Nuove espressioni nella traduzione del Messale

Richiamo ad altri testi utilizzati nella Messa

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Le novità più rilevanti introdotte nella traduzione in lingua italiana della terza edizione del Messale Romano sono oggetto della nostra attenzione anche nel presente articolo. In un precedente contributo sono state richiamate alcune espressioni che generalmente avevano attirato l’attenzione dei partecipanti alla celebrazione della santa Messa. Si trattava delle espressioni: «Fratelli e sorelle», «Kyrie eleison», «Pace in terra agli uomini amati dal Signore». Una trattazione dell’esperto don Silvano Sirboni su due inserti del settimanale “Credere”, avevano offerto materiale per sintetizzare significato e motivazioni delle scelte e delle proposte del Messale ora in uso. Continuo nella presentazione di altre espressioni significative.

L’espressione «rugiada del tuo Spirito»

Nelle preghiere eucaristiche proposte dal Messale si nota come nella II preghiera eucaristica la precedente invocazione sul pane e sul vino «Santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito» è stata sostituita con le parole «Ti preghiamo, santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». La parola utilizzata, presente nell’originale latino (Spiritus tui rore sanctifica), richiama dai testi biblici un’immagine agricola. L’azione di Dio viene paragonata a quella rugiada che feconda le terre aride della Palestina. Nonostante la limitata esperienza agricola della nostra civiltà urbana, la conoscenza della Bibbia anche in queste sue espressioni, ha suggerito di lasciare nella traduzione in italiano questa espressione. Vuole indicare «l’azione dello Spirito che trasforma il pane ed il vino in quel corpo e sangue di Cristo, cibo e bevanda che fecondano l’aridità dei nostri cuori».

La traduzione del «Padre nostro»

Le due variazioni del testo della preghiera del Padre nostro sono state richiamate e sottolineate in abbondanza dalla maggior parte di coloro che, in qualsiasi contesto, hanno parlato della nuova traduzione del Messale Romano. L’inserimento dell’avverbio «anche» nell’espressione «come anche noi» e l’invocazione finale «non abbandonarci alla tentazione» erano state indicate come le principali novità proposte. È da notare come il testo proposto dal Messale era già presente nella traduzione della Bibbia in lingua italiana approvata e divulgata nel 2008. Dopo ampia discussione sul significato dell’espressione «indurre in tentazione», quasi fosse una volontà positiva nei confronti dell’esperienza della tentazione, i Vescovi hanno optato, prima nella traduzione della Bibbia del 2008, e poi con l’inserimento nel testo del Messale, per la frase «non abbandonarci alla tentazione». Il significato della invocazione è: «…non chiediamo di essere esentati dalle prove che, nel disegno di Dio, fanno parte della vita, ma di essere aiutati a superarle per non cadere prigionieri della tentazione» (Credere 15/2021).

La parola «anche», aggiunta nel nuovo testo, richiama il severo impegno del perdono reciproco. Il testo greco presenta un verbo al passato: «Come anche noi li abbiamo rimessi…». Prima di chiedere il perdono a Dio, dobbiamo già averlo accordato agli altri.

«Scambiatevi il dono della pace»

Una delle novità che l’assemblea ha sicuramente notato nel rito della Messa è l’espressione con la quale sacerdote celebrante o diacono invitano l’assemblea a scambiarsi quello che nel linguaggio comune era indicato come il “segno di pace”. La nuova frase interpreta in maniera ancora più efficace il testo latino: «Offerte vobis pacem». I fedeli sono invitati al rito della pace con l’espressione «Scambiatevi il dono della pace». Anche nelle formule alternative, proposte dal Messale, viene utilizzata questa espressione «dono della pace». Mi è parso significativo il valore così dato a questo rito. Non si tratta di una nostra pace, fragile e incerta, ma di un dono che viene dall’alto, un dono di Dio! La frase che qualcuno suggerisce per questa ritualità, quando ci si potrà relazionare più da vicino, è «La pace del Signore sia sempre con te». In questo tempo di pandemia le modalità del rito della pace sono limitate, come indicato dai vescovi stessi, al semplice sguardo unito ad un cenno del capo. È opportuno richiamare “il dono della pace” che ci si scambia, più che le modalità con le quali compiamo il rito suggerito dal Messale. L’Ordinamento generale del Messale Romano (n. 82), richiama il valore di questo momento rituale: «Con il rito della pace la Chiesa implora la pace e l’unità per sé stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento». [continua]

Giuliano Follin