Tutta l’assemblea protagonista nella Liturgia della Parola

Deve essere esperienza comunitaria oltre che individuale

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Concludo la serie di riflessioni e di indicazioni celebrative sulla Liturgia della Parola con altre sottolineature. Sono affidate non esclusivamente ai ministri responsabili del sacro rito e a coloro che si prestano per offrire il loro servizio alla celebrazione. Tutti i presenti sono invitati a vivere e a realizzare quella che è sempre un’esperienza di fede comunitaria, non solo da spettatori, ma da protagonisti dell’atto liturgico. Realizzare alcuni obiettivi, se si è responsabili, chiedere ai responsabili di realizzarli, se altri hanno questo compito, porterà a una celebrazione che corrisponde al sentire e al progetto rituale della Chiesa.

Il Salmo responsoriale

L’assemblea è invitata dopo l’acclamazione al termine della prima lettura a partecipare al rito con il ritornello del salmo responsoriale. Il compilatore delle liturgie della Parola – sia delle domeniche, come delle festività e dei giorni feriali – propone a termine del primo brano un’espressione che, insieme ad alcuni versetti del salmo scelto opportunamente, facilitino la comprensione o la risposta alla messaggio proposto dalla Parola di Dio. L’espressione è indicata all’assemblea generalmente dal lettore stesso. Qualora sia presente una persona capace di farlo, interviene il cantore. Esiste un repertorio preparato di melodie per cantare il ritornello. In alternativa ci sono melodie adottabili alle diverse espressioni del ritornello. Il canto del ritornello è il primo obiettivo dell’assemblea che vuole andare oltre alla proclamazione con la sola voce. Ancora più solenne sarebbe il canto, sempre da parte del cantore, dei versetti del salmo. Generalmente nelle assemblee feriali o non provviste di un cantore, il ritornello viene proclamato dal lettore, e poi ripetuto dall’assemblea dopo ogni versetto del salmo.

Qui si possono suggerire alcuni accorgimenti, per facilitare il coinvolgimento di tutti e realizzare quella che è la dinamica prevista per questo momento del rito. Il lettore, senza fretta dopo la risposta dei presenti alla fine del brano, e con voce chiara, proclama il ritornello. I presenti, attenti all’espressione, la ripetono e la memorizzano. Il lettore non ripete l’espressione insieme all’assemblea, salvo che non ci sia stata difficoltà nella memorizzazione del ritornello. In questo caso è un supporto nella difficoltà – finché necessario – altrimenti la voce del lettore al microfono copre quella dell’assemblea.

Il canto al Vangelo

Il canto al Vangelo è uno dei momenti nei quali la voce di tutta l’assemblea diventa chiara espressione di partecipazione. L’assemblea si alza in piedi per disporsi all’ascolto del brano del Vangelo. Prima però il canto proposto è quello dell’acclamazione “Alleluia”. È un’espressione che chiede di essere cantata da tutta l’assemblea. Il solo proclamarla a voce ne sminuisce il valore e il significato. Ogni assemblea riunita per la Messa, anche limitata di numero, è in grado di cantare questa parola. Nel periodo quaresimale, dalle Ceneri fino alla Veglia pasquale, l’Alleluia è sostituito da altre invocazioni: «Lode a te, o Cristo, re d’eterna gloria» o simili, come indicato anche dal messale. La frase proposta del lezionario come anticipo del brano del Vangelo può essere cantata con una melodia opportuna. Molto spesso viene solo proclamata dal lettore. L’alternativa di un “versetto” generico, con una melodia conosciuta, toglie al momento celebrativo il suo significato primo: quello di essere un anticipo e un annuncio del brano che sarà proclamato.

L’omelia

Il termine “omelia” viene spesso utilizzato in sostituzione della più familiare parola “predica”. Il termine indica modalità e contenuti di massima di questo momento che l’Ordinamento generale del Lezionario Romano indica come «davvero frutto di meditazione, ben preparata, non troppo lunga né troppo breve» (n. 24). Nello stesso documento, l’omelia viene presentata con queste parole: «con la quale nel corso dell’anno liturgico vengono esposti, in base al testo sacro, i misteri della fede e le norma della vita cristiana». Poi si afferma: «ha lo scopo di far sì che la proclamazione della Parola di Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica quasi un annuncio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo».

È finalizzata a raggiungere una piena attualizzazione nella liturgia eucaristica, facendo partecipare i fedeli al rito ed esprimendo nella vita ciò che hanno ricevuto mediante la fede. Va ricordato che l’omelia non è il criterio di valutazione della celebrazione, ma soltanto uno degli strumenti affidati al sacerdote che presiede e all’assemblea tutta, per entrare nell’esperienza del mistero pasquale di Cristo. La sua fedeltà alla Parola proclamata e all’assemblea che ascolta, sono i soli criteri per un’opportuna valutazione. La sua efficacia è poi affidata all’azione dello Spirito, molto più che alla capacità di colui che tiene l’omelia.

Momenti di silenzio, non solo simbolici, alla sua conclusione indirizzano alla meditazione, al richiamo dei messaggi e, sotto l’azione dello Spirito Santo, iniziano a raggiungere e trasformare la vita delle persone.

Giuliano Follin