L'adesione dei vescovi di Vittorio Veneto e Belluno-Feltre

Oggi in piazza a Mel per Acc e Ideal Standard

L’importanza di salvare le due fabbriche, a beneficio di chi ci lavora e di tutto il territorio

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Si sono ritrovati in tanti nella mattinata di oggi, sabato 13 novembre, in piazza Papa Luciani a Mel per sostenere lo stabilimento Ideal Standard di Trichiana e quello dell’Acc di Mel. Una piazza colorata da tante bandiere dei sindacati, che per quasi due ore ha ascoltato composta e partecipe gli interventi di sindacalisti e politici, ma anche di uno studioso e di due vescovi, tutti tesi a sottolineare l’importanza di salvare le due fabbriche, a beneficio di chi ci lavora, ma anche di tutto il territorio su cui insistono.

Il sindaco Cesa

È stato il sindaco di Borgo Valbelluna, Stefano Cesa, a iniziare la serie degli interventi, sottolineando la drammaticità della situazione e perciò la necessità di radunarsi in piazza e di alzare la voce, nella consapevolezza che la costituzione pone il lavoro a fondamento della nostra società per cui – ha detto – non ci può essere nessuna ragione di natura economica che possa prevalere su questo.

Purtroppo – ha proseguito il sindaco – da tanti anni lo Stato si dimostra incapace di affrontare le crisi del lavoro e ciò ha prodotto una preoccupante desertificazione del territorio. Di qui la necessità di alzare la voce per interpellare tutte le istituzioni, e in particolare il Mise (Ministero per lo sviluppo economico) perché intervenga e risolva la crisi del manifatturiero in Valbelluna.

È tempo di risposte sincere e concrete: c’è la volontà politica di cercare soluzioni? C’è la volontà di attuare una nuova politica industriale che tuteli le aree svantaggiate come la provincia di Belluno?

Siamo qui per il futuro dei nostri giovani, ha concluso Cesa, sottolineando che si tratta di una lotta di comunità e di un territorio che non vuole consentire la perdita di oltre 800 posti di lavoro. «I cambiamenti non ci hanno mai spaventato. Abbiamo affrontato tante criticità, ma questa volta da soli non ce la possiamo fare».

Il politologo Paolo Feltrin

Introdotto dal coordinatore della manifestazione, Silvano Cavallet, è poi salito sul palco il politologo Paolo Feltrin che ha presentato all’assemblea tre obiettivi da perseguire per evitare il ripetersi di situazioni simili e anche per risolvere le crisi attuali.

Innanzitutto – ha detto – è necessario cambiare le norme europee sulle autorizzazioni agli aiuti di Stato e, per determinarne la quantità, non basta tenere conto del tasso di disoccupazione (perché bisogna considerare anche lo spopolamento) e poi gli indici valutati non devono essere solo a base regionale perché all’interno di una regione possono esserci territori molto diversi (come nel caso della provincia di Belluno) e bisogna tenere anche conto delle aree interne e delle periferie.

In secondo luogo Feltrin ritiene che la provincia di Belluno debba essere resa più attrattiva per le imprese industriali, ma perché ciò avvenga è necessario migliorare l’accessibilità dell’area, stradale e ferroviaria, in particolare sull’asse Ponte nelle Alpi – Belluno – Feltre – Trento.

Infine, come prospettiva più immediata, serve un utilizzo mirato dei soldi del Pnrr, destinandone di più alle aree fragili. Ma per ottenere questo, come per gli altri risultati, non basta parlarne a Belluno (dove non si decide nulla), ma bisogna trovare le giuste alleanze a Roma.

I due vescovi presenti

«Ci sentiamo in dovere di essere qui per esprimere la nostra vicinanza in questa situazione drammatica». Così ha iniziato il suo intervento il vescovo di Vittorio Veneto Corrado Pizziolo, sottolineando la preoccupazione per il futuro della Valbelluna e la necessità di sollecitare ad affrontare il problema chi lo può risolvere, tanto più perché si tratta di due aziende sane, competitive e quindi l’impegno speso per loro è un impegno che ha futuro.

Il lavoro dà dignità alle persone e vita alle comunità e contribuisce anche a custodire il creato. Per questo – ha spiegato il vescovo di Belluno-Feltre, Renato Marangoni – le due Chiese di questo territorio si sentono unite nel difendere il lavoro, per questo vogliamo un’alleanza tra il lavoro e un territorio così bello come il nostro. Il lavoro è per la vita, e non può essere per la morte.

Gli altri interventi

Per Michele Ferraro, segretario provinciale della Uil, va denunciata la grave mancanza di una vera politica industriale, una carenza tanto più grave per un territorio come quello della provincia di Belluno dove la mancanza di lavoro è quattro volte più forte che in pianura.

Che futuro offriamo ai nostri figli? Quale futuro ai lavoratori che si sono sacrificati per aziende che hanno depredato il territorio? Serve una filiera corta per dare stabilità, ha risposto Ferraro, vanno rinforzate le politiche di sviluppo, bisogna spingere il Governo a risolvere le due crisi (e sono certo che staremo uniti – ha concluso – per evitare un dramma che non sarà tale solo per la Valbelluna).

