Solennità della santissima Trinità

Quale Dio conosciamo?

a cura di un parroco di montagna

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Chi è questo Nicodemo? Un fariseo, un capo dei giudei. È uno che dice: «Noi sappiamoche sei un maestro venuto da Dio». Ma che cosa sa veramente? Che Gesù è un maestro come tanti altri? Che è un grande uomo, un operatore di segni guaritori come… pochi altri?

La realtà è che Nicodemo non sa chi è Gesù. Crede di sapere, ma non sa niente. Non esce dalla sua oscurità. Intravede qualcosa, ma è ben lontano da capire che Gesù è il Figlio venuto dal Padre.

Nella festa di oggi, della santissima Trinità, siamo davanti a Dio desiderosi di vedere il suo volto. Non vorremmo fare la figura di Nicodemo, pensando di sapere tutto su Dio, di aver imparato tutto nel catechismo e darlo per scontato.

Di sicuro sappiamo solo questo: di essere vivi, ma non sappiamo altro. Chi ci fa vivere? Chi ci ha svegliato (o risuscitato) stamattina? Chi ha fatto nascere proprio me e non un altro /un’altra? Non sappiamo. Altro, che «Noi sappiamo!». Non sappiamo…

E cerchiamo la nostra chiamata alla vita, anzi, cerchiamo Colui che chiama! Cerchiamo le nostre radici e la sorgente della vita. Ci interroghiamo sulla nostra meta. Già a Mosè Dio aveva svelato la sua identità, il suo Volto. Sul monte era passato proclamando: «Il Signore! Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà!». Mosè non è salito sul monte per cercare Dio, ma è stato Dio a chiamarlo. Già questo dice che Dio non è uno che si deve andar a cercare, con grosso sforzo personale, perché Dio è uno che ha cercato noi.

Nicodemo non era in grado di capire, perché aveva cercato udienza da Gesù di notte, per non farsi notare o per farsi un’idea di lui, per dir di “sapere”, per servirsene all’occorrenza.

Nicodemo scompare dalla scena, quando Gesù dice chiaramente chi è Dio e chi è il Figlio: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chi crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna».

Vorremmo capire meglio di Nicodemo: Dio è uno che ama… Uno che ama è capace di dare e donare gratuitamente, disinteressatamente, quello che ha di più caro: il Figlio unico.

Nella vita di Gesù incontriamo l’amore di Dio e non invece il giudizio… Non ha mandato il Figlio per condannare, perché siamo inadempienti o peccatori. Non incontriamo la potenza o la superiorità di Chi è più grande ed esiste da prima.

Incontriamo l’amore disinteressato e non… guadagnato, non meritato, non conquistato in qualche modo. L’amore di Dio precede perché il primo passo l’ha già fatto lui.

Per credere quello che Gesù dice, ci vuole la semplicità dei piccoli. Se mettiamo in campo il sospetto, da persone adulte e disincantate, ci si chiede se questo amore non nasconda qualche interesse. Non è che Dio sia benevolo finché si fa come dice lui, e che cambi se uno non fa o non crede?

Gesù mostra che l’amore di Dio è incondizionato e lo fa senza possibilità di fraintendimenti. Gesù offriva a tutti una via di salvezza. Non condannava le persone. Ha condannato comportamenti sbagliati, ha denunciato un rapporto con Dio che era ingiusto, ma ha salvato sempre chi riconosceva il proprio sbaglio.

«Chi crede in lui non è condannato. Chi non crede è già stato condannato»: cioè si autocondanna, si fa autogol. Per Gesù il problema non erano i peccatori, ma quelli che si ritenevano giusti.

Noi quale Dio conosciamo? Cerchiamo di conoscerlo meglio? Cerchiamo il suo volto in base a quello che dice Gesù?

 

 


Ringraziamo don Renato De Vido, che ci ha accompagnato nei tempi di Quaresima e di Pasqua, pubblicando le riflessioni preparate per le sue comunità parrocchiali dell’Oltrepiave. L’iniziativa era nata a inizio marzo per offrire uno spunto sulla Parola di Dio della domenica durante il lockdown. Tuttavia, visti i significativi accessi, continuerà: a partire da oggi il testimone passa a don Paolino Rossini, parroco di Santo Stefano di Cadore, Costalissoio e Campolongo.