A cura di don Alessandro Coletti (11ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Ripartiamo da un germoglio promettente

Tutto sembra perduto, invece al Signore basta un ramoscello, un virgulto che spunta dai rami

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Un primo dato di fatto che già conosciamo, forse scontato, ma che il Vangelo oggi ribadisce: Gesù parlava in parabole. Molte grandi verità, molti insegnamenti, Gesù non li ha comunicati in modo diretto ma attraverso dei brevi racconti che spesso partivano dall’esperienza concreta della gente. Perché? Perché ha scelto di non esprimere direttamente quello che voleva dire, ma di usare l’intermediazione della parabole? Perché le verità della fede possono essere capite solo se ci fermiamo a riflettere. La Bibbia non è un ricettario, un “Manuale delle giovani marmotte”, un dispensatore di risposte tecniche e “preconfezionate” ma un libro da meditare, da leggere e rileggere con attenzione…. solo allora ne traggo spunto.

La fede necessita che noi ci prendiamo del tempo per rifletterci, dobbiamo rimanere lì, con calma. In un mondo frenetico probabilmente è più difficile che mai, però è più importante che mai. Prendersi il tempo per capire, per riflettere, per vivere la fede. Ecco perché anche la Messa è fatta di riti, di formule, anche di ripetizioni: ha i suoi tempi.

Questo è anche il significato della prima parabola. Non si può mietere subito. Se pretendo che la spiga appena nata abbia già i chicchi mi illudo… perdo la spiga e la semente. Bisogna aspettare che il terreno produca lo stelo e dallo stelo nasca la spiga e nella spiga cresca e il chicco e poi devo aspettare che il chicco maturi. La natura ha i suoi tempi e ci insegna ad avere pazienza. Semino con larghezza, devo innaffiare anche quando mi pare che cresca poco, devo coltivare con amore, togliere le erbacce, accettare anche qualche temporale, a volte qualche tempestata, a volte un po’ di grandine, a volte temo che tutto si secchi, a volte che tutto marcisca ma qualcosa crescerà, qualcosa germoglierà… se avrò la pazienza di aspettare. Se non perdo la speranza.

Il profeta Ezechiele (autore della libro da cui è tratta la prima lettura di oggi) scrive in un periodo tremendo della storia di Israele: il popolo è stremato, il Regno distrutto, il tempio demolito, i sogni di gloria sfumati…. Tutto sembra perso. Ed Ezechiele si fa portavoce delle parole del Signore: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalla punta dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente, metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico». Tutto sembra perduto, invece al Signore basta un ramoscello, un virgulto che spunta dai rami. Il Signore lo vede, lo prende, lo pianta e aspetta che quel germoglio cresca.

Qualche anno fa ho visto un film carino: “Il profumo de mosto selvatico”, che è ambientato in una grande tenuta, un enorme vigneto, i cui proprietari da generazioni producono un vino eccellente. A un certo punto il proprietario della vigna, convinto che il marito della figlia sia scappato lasciandola incinta, ubriaco, lancia una lampada a petrolio contro il vigneto che subito prende fuoco, i tentativi di salvarlo sono inutili… tutto sembra perso. Quella vigna sembra irrecuperabile. È il disastro. Ma poi scoprono che la pianta madre era danneggiata, ma non era morta. Il cuore di quell’unica pianta è ancora verde. Da lì si può ripartire! Quella vite non è scomparsa. Da quella pianta, da quell’unica pianta, si può ricominciare.

Possiamo chiederci: allora quali germogli promettenti ci sono nella mia vita? Quali germogli possono coltivare e mi possono far sperare una crescita? Magari ne trovo molti, magari mi pare che ce ne siano pochi, forse solo uno. Cerchiamo e curiamo quei germogli. Da lì ripartiremo. Da quel rametto di cedro è nato un cedro nuovo, grande e rigoglioso.

È troppo poco? Mi pare di non farcela? Mi sento il più piccolo di tutti i semi? Anche da un granello di senape, anche da lì, si può partire per diventare grande. Non sono qui per caso, nessuno di noi è al mondo per caso. Il Signore non tiene scarti ma solo i pezzi necessari.

Vi dico un numero. Prendete un 4 seguito da 20 zeri: 400 miliardi di miliardi (o meglio 400 biliardi). Quando siamo stati concepiti, avevamo una possibilità su 400 biliardi che nascessimo proprio noi. Altro che lotteria…

Max Pezzali canta: «Chi lo sa se il mio posto e’ qui o è solo una fatalità una questione di numeri di probabilità che può decidere chi sarai lingue dialetti che parlerai accenti ed inflessioni che avrai luoghi e profumi che chiamerai casa mia”.

Noi cristiani sappiamo che non è un caso, non è fatalità ma provvidenza che ci dice che, per quanto piccoli, siamo un ingranaggio prezioso. Gli ingranaggi piccoli valgono forse meno di quelli grandi? Siamo un seme capace di produrre una pianta che mai avremmo immaginato.

«Camminiamo pieni di fiducia» ci ha detto Paolo… e il messaggio per ciascuno di noi, camminiamo nel Signore pieni di fiducia, con lui porteremo molto frutto.