La celebrazione di san Martino

Scoprire di nuovo chi sta davanti a noi

«La benedizione rimbalzi nelle nostre vallate e in tutto il nostro territorio»

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Quella del vescovo Renato Marangoni, tenuta stamattina alla celebrazione in Cattedrale a Belluno per il patrono della città e della diocesi, è stata un’omelia che ha sempre illuminato, come in un gioco di specchi, la pandemia attuale con la vita di Martino di Tours. «Occorre fermare il cavallo della nostra corsa per scoprire di nuovo chi sta davanti a noi, in silenziosa attesa. Riconosceremo in lui la nostra stessa umanità che avevamo lanciato in illusioni esorbitanti, togliendoci quel mantello di supremazia e di predominio di cui troppo ci siamo vantati». L’allusione è all’episodio di Martino, militare del tardo impero romano, che donò la parte di lana del mantello d’ordinanza a un mendicante.

La novità della pandemia «non l’avevamo prevista, ma era insita nelle nostre relazioni e nel nostro rapporto con l’ambiente»: Martino, morto più di milleseicento anni fa a Tours, in Francia, con una testimonianza «che brilla in solidarietà e libertà» «fu coraggioso nel porre gesti di liberazione e chi cercava gesti di bene, si rivolgeva a lui»: «dedizione e accoglienza siano i parametri con i quali rigenerare i nostri rapporti, in un’avventura che ha, nonostante le difficoltà, sapore di sorpresa». Detto in bellunese, questo messaggio risuona nel «nostro territorio esteso e frammentato, al quale il nostro patrono sembra indicare un cammino nuovo, solidale, del tutto privo di interessi di parte».

Martino fu pagina vivente di lieto annuncio biblico e dalla figura del catecumeno, del monaco e del vescovo di Tours l’attenzione si è spostata al Vangelo delle opere di misericordia corporali e del giudizio finale, «dal quale tutti noi ci possiamo sentire raccontati», all’Isaia del Primo Testamento, che nel suo annuncio dell’anno di grazia del Signore «è messaggio universale, per la vita di tutti: queste parole fanno luce nelle profondità del nostro vivere», al Paolo della prima lettera ai Tessalonicesi, che testimonia come il suo annuncio evangelico mai sia stato mosso da «intenti di adulazione o intenzioni di cupidigia»: «Con il sostegno di san Martino – ha concluso il suo intervento il vescovo – cara Chiesa di Belluno Feltre, sei chiamata a vivere in questo territorio con tutti i fratelli, bambini e adulti, giovani e anziani, uomini e donne: il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni».

La benedizione finale, in una liturgia calorosa e partecipata nonostante le norme relative al distanziamento fisico, è stata anche fatta risuonare nella tonalità dell’«incoraggiamento a tutto il personale sanitario»: quasi a sottolineare una fisicità di questo augurio, da cui molti sono stati raggiunti nelle case grazie alla diretta televisiva, ha detto il Vescovo, «la benedizione rimbalzi nelle nostre vallate e in tutto il nostro territorio».

don Giuseppe Bratti

Clicca qui per leggere l’omelia del Vescovo