. Stella – «umile, quotidiana, crescita e alimentata dalle vicende e dagli impegni di ogni giorno». Qui la testimonianza che fu di un Papa, può diventare testimonianza di chiunque. E infatti lo stesso Luciani, confidò al fratello Edoardo nel loro ultimo incontro il 20 settembre 1978: «Se mi avessero detto di fare lo stradino, lo farei con la stessa tranquillità… Non ho cercato nessun posto».

Alla termine della celebrazione la dott. Falasca ricorda ai presenti l’ormai prossima la conclusione del Processo, che verosimilmente entro l’anno vedrà con la promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù, con cui il Papa dichiarerà venerabile Giovanni Paolo I. La strada alla beatificazione sarà infine spianata, se verrà riconosciuta la sussistenza di un miracolo attribuito all’intercessione del nostro “don Albino”. [DF]

Cascia, Norcia e Arezzo

Oltre al passaggio nelle Grotte Vaticane per onorare la memoria di papa Luciani (raccontato sopra), altre tre tappe hanno contrassegnato il pellegrinaggio diocesano di fine settembre.

Venerdì 29 settembre l’incontro, a Cascia, con un prete polacco, che dopo il passaggio in Siberia, è venuto in Italia e si è impegnato nella diocesi de L’Aquila. Avvincente la sua testimonianza su una comunità che in una notte si è trovata priva di ogni struttura: ma se le pietre cadono, restano le pietre vive a mantener viva la Chiesa. È seguita la Messa nella basilica di santa Rita, presieduta dal vescovo Renato.

Quindi la visita al centro storico di Norcia, per ascoltare il silenzio di un’altra città segnata dalla distruzione del terremoto. In modo particolare, l’antica basilica di san Benedetto.

Sabato 30 settembre il passaggio ad Arezzo, per immergersi nella contemplazione di alcuni tesori d’arte: il Crocifisso del Cimabue, nella chiesa di san Domenico. Poi la cattedrale cittadina e infine, nella chiesa di san Francesco, la visita guidata a uno dei capolavori di tutta la pittura rinascimentale, la Cappella Bacci con il ciclo di affreschi che Piero della Francesca vi lasciò tra il 1452 ed il 1466. Tra i vari temi, la raffigurazione del ritrovamento e della verifica della Vera Croce da parte dell’imperatore Costantino.

Resterà il ricordo di un pellegrinaggio breve ma pieno: prima la memoria della santità nella nostra Chiesa locale e il ricordo di papa Luciani; poi l’attenzione a due comunità provate dal terremoto; infine la contemplazione dell’arte. [GA]