Impressionante realismo

Omelia nella Domenica di Risurrezione – Concattedrale di Feltre
01-04-2018

At 10,34a.37-43; Sl 117(118) ; Col 3,1-4; Gv 20,1-9

C’è un impressionante realismo nei racconti evangelici su quel primo giorno della settimana che noi oggi celebriamo.

Il fatto stesso che i particolari cronologici ma anche descrittivi di ciò che è accaduto non si possano conciliare, anche questo è realistico. Quando mai si può fissare un evento che viene partecipato a più persone in una forma fissa ed esaustiva?

Siamo stati condotti al seguito di Gesù, dalla scorsa domenica quando l’abbiamo celebrato nel suo entrare festoso a Gerusalemme dall’evangelista Marco. Attraverso il suo racconto sulla passione di Gesù ci ha fatti giungere al momento in cui Gesù, dopo di essere stato crocifisso, viene tolto e deposto dalla croce. Gesù era stato collocato in un «sepolcro scavato nella roccia» con una pietra all’entrata.

Da qui inizia nel racconto di Marco un giorno di assoluto silenzio, quando i sentimenti e i pensieri possono eclissarsi e perdersi in mille interrogativi, in qualche dubbio, ma anche nel timore che tutto sia fallito.

È un passaggio fondamentale e decisivo per i discepoli, dunque per il nostro credere.

Potremmo chiederci: come noi siamo giunti all’alba di questo primo giorno della settimana?

Il racconto dell’evangelista Giovanni appena proclamato ci pone questo interrogativo attraverso il recarsi di Maria di Màgdala al sepolcro, «quando era ancora buio». Dice l’evangelista che Maria vede «che la pietra era stata tolta dal sepolcro».

Qui l’evangelista ci fa allontanare subito da quel luogo a cui era accorsa Maria di Màgdala.

Qui inizia una fase inaspettata della fede. Maria abbandona il sepolcro: «Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava».

Tutti quattro gli evangelisti avevano sospeso il racconto dopo la sepoltura di Gesù.

È piombato il silenzio. Inizia un tempo grigio, quello che noi chiamiamo il “sabato santo”. Non sappiamo nulla dove i discepoli si siano nascosti e su che cosa abbiano fatto. Nessuna parola è stata pronunciata. Il Vangelo è silente, come sospeso, in questo tratto di tempo.

Questo spegnimento è anche quello che noi possiamo pensare della morte.

Questo passaggio della fede è indicato nel Vangelo con verità e con realismo.

Oggi i tre personaggi – Maria di Màgdala, Pietro e il Discepolo che Gesù amava – ci accompagnano in questo travaglio.

Questi tre discepoli di Gesù, i più vicini, sono una compagnia necessaria, ineludibile per il nostro cammino di fede, di più per la nostra vita.

Ci provocano a verificare il nostro andare al sepolcro di Gesù. Perché andarci? Perché in questi giorni abbiamo sostato sulla sua passione e sulla sua morte?

Che cosa ci è capitato?

Lo sconfortato tornare indietro di Maria di Màgdala che cosa ci richiama di quanto stiamo vivendo?

La corsa dei due, di Pietro che arriva dopo e del Discepolo amato che giunge per primo, si china e non entra ed aspetta Pietro che cosa rappresenta per noi, per le nostre comunità cristiane, per i nostri gruppi, per la nostra testimonianza al Vangelo?

L’annotazione dell’evangelista – «Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» – ci ricorda come entrare in questa dimensione nuova a cui Gesù è approdato e che noi viviamo nella fede, nella speranza e nella carità.

Nasce da questo ascolto, dalla testimonianza diretta dei discepoli di Gesù, uno stile di vita al seguito di Gesù, su cui oggi per dono, per grazia, siamo incoraggiati: siamo invitati ad accogliere ancora la sua chiamata alla Pasqua…