I martiri testimoniano che la vita può risultare difficile e dolorosa, ma perché tutti sono chiamati alla gioia

Portatori di speranza e di gioia

Una parola sigillata da Gesù: «Nessuno potrà togliervi la vostra gioia».

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Leggi l’omelia del Vescovo

 

Essere portatori di speranza e di gioia. Con questo augurio rivolto a tutti si è conclusa la solenne celebrazione eucaristica che il vescovo Renato ha presieduto questa mattina, in occasione della solennità dei santi martiri Vittore e Corona, nel Santuario loro dedicato a Feltre.

Di fronte a un numero limitato di fedeli, causa le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, ma in diretta televisiva e su Facebook (grazie a Telebelluno e all’Amico del Popolo), il Vescovo nell’omelia ha ricordato che la solennità dei martiri Vittore e Corona apre di fronte al nostro sguardo il panorama sempre nuovo della Pasqua. «Anzi – ha continuato – potremmo riconoscere di essere stati abbagliati, perché ci raggiunge una luce intensissima: così è la risurrezione di Gesù. Non dimentichiamolo. L’autentica nostra speranza è lui, il Risorto».

Il Vescovo, ricordando l’invito di Pietro, ascoltato nella seconda lettura – «adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» – ha commentato: «Comprendiamo quindi così l’invito che ci giunge da questa parola appena annunciata: Lui, il Risorto, è in noi ed è la nostra speranza».

«Nella prima lettura – ha continuato il Vescovo – viene condiviso con noi l’invito che Paolo riceve in sogno. Il Signore lo incoraggia così: non avere paura, continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male. Bello questo non aver paura, ci riguarda, è per noi».

E poi ancora, sempre commentando la parola appena ascoltata: «Nella seconda lettura Pietro, rivolgendosi direttamente a noi, dice: “Carissimi se dovete soffrire per la giustizia, beati voi». Pietro fa eco alle beatitudini di Gesù. E poi è la parola stessa di Gesù che viene ad abbracciare la nostra vita e ad avvolgerla di luce. «Così – dice Gesù – anche voi siete nel dolore, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia”».

Ha sottolineato poi il Vescovo: «Dobbiamo immaginare in queste parole di risurrezione anche la testimonianza di vita dei martiri Vittore e Corona: ci testimoniano che la vita può risultarci difficile, faticosa, attraversata da avversità e da dolore, ma non è questo il senso della vita, non è questa la promessa che la vita ci riserva, la vita non ci sbatte contro la sofferenza, la contrarietà e la persecuzione. Vittore e Corona hanno pregustato ciò che la vita nel suo frutto più maturo è chiamata ad esprimere, a lasciare in dono. E lo è un grande dono, immenso, la vita».

Secondo mons. Marangoni, «è straordinaria poi l’immagine che Gesù utilizza per aiutarci a cambiare il nostro sguardo che forse coglie il lato sofferente, ancora passeggero nel male della nostra vita. Gesù ci incoraggia a cambiare mentalità, a convertirci, addirittura nel cuore. Proprio lui osserva: “la donna quando partorisce è nel dolore, perché è venuta la sua ora, ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più della sofferenza per la gioia che è venuto al mondo un uomo”». «Ci riguarda questa storia, ci siamo passati tutti», ha proseguito il Vescovo. «Eccezionale, coraggioso Gesù nell’affermare che la gioia va ritrovata, riconosciuta e goduta quando viene al mondo un uomo, una donna. E noi stiamo continuamente venendo al mondo. Siamo continuamente dati alla luce. Anche sul mondo, sulle nostre storie, sulle nostre situazioni di vita che ci lasciano spesso traballanti, fragili e sospesi Gesù pone il dono della gioia. Il mondo stesso – dice – è chiamato alla gioia».

«Sembra paradossale – ha osservato mons. Marangoni – ma i nostri martiri Vittore e Corona sono entrati nella persecuzione avendo loro in profondità questa apertura a una vita, che attende e accoglie il frutto della gioia, il dono di gioire. Forse oggi abbiamo bisogno che proprio nel parto difficile che viviamo che la promessa di Gesù, unita all’incoraggiante testimonianza di Vittore e Corona, illuminata dalla parola che ci è stata annunciata, è proprio necessario che ci prendiamo per mano perché il dolore del parto generi e risvegli la promessa racchiusa in ogni vita e che si potrebbe riesprimere proprio con le parole che abbiamo ascoltato da Gesù: “nessuno potrà togliervi la vostra gioia”. È una parola sigillata da Gesù».

Inoltre, ha fatto presente il Vescovo, «i nostri patroni ci chiedono di dare di nuovo ragione della speranza che è in noi, di ricominciare a darla eventualmente avessimo smesso per stanchezza, per delusione, per fallimento poiché è già nel dono della vita che abbiamo questa speranza, sta germogliando in noi. L’appello a cercare, attendere, preparare e poi accogliere la gioia che è nelle profondità della vita è anche una nostra responsabilità. È un appello alla comunità ecclesiale, lo è anche alla comunità civile, alla città di Feltre. Pietro ci ha suggerito come rendere ragione di questa speranza che attende che la vita esprima la promessa della gioia che essa contiene, custodisce e alimenta. Pietro ci dice: questo rendere ragione sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, ad anticipare quasi il frutto maturo della gioia».

A conclusione dell’omelia un augurio che – ha detto mons. Marangoni – è la stessa benedizione che abbiamo ascoltato nella visione di Paolo proposta dalla prima lettura: dopo la delusione patita ad Atene, Cristo lo chiama e gli offre la promessa che è rivolta ad ogni vita, a ciascuno di noi, ma anche a ogni comunità umana di uomini e donne che attendono il frutto maturo della loro vita. «In quel sogno Gesù ci dice: in questa città io ho un popolo numeroso. Lo dice con affetto, con amore, come una donna che nel parto attraversa il dolore, ma intravede già la gioia piena del venire alla luce un uomo, una donna, l’umanità nuova».

Al termine della celebrazione presieduta nel Santuario il Vescovo ha osservato: «La porta d’ingresso principale è spalancata, c’è uno squarcio bellissimo da qui. Mi auguro che questo sguardo che si apre, che guarda con passione e con il desiderio davvero di darci una mano, di collaborare insieme, sia lo sguardo che ci portiamo via da questa solennità, dall’aver celebrato insieme e condiviso il dono di una parola e di un sacramento che ci fa essere portatori di speranza e di gioia. Auguro a tutta la città di Feltre, al territorio, a tutta la diocesi, questa consapevolezza di un dono da condividere. La benedizione come rito finale sia segno di un Dio che ci accompagna e ci sostiene in questo».

Carlo Arrigoni