Dopo l'assemblea sinodale del 18-25 settembre 2021

Scambiare esperienze, condividere ricchezze

Una riflessione tra gli Atti degli Apostoli e l'attualità ecclesiale locale

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Gli Atti degli Apostoli racchiudono pagine tra le più attraenti della Bibbia, che purtroppo non trovano posto per intero nella liturgia, perché il loro racconto è molto disteso. L’autore, lo stesso Luca del terzo Vangelo, vi raccoglie alcune esperienze degli inizi della storia della Chiesa, che diventano «fondative e canoniche», come gli anni dell’infanzia sono l’imprinting nella vita di una persona. Lo ha evidenziato don Carlo Broccardo, docente presso la Facoltà Teologica del Triveneto, aprendo sabato scorso (25 settembre) il secondo atto dell’Assemblea sinodale sul Nevegal. Una riflessione brillante, da consumato catecheta, che ha lasciato un segno nei presenti, parroci e delegati da ogni parte della nostra diocesi. Alcune considerazioni meritano risalto per quell’attualizzazione che dagli albori della Chiesa nascente arriva fino alle nostre vallate.

Nel contesto della grande metropoli di Antiochia, dove per la prima volta i discepoli di Gesù vennero chiamati “cristiani”, la comunità sbocciò per l’intuizione di alcuni che uscirono dal recinto della sinagoga e cominciarono a «parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore»; la notizia di quella svolta «giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme», in qualche modo garante dell’incipiente tradizione cristiana. Questa mandò ad Antiochia un osservatore di nome Barnaba che, arrivato sulle sponde del fiume Oronte, scrutò senza censurare, senza manifestare perplessità: «vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare fedeli al Signore» (11,20-24). Poteva essere un controllore di stampo curiale e invece, vero tessitore di relazioni tra le comunità, Barnaba fu aperto alla bella novità che la nuova “parrocchia” mostrava nei fatti.

Molto più seria è la vicenda raccontata al capitolo 15. La medesima comunità antiochena si trovò divisa, perché alcuni tradizionalisti pretendevano che i pagani convertiti seguissero tutte le norme della comunità giudaica. Ma «Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro». Si rischiò lo scisma, che non avvenne perché venne interpellata la Chiesa madre di Gerusalemme. Scelta pastoralmente interessante: una comunità in crisi interpella un’altra comunità. «Che umiltà, che intelligenza spirituale!», ha commentato don Carlo. A Gerusalemme vennero ascoltate le istanze della frangia tradizionalista, rappresentata da Giacomo il minore; poi l’esperienza di Pietro e infine il racconto di Paolo e di Barnaba. Dal reciproco l’ascolto di ciascuno maturò una nuova sintesi che, prendendo atto delle nuove aperture, concedeva attenzione anche alle radici giudaiche.

Nei primi passi della Chiesa si situa pure il suggerimento che san Paolo rivolge alla comunità di Colossi: «Quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi» (4,16). La lettera di Laodicea che non ci è arrivata, ma l’invito di Paolo diventa metafora di un protocollo di vita, perché sollecita le comunità cristiane a scambiarsi esperienze e a condividere “ricchezze”. A nulla serve rinchiudersi nella gelosa diffidenza del “noialtri/nosoutre” che, al di là delle varietà glottologiche, stigmatizza un comune e radicato campanilismo, che preferisce l’assoluta autonomia delle comunità alla reciproca interdipendenza.

Oggi l’intreccio di relazioni raccontato dagli Atti degli Apostoli incoraggia il cammino di collaborazione tra comunità, che da tempo ormai coinvolge la nostra diocesi. Questa premura è certamente pungolata dall’assottigliarsi del numero dei preti. Oltre la congiuntura, tuttavia, la collaborazione è iscritta nella natura sinodale della Chiesa. Ora è stata assunta dall’Assemblea sinodale come stile di un vivere comunitario. Certo, sono esperienze già considerate e avviate in più parti della diocesi negli ultimi due decenni. La novità attuale sta nell’averle condivise in uno sforzo di consultazione e condivisione, che ha coinvolto tutta la Chiesa locale. L’assemblea sinodale del 18 e 25 settembre non segna tanto un punto di arrivo, perché intende essere soprattutto un punto di partenza.

don Davide Fiocco