Nadia De Bastiani, delegata Rsu della Acc, ha ricordato il mancato arrivo dei finanziamenti sperati e il percorso difficile che sta riguardando lo stabilimento di Mel che da 20 mesi cammina con le sue gambe, ma che ora senza soldi non può più andare avanti anche se ha la fiducia dei clienti.

Ci sentiamo abbandonati – ha confidato – abbiamo bisogno di fatti e non di promesse. Come può il Mise girarsi dall’altra parte? Il Governo – ha risposto – dovrebbe proteggere i suoi prodotti strategici. Ma se così non sarà non ci arrenderemo e continueremo a difendere il nostro lavoro e la nostra fabbrica.

Anche per Massimiliano Paglini, segretario provinciale della Cisl, è tempo di risposte, di atti concreti per salvare il lavoro e consentire un’adeguata evoluzione industriale. Ma per questo è fondamentale pretendere responsabilità sociale da parte delle aziende e legame col territorio, realizzare infrastrutture adeguate e curare la formazione dei giovani. Serve in definitiva un Paese moderno, la condizione per non far perdere speranza ai lavoratori.

Antonio Comel, sindacalista della Ideal Standard, ha ricordato la storia dell’azienda nata come Ceramica Dolomite dopo il disastro del Vajont, il suo progressivo integrarsi col territorio e la sua gente, di cui è diventata patrimonio prezioso, il suo buon andamento fino al 2007 quando fu venduta a un fondo di investimento americano e cominciò un declino costante. Ma ciò nonostante – ha sottolineato – i lavoratori sono rimasti attaccati alla loro azienda, l’hanno supportata anche con sacrifici personali (pure rinunciando a una parte dello stipendio negli ultimi anni) per salvare la produzione e i quasi 500 posti di lavoro. I lavoratori credono nel rilancio, ci sono tecnologie e capacità, professionalità e attaccamento. E allora – ha concluso – grazie a chi ci sostiene.

Il segretario provinciale della Cgil, Mauro De Carli, dopo aver sottolineato l’importanza dell’unità del territorio nel portare avanti questa battaglia «grossa e grave», si è detto convinto che dentro il Pnrr ci siano le soluzioni, che quella sia la vera sfida su cui chiedere risposte immediate alla politica, invitandola magari a pensare meno alle Olimpiadi del 2026 e più a chi oggi rischia di perdere il lavoro. Per ottenerle le risposte è importante una continuità d’azione sul territorio e la valorizzazione degli elementi forti delle due aziende come il compressore a velocità variabile della Acc o il marchio Ceramica Dolomite per l’Ideal Standard.

Massimo Busetti e Giuliana Menegol, sindacalisti dell’Acc, hanno ricordato l’impegno dei lavoratori dell’azienda che da 9 mesi mettono a disposizione parte del loro stipendio per pagare le materie prime e che ormai lavorano – se va bene – una settimana al mese, rimanendo poi in casa integrazione. Hanno sottolineato pure che la produzione di compressori per frigoriferi domestici è strategica e unica in Europa e chiudere la Acc contraddirebbe tutti gli auspici di realizzare filiere corte, di avvicinare produttori e consumatori.

L’Assessore regionale e il Ministro

«L’impatto di queste due crisi aziendali, in un piccolo Comune di una valle di montagna, merita assoluta rilevanza nazionale perché queste due aziende storiche venete rappresentano due realtà di assoluta rilevanza industriale», ha detto l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, secondo la quale per sostenere le due aziende è necessario ripensare alla creazione di una filiera corta italiana, soprattutto in questo momento storico in cui i costi nella logistica sono più che raddoppiati.

All’Acc – ha fatto presente Donazzan – o si garantiscono risorse perché diventi appetibile per un privato, oppure si decide che una grande azienda di Stato se ne prenda cura. Per l’Ideal Standard è necessario che i fondi di investimento che la controllano siano disposti a cederla. Ce la faremo – ha concluso l’assessore – se la piazza di oggi non sarà solo di oggi.

L’intervento conclusivo della manifestazione è stato affidato al ministro Federico D’Incà che, dopo aver ripercorso il tortuoso cammino dei falliti tentativi di salvataggio di Acc di questi ultimi 2 anni, ha ribadito che per lo stabilimento di Mel al momento ci sono due possibilità: o la strada Fincantieri, cioè essere presa sotto l’ala di una grande azienda di Stato; oppure cercare un accordo con l’Elettrolux (che ha lo stabilimento a Susegana, vicino a Conegliano) che lo Stato potrebbe sostenere con risorse fino a 10 milioni.

Per quanto riguarda l’Ideal Standard, D’Incà auspica che possa diventare un caso di scuola, un esempio a livello nazionale: per questo – ha detto – chiedo alla proprietà attuale di fare uno sforzo in più per mettere a disposizione maggiori risorse al nuovo proprietario che possa subentrare.

Carlo Arrigoni