In ricordo del vescovo Pietro Brollo

Omelia in Cattedrale a Belluno
13-12-2019

Ez 34,11-12.15-17; Sal 22; Lc 5,1-11

«Esci dalla tua terra e va, dove ti mostrerò…»: il vescovo Pietro ha iniziato con queste parole, rivolte da Dio ad Abramo, la sua prima omelia, il 3 marzo 1996, in questa Cattedrale. Ha aggiunto: «Così ho lasciato il mio Friuli e la mia Carnia per questa terra e per questa gente che il Signore mi ha indicato. Una partenza sofferta per il distacco, ma gioiosa perché arricchita dal grande dono dell’amore. Sì, fratelli carissimi, vengo in mezzo a voi per condividere nell’amore la vostra vita, che sarà anche la mia».

Il vescovo Pietro si è sentito arricchito «dal grande dono dell’amore».

Ezechiele lo rappresenta in una metafora tra le più emozionanti della Bibbia. Il profeta fa riferimento alle tormentate vicende del popolo di Dio, che era stato abbandonato da chi ne aveva la guida; e poi descrive l’iniziativa e l’azione di Dio:

«Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia».

Anche il pastore, dunque, giunge a lasciarsi perdere e smarrire per amore, sporco del sangue delle ferite altrui, contaminato dai germi della malattia che ha curato… Ezechiele ci lascia dinnanzi a un Dio così. Dovremmo dire con Isaia: “Per davvero, Signore, i nostri pensieri non sono i tuoi pensieri, le nostre vie non sono le tue vie” (cfr. Is 55,8)!

Il vescovo Pietro portava nella sua pelle questo stile di Dio. La sua stretta di mano, la cordialità del suo saluto, l’intensità del suo sguardo, la vivacità degli occhi con la gioia dell’incontro che infondevano, l’essenzialità e la concretezza del suo comunicare… erano il commovente inchinarsi del pastore che abbraccia e prende sulle spalle la pecora ritrovata.

Il 16 maggio 1999, nell’omelia qui in Cattedrale, incontrando i collaboratori alla missione del Giubileo, dopo di aver ricordato il cuore del Vangelo – «Cristo ha saputo amare gli uomini fino in fondo; non ha escluso nessuno, neanche l’ultimo lassù sulla croce» – il vescovo Pietro tratteggia loro la testimonianza da dare e il servizio da prestare: «E allora quando andrai a bussare alla porta di un fratello, gli dirai semplicemente che tu sei lì per comunicargli chi è il Cristo e gli confermerai che egli è stato mandato per svelare il volto d’amore del Padre, questo Padre che accoglie ogni figlio prodigo, che accoglie ciascuno di noi. Questa è la missione della Chiesa che noi vorremmo costruire sempre più limpida, sempre più trasparente per renderla capace di annunziare il Vangelo anche nel Terzo millennio».

Il vescovo Pietro si era appassionato all’annuncio del Vangelo nel Terzo millennio. Noi oggi siamo qui anche per questa sua “passione”. In essa leggiamo il suo sogno e le sue trepidazioni quando, ancora all’inizio del ministero episcopale, si appella a tutti dicendo: «Siamo quindi chiamati ad impegnarci nella “nuova evangelizzazione” in questo “tertio millennio adveniente” non solo con l’annuncio di una dottrina, ma attraverso la proposta di un’esperienza di vita secondo il Vangelo, una esperienza che non riguarda però solo il singolo, ma tutto il Popolo di Dio».

Potremmo immaginarci il vescovo Pietro presso il lago di Gennèzaret, proprio come Simone nel racconto evangelico proclamato poco fa. Gesù ha bisogno della barca di Pietro, perché non possiede una sua barca per attivare la sua prima grande tornata di evangelizzazione. Spiazzante per noi: lo fa insieme a Pietro, anche prima di coinvolgerlo formalmente come apostolo. Questi gesti di Gesù ci fanno comprendere il suo stile: è un Figlio di Dio che non parla dal pinnacolo del tempio, ma dalla barca di proprietà di un semplice pescatore, Pietro; non agisce in luoghi sacri isolati, ma nel bel mezzo delle attività del mondo, in angoli profani e umani, sulle rive del lago.

E scopriamo Gesù associato con grande familiarità a Pietro: c’è tanta comprensione e affetto tra di loro. Si intravede, così, in questo incontro «un Dio che non è padrone, ma ospite, dello spazio umano» (Rosanna Virgili); ospite delle nostre attese e delle nostre delusioni: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla».

Il Vescovo Pietro ha consegnato a questa nostra Chiesa, ai suoi successori, al vescovo Giuseppe, a me, al nostro presbiterio il dono affidabile della parola che ha rappresentato e raccolto in un dono di amore e in una consegna di fiducia tutta la sua vita e il suo ministero: «Sulla tua parola getterò le reti».

Continueremo così e sulla sua scia ci aiuteremo. Ecco le sue parole: «È il nostro modo di vivere la comunione tra di noi, di stabilire tra noi rapporti ricchi di umanità e di fraternità, “gareggiando nello stimarci a vicenda”, come ci dice san Paolo; è il nostro modo di essere accoglienti verso tutti, sulle orme di quel Cristo che è venuto non per giudicare, ma per salvare il mondo, che diventa segno di credibilità evangelica».

Grazie Pietro, pastore di ogni pecora smarrita o ferita, semplice pescatore che con la sua barca si è associato a Gesù sulle rive del lago, intrepido