15.ma domenica del tempo ordinario - anno A

Un lavoro di giardinaggio interiore

a cura di un parroco di montagna

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Chi è quel seminatore… sprecone? Chi non guarda dove semina? Chi butta il seme prezioso un po’ dappertutto, anche sulla strada e tra i sassi?

A gettare nel mondo la sua Parola è Gesù, che non si è limitato ai suoi. A loro ha detto: Beati i vostri occhi, i vostri orecchi che ascoltano… ma poi ha parlato a tutti, uomini e donne, dotti e analfabeti, ricchi e poveri, piccoli e grandi…

Seminatori della Parola, nella Chiesa, ci sono quelli che lo fanno per professione (cioè per missione). Ma ogni uomo saggio tiene in tasca qualche buon seme, qualche buona parola da seminare.

Se non se n’è ancora accorto, è bene che se ne renda conto e che, all’occorrenza, tiri fuori qualcosa, e non si limiti a ripetere quello che dicono tutti.

Le parole del Vangelo sono potenti e possono attecchire dove meno ti aspetti. Il questo tipo di agricoltura, è inutile selezionare i terreni… perché Dio non ha fatto calcoli e si rivolge a tutti.

Quanto a risultati… può capitare che persone assidue alle liturgie ascoltino la parola di Dio per anni senza cambiare sé stessi di una virgola (ma non credo sia possibile!).  Qualcuno invece, chi meno ci si aspetta, coglie bene un messaggio e lo fa suo.

Cerchiamo di non fare lo sbaglio di volgere l’attenzione sui vari predicatori anziché sul quel predicatore che è Cristo! Anche riflettendo sulla parabola, non andiamo a cercare le molte ragioni dei fallimenti della predicazione… e non cerchiamole soprattutto negli altri.

Cristo ha grande fiducia nell’uomo che ascolta e che porta con sé la parola. La parabola porta a essere collaboratori del divino seminatore. La spiegazione che ne segue trasforma gli uditori in agricoltori. Guardiamo bene al nostro orto, cioè al terreno che ciascuno è…

Se ascoltiamo senza capire, siamo strada asfaltata.

Se siamo entusiasti ma fragili, volubili, privi di radici, siamo terreno sassoso. Non basta gioire ogni tanto nella vita religiosa: occorre solidità per affrontare i momenti difficili e perseverare.

Se siamo ansiosi per gli affari e per la nostra economia, abbiamo spine che crescono, che tentano di spadroneggiare; bisogna far attenzione perché soffocano ogni ideale.

Il terreno buono è descritto da quattro verbi: ascoltare, fruttificare, fare.

Non crediamo che gli apostoli fossero terreno facile per Gesù. Questi nostri problemi ce li avevano anche loro, tali e quali: vediamo nel corso del Vangelo che spesso non capiscono, non vogliono accettare il modo di Gesù di essere messia, ricercano sé stessi, sono litigiosi e nel momento cruciale fuggono.

Hanno di buono che restano sempre con lui, disponibili a seguire il Signore, a ricominciare dopo le cadute, a mettersi di nuovo all’ascolto.

Dopo essere fuggiti nell’ora della Croce, si ritrovano insieme e fanno esperienza del Signore risorto.

Allora… Buon lavoro di giardinaggio interiore! È l’hobby più serio che ci sia!