Ricominciare nella fraternità

Il Vescovo nella celebrazione di fine dell’anno

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«Con il cuore trepidante e stupito di Maria, che veneriamo come Madre di Dio, questa sera siamo qui con il suo “Magnificat” e il nostro “Te Deum laudamus”. Così è iniziata l’omelia del vescovo Renato Marangoni nella santa Messa di fine anno da lui presieduta questa sera in Cattedrale a Belluno. «Sì, questa sera dal nostro cuore tormentato sgorga un sentimento di gratitudine», ha continuato il Vescovo. «Abbiamo mille ragioni per non farlo: tutto ciò che ci ha investito travolgendoci in questi mesi. Penso a quello che ci ha lacerati più profondamente: il fiato che manca, la morte solitaria, le città deserte, gli isolamenti prolungati nelle nostre case, la scuola chiusa, gli ospedali trasformati e riempiti, i posti in terapia intensiva che scarseggiavano, i medici e gli infermieri messi a prova disumana… Lo scorso anno non potevamo immaginare ciò che poco più di un mese dopo scombinava tutta la nostra vita e imponeva un altro modo di considerare e di attuare i rapporti tra noi. Il mondo stesso nella sua pretesa di globalità e di assolutezza si è trovato in un anno zero, come a dover ricominciare tutto».

«Ed ora, ecco: nonostante tutto ricominciare!», ha proseguito il Vescovo facendo osservare che «è questo l’estremo e il più coraggioso motivo per osare e ispirare, in questa Eucaristia, un silenzio di fiducia, un abbandono di gratitudine, un sospiro di speranza, un abbraccio interiore di fraternità, un’attesa di bene, una preghiera di invocazione…».

E poi ancora: «Il Signore della vita, che in questi giorni natalizi abbiamo ritrovato “avvolto in fasce in una mangiatoia” tra la cura di una madre e la protezione di un padre, anche Lui sembra averci lasciato con un vuoto. Abbiamo dovuto ricominciare anche con Dio, con Lui che mai ha smesso di ricominciare con noi».

Cosa fare? «Siamo qui – ha fatto presente il Vescovo – non tanto per chiudere un anno in cui “non ci è andata bene”, tantomeno a dirci di dimenticare un “anno così orribile”. Siamo qui per ricominciare a sillabare la vita, ad apprenderla nei suoi inizi, ad imparare i suoi sospiri, a percepire il suo alito, a custodire e proteggere il suo parto. Nella pretesa e presunzione di avere tra le mani tutto del suo mistero affascinate, ci siamo scoperti vulnerabili della vita stessa, in realtà lontani dalla bontà e bellezza del suo dono. La vita ha altre fonti, altri spazi, altri tempi, altri ritmi rispetto al nostro potere su di essa e alle nostre manomissioni».

«Questa sera nell’abbandonarci al senso della gratitudine, senza condizioni, fiduciale, libera, pura – ha sottolineato monsignor Marangoni – intendiamo abbracciarci interiormente nutrendo il desiderio e assumendo l’impegno a sillabare la vita, a ricominciare dai sui inizi, coltivandone tutti i germogli che appartengono a tutte le età dell’esistenza, cercandola nella verità di ciò che è semplice, autentico, vero».

«Tutto questo sarà possibile – ha poi spiegato il Vescovo – in un mondo rinnovato nella fraternità. Non avremo una vita migliore senza la ricerca disinteressata di una fraternità a cui mai rinunciare, neppure quando questa ci viene sottratta o si frantuma. La sua ricerca ancora è l’habitat della vita che Dio ci ha partecipato e donato».

«Lo auguro di cuore a tutti voi – ha concluso monsignor Marangoni – in particolare a chi si trova più ferito e più messo alla prova. Pensiamo anche alla popolazione della vicina Croazia che ha conosciuto in questi giorni la prova e la sofferenza del terremoto».

Dopo i riti della Comunione il Vescovo ha chiuso la celebrazione recitando la «Preghiera alla fine dell’anno 2020». Eccone il testo.

«Signore, ti stiamo cercando, ti stiamo invocando al termine di un anno, anzi di questo anno 2020 che si chiude. Dentro di noi sentiamo ripercuotersi senza pause l’eco di tante preoccupazioni e domande. Chiediamo a noi stessi dove siamo arrivati e a te dove cercarti ancora. Al termine di quest’anno siamo più soli tra le strade della nostra vita, in questo mondo ancora bello e affascinante, ma anche profondamene ferito e inaspettatamente tanto vulnerabile. Forse non siamo neanche più in grado di cercare risposte che ci rendano sicuri e decisi. Siamo semplicemente a indovinare imbocchi di sentiero su cui inoltrarci e misurare i nostri passi, attivando ancora le nostre forze, ma non per arrivare ad ogni costo e consumare la meta. Bensì per ricevere quel po’ di luce che accenda la nostra attesa e la nostra speranza e ci faccia camminare ancora senza smettere di conoscere, di apprendere, di stare al passo altrui, di lasciarci sorprendere dai parziali panorami che attraversiamo. Facci scoprire di essere parte palpitante di un camminare che è la vita nella sua inafferrabile promessa che dilata, deterge, purifica, rigenera e appassiona.

Signore della vita, in questi giorni tienici lontani dai possibili pensieri che a volte ci capitano più per disperazione o per paura o per vergogna di rappresentare la tua verità inafferrabile come un’intenzione vendicativa e un’azione contro di noi. Sia mai che passi per il nostro pensiero o nel nostro sentire profondo che tu ti saresti stancato di noi.

Signore, ancora noi confidiamo che tu resti il “Dio della responsabilità”, il “Dio della fraternità”, il “Dio del creato”. Sono tante le responsabilità a cui siamo venuti meno e che in questo anno sono diventate manifeste. Così è evidente che alla fraternità abbiamo troppo spesso rinunciato per non rimettere in discussione noi stessi e i nostri interessi, per non condividere ciò che anche noi abbiamo ricevuto. Anche nel creato, che sgorga da un tuo libero atto d’amore, siamo stati voraci e ce ne siamo impossessati inopinatamente.

“Dio dei vivi e non dei morti”, come ti ha rivelato il tuo Figlio Gesù, dacci la fede e la speranza di sentirci in comunione con tutti i nostri morti che vivono in te. Ci affidiamo a te che sei Vita per sempre, Amore senza fine. Amen».