La celebrazione penitenziale con l’assoluzione generale

Siamo bisognosi di risorgere

Il vescovo Renato: «Quanta sete di risurrezione avvertiamo nella nostra carne ferita»

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Il vescovo Renato lo aveva annunciato così, nella lettera al presbiterio diocesano del 23 marzo: «Sarà un momento importante e delicato la celebrazione del Sacramento della riconciliazione con la confessione generale e l’assoluzione in forma collettiva dei peccati»: dava appuntamento in Duomo per martedì 30 marzo.

La celebrazione è stata introdotta dalla lettura del discorso del Papa del 27 marzo 2020, con le parole, ormai scolpite nella storia: «Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “Siamo perduti”, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme».

Un messaggio – commenta il Vescovo – che «ci ha ben introdotti a questo nostro celebrare; vogliamo sentire la barca del perdono, che è barca di salvataggio, che ci fa gustare il dono di una vita più grande. Ci ha ricordato papa Francesco come siamo chiamati a guardare alla grazia che ci viene donata nella forma della riconciliazione. La Chiesa, apprendendo l’arte da Dio, è madre di misericordia».

Sono proclamati dall’ambone i testi biblici. Il profeta Isaia, con il quarto carme del servo del Signore, presenta colui che «è cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida». Il canto «Eccomi» risponde; poi la seconda lettura, dalla prima lettera di san Pietro apostolo, con l’esortazione a sopportare pazienti la sofferenza: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme». Il brano del Vangelo di Marco presenta Gesù che cammina davanti ai discepoli sulla strada verso Gerusalemme, quando i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, chiedono di poter sedere nella gloria del Signore, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Dopo il battibecco tra i Dodici, Gesù li avverte: «Coloro che sono considerati i capi delle nazioni dominano su di esse. Ma tra voi non è così.  Perché il Figlio dell’uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire».

Il vescovo Renato prende la parola e condivide «alcuni pensieri per entrare nel mistero della Pasqua e della nostra vita, dove ci troviamo trasformati nella lotta tra le forze del bene e le forze del male». Forze, queste ultime, che «assumono l’aspetto di una pandemia ingestibile, per la quale tanti ci hanno lasciato», e qui il ricordo va subito ai confratelli nel sacerdozio che ne sono stati vittime.

La tonalità del discorso del Vescovo non è però quella in minore della nostalgia e del ricordo doloroso, bensì quella fiduciosa della speranza: «ricordo quando sabato scorso ci siamo incontrati on line tra alcuni cristiani e alcuni musulmani (in un incontro organizzato dal Movimento dei Focolari bellunesi, ndr) e ci siamo detti parole di fede su Dio che è misericordia. A Dio si arriva quando si cerca tanto amore». In tempi difficili come questi, «quando la vita chiede misericordia e comprensione, quando la vita stringe e si ha necessità di rigenerarla e di risuscitarla, Dio è là. La sua misericordia è un amore senza limiti, senza barriere, come un cielo infinito».

Nessuno dei credenti è alieno da questa esperienza che si fa storia: «Noi siamo qui questa sera perché Gesù ha detto: ‘‘Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”: è storia di salvezza che continua anche oggi». Ed è un’esperienza che prima di tutto è nome e persona, Gesù: «Il racconto più completo della misericordia del Padre è proprio lui, Gesù. Egli portò i nostri peccati sul suo corpo, sul legno della croce. Dalle sue piaghe siamo stati guariti. Eccoci qui a chiedere guarigione, nei nostri rapporti e nel nostro cercare Dio».

Continua il Vescovo: «In questi giorni, guarderemo alla croce, con lo sguardo di chi si lascia guarire, curare, amare. In questo Gesù ci invita a essere seguito a Gerusalemme». Dolore e desiderio, spesso in lotta nel cuore dell’uomo, si riconciliano calamitati verso la risurrezione: «Quanto desiderio e quanta sete di risurrezione noi avvertiamo nella nostra pelle, nella nostra carne ferita, nel nostro mondo pieno di paure, nei nostri rapporti così faticosi, Gesù: “La verità vi farà liberi”. Sono questi i frutti del perdono che sgorga dal cuore di Dio, che Gesù diffonde dalla sua croce. Il figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire, per dare la propria vita in riscatto per molti. Ecco il dono della riconciliazione in questo nostro celebrare, liberi per prenderci vicendevolmente per mano e darci fiducia e speranza, per ritrovarci figli e figlie di Dio, pur nella fatica di accogliere questo immenso dono di libertà».

Prima dell’esame di coscienza, il Vescovo pone due domande, «per aiutare il nostro confessare il peccato, chiediamoci: dove quando e chi servire, lasciando ciò che ci allontana gli uni dagli altri? Chiediamoci: dove, quando e chi lasciare che sia prima di noi, per poterlo aiutare e favorire?».

La seconda domanda si ricalca su Gesù che camminava avanti ai discepoli, impauriti: «quale strada stiamo percorrendo? Siamo sul passo di Gesù? Ci stiamo affidando a Lui? E come suoi discepoli, come siamo tra di noi? Ci attendiamo? Ci interagiamo? Facciamo circolare tra noi le sue beatitudini? In nome suo abbiamo uno sguardo di amore sulla storia, sulle situazioni di ingiustizia e di povertà, sull’ambiente? Stiamo orientando le nostre fatiche alla sua risurrezione?».

Nel silenzio la recita del Confesso e il canto ripetuto del Kyrie eleison. Il Duomo si inginocchia per ricevere il perdono sacramentale, mentre chi segue dai media è invitato a un atto di contrizione. Per alcuni, l’appuntamento alla confessione individuale: «Chi ha la consapevolezza di un peccato grave, sa che c’è l’impegno per ricordarlo al ministro».

Il Vescovo conclude, prima del Magnificat: «Sgorga da questo dono ricevuto del perdono del Signore il cambiamento di vita dal Vangelo che abbiamo ascoltato: non essere mai il primo, ma il secondo; non primeggiare, per impegnare da lui; sono gesti d’amore nella nostra quotidianità».

Giuseppe Bratti