L’omelia del Vescovo in Cattedrale per la festa del patrono della città e della diocesi

Seguire san Martino, costruire comunità

Le difficoltà del periodo e il bisogno insopprimibile di ritrovare il gusto e l’arte del vivere comunitario

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Una presa d’atto delle difficoltà del periodo attuale, segnato anche da divisioni e contrasti tra persone e gruppi; un’esortazione a seguire l’esempio di san Martino che ci sprona a riprendere il cammino nel segno dell’unità e della fratellanza; un invito a riconoscere che tutti noi pur essendo molti siamo un corpo solo e che c’è un bisogno insopprimibile di ritrovare il gusto e l’arte di fare comunità senza la quale la vita diventa invivibile, insopportabile; e per far questo è necessario ripartire dal basso, da piccoli cambiamenti quotidiani, ricostruendo un tessuto comunitario adatto alla realizzazione umana e universale e non fondato sul successo individuale.

Può essere sintetizzata in questi pensieri l’omelia tenuta questa mattina in Cattedrale a Belluno dal vescovo Renato in occasione della solenne celebrazione eucaristica della festa di san Martino, patrono della Chiesa di Belluno-Feltre insieme ai santi Vittore e Corona. Ecco, qui di seguito, i passi principali dell’omelia dal vescovo Renato.

«Sentiamoci tutti a casa attorno a una mensa di fraternità e di grazia. Tutti. San Martino oggi come nostro patrono sembra venirci incontro con il suo cavallo. Egli indossa la sua armatura, pronto ad affrontare e combattere possibili pericoli e mali incombenti. Ecco. Si ferma davanti a noi. È colpito dallo smarrimento e dalla preoccupazione dei nostri volti. Ci vede piuttosto infreddoliti da timori che serpeggiano negli animi, da paure ancestrali che affiorano in noi, dal senso di incertezza che ci assale scrutando il futuro e per cui il nostro sguardo si abbassa e spesso anche si spegne».

«San Martino ci scopre tremanti per il risvegliarsi in noi di un’istintività conflittuale che ci sta schierando gli uni contro gli altri, anche nelle piazze. Alcuni sono dalla parte del “sì”, gli altri del “no”. San Martino getta il suo sguardo su di noi e si impietosisce. Non indugia e strappandosi di dosso il mantello che lo rendeva fiero e imperioso ci scombina mettendo nelle nostre mani parte della sua dignità, della sua fierezza, del suo calore, della sua speranza, del suo aspirare a un bene che sia per tutti e di tutti».

«Ma dove in particolare Martino ci sorprende, ci scuote, ci induce a rialzarci e a essere pronti a ricominciare il cammino lungo il quale lui ci raggiunge? Le parole accorate dell’apostolo Paolo sembrano affiorare dalle labbra di Martino mentre ci incontra e si offre in condivisione con noi: “Noi pur essendo molti siamo un corpo solo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri”. Mi chiedo se non sia proprio questo il tempo in cui smetterla di ignorare che non si vive in questa storia, che non possiamo abitare le nostre città e i nostri paesi senza ricominciare ad attuare giorno dopo giorno questa verità: noi pur essendo molti siamo un corpo solo. È invivibile la vita e addirittura insopportabile se manomettiamo e non attiviamo con maggiore convinzione e più decisa responsabilità questo Dna di cui tutti siamo dotati, come ha detto Paolo: “Ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri”. Ovunque, nelle amicizie, in famiglia, in società, nella Chiesa, nel presbiterio, in politica, in economia, nel lavoro (pensiamo ai lavoratori delle aziende oggi in difficoltà in questo nostro territorio, con le loro famiglie, le comunità di appartenenza), nella sanità, nei nostri spazi e tempi di libertà, nella casa comune che è l’ambiente in cui siamo ed è il pianeta che abitiamo».

«Questo tempo che viviamo ci sta drammaticamente insegnando, a volte con terapie d’urto che ci scuotono, che non possiamo essere degni di questa umanità, di questa storia, di questo tempo, di questa vita e non siamo degni neppure gli uni degli altri se non ci poniamo anche noi sulla strada di san Martino, se non cerchiamo di vivere tutti questa parola di vita: “La carità non sia ipocrita, detestate il male, attaccatevi al bene, amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda, non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito”. Diciamo con sincerità che ovunque c’è urgente bisogno di questo e che siamo stanchi di delegittimarci a vicenda, tra gruppi diversi, tra schieramenti di pensiero o di altro. C’è un bisogno insopprimibile di ritrovare il gusto e l’arte di fare comunità in tutto il tessuto del nostro territorio, tra valli e montagne. Anche le nostre valli tracciano percorsi di comunicazione e le nostre montagne formano catene che si combinano e sostengono a vicenda. E noi?».

«Nelle recenti manifestazioni culturali estive un noto autore, rilanciando l’impegno di tutti per un’ecologia integrale, ci ha detto: è necessario ripartire dal basso, da piccoli cambiamenti quotidiani, ricostruendo un tessuto comunitario adatto alla realizzazione umana e universale, e non fondato sul successo individuale. San Martino ci sta chiamando tutti all’appello, ricordandoci il comune destino che sta davanti a noi, i percorsi comuni da condividere nel rispetto di ciascuna individualità, ognuno con il proprio dono, il proprio talento».

«San Martino ci testimonia che è possibile praticare la fraternità, rigenerando la vita comunitaria ovunque in questo territorio, condividendo risorse e sogni. Anche la nostra Chiesa, sulla scia di papa Francesco, dichiara la propria appartenenza a Cristo, imparando però a diventare giorno dopo giorno “sorelle e fratelli tutti”».

Carlo Arrigoni