57ª giornata di preghiera per le vocazioni

Omelia domenica IV di Pasqua - Cappella Centro Giovanni XXIII
03-05-2020

At 2,14a.36-41; Sl 22(23); 1Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10

Oggi siamo raggiunti e investiti – quasi travolti – da una parola in eccedenza, carica di energie vitali, prorompente. Ci sorprendono parole come quelle pronunciate da Pietro agli inizi: sono passati appena cinquanta giorni dall’annuncio che Gesù è risorto da morte. Ecco che cosa Pietro dichiara: «Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Immediatamente prima egli aveva detto: «Riceverete il dono dello Spirito Santo».

C’è una promessa che è un dono che ci supera ed essa viene a rompere la monotonia del nostro vivere, a spezzare i recinti dentro i quali ci sentiamo forzatamente costretti, a sfondare barriere che impediscono di spiccare il volo. Quando si scopre e si accoglie una promessa che tocca la fatica del vivere fino a scuoterlo, a destarlo dal suo languore, si percepisce che la vita non è solo quella che si riesce a contenere nelle proprie mani, ma è più in là, è anche oltre, ed è di più. L’espressione usata da Gesù alla fine del racconto evangelico di oggi è efficace. Egli ci fa capire che si tratta di “vita in abbondanza”. La promessa di cui parla Pietro ci immette in una “vita in abbondanza”.

Parlare oggi di “promessa” e di “vita in abbondanza”, nel nostro contesto così turbato e preoccupato, sembra fuori luogo, sembra una “presa in giro”. La Parola che oggi abbiamo ascoltato ci provoca questo scossone.

È la chiamata che scaturisce dall’ascolto che stiamo condividendo. Dobbiamo riprendere la visione e anche il conseguente linguaggio della “promessa” e della “vita in abbondanza”.

Quando alla fine della prima lettura Pietro pronuncia questa dura e pesante requisitoria: «Salvatevi da questa generazione perversa!», egli è estremamente sincero, pur nel tono e nei termini esagerati che utilizza. È sincero, perché quando non si riconosce più il segno e la caratteristica della promessa al nostro vivere, alle nostre persone, alle vicende delle nostre comunità, alla storia dell’umanità, rischiamo sul serio di diventare “generazione perversa” che impedisce la “vita in abbondanza”.

Oggi in questa quarta domenica di Pasqua, siamo invitati a cogliere il significato della 57ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Essa ha un tema curioso da accostare a quanto abbiamo messo in evidenza della Parola ascoltata. Ed ecco il tema: «Datevi al meglio della vita» (ChV 143). Sono parole dette ai giovani da papa Francesco nell’esortazione apostolica pubblicata a seguito dell’ultimo Sinodo.

Mi permettete di leggere tutto il suo pensiero, perché ci riguarda tutti. Ci dice che la vocazione di ognuno di noi e di tutti sono “promessa” e sono “vita in abbondanza”. Il linguaggio è originale: è di papa Francesco ed è particolarmente rivolto ai giovani, quindi lo dovremmo un po’ dosare per noi…

«Giovani, non rinunciate al meglio della vostra giovinezza, non osservate la vita dal balcone. Non confondete la felicità con un divano e non passate tutta la vostra vita davanti a uno schermo. Non riducetevi nemmeno al triste spettacolo di un veicolo abbandonato. Non siate auto parcheggiate, lasciate piuttosto sbocciare i sogni e prendete decisioni. Rischiate, anche se sbaglierete. Non sopravvivete con l’anima anestetizzata e non guardate il mondo come se foste turisti. Fatevi sentire! Scacciate le paure che vi paralizzano, per non diventare giovani mummificati. Vivete! Datevi al meglio della vita! Aprite le porte della gabbia e volate via! Per favore, non andate in pensione prima del tempo».

Forse oggi, dopo quello che ci è successo con questa epidemia, papa Francesco avrebbe usato altre immagini più contestualizzate, ma noi comprendiamo il messaggio che è veicolato a noi tutti da questo invito ai giovani.

Desidero tornare alle parole stesse di Gesù, alle similitudini che lui ha usato e che abbiamo ascoltato nel Vangelo, dove egli si presenta come “porta aperta” e come “pastore che chiama e conosce” le sue pecore. Mi sembra davvero carica di “promessa” e di “vita in abbondanza” la descrizione che Gesù fa del pastore: «E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce».

Di se stesso Gesù dice che ci spinge fuori e cammina davanti a noi. Che vogliamo di più da lui, morto e risorto? Di noi egli dice che lo seguiamo e che conosciamo-ascoltiamo la sua voce. Ecco l’essenziale per una vita che sia “promessa” e che sia “in abbondanza”!

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Desidero al termine di questa celebrazione leggervi l’inizio e la fine del comunicato stampa 36/2020 emanato ieri sera dalla CEI, dove si citano le parole del Presidente, il card. Gualtiero Bassetti:

«Esprimo la soddisfazione mia, dei vescovi e, più in generale, della comunità ecclesiale per essere arrivati a condividere le linee di un accordo, che consentirà – nelle prossime settimane, sulla base dell’evoluzione della curva epidemiologica – di riprendere la celebrazione delle Messe con il popolo. […] Al Paese – conclude il Cardinale Bassetti – voglio assicurare la vicinanza della Chiesa: ne sono segno e testimonianza le innumerevoli opere di carità a cui le nostre Diocesi e Parrocchie hanno saputo dar vita anche in questo difficile periodo; ne è segno pure la preghiera che, anche in forme nuove, si è intensificata a intercessione per tutti: le famiglie, quanti sono preoccupati per il lavoro, gli ammalati e quanti li assistono, i defunti».

Sono motivi, ora, per dedicarci con responsabilità e con pazienza, senza improvvide intemperanze, ad attuare insieme tutto questo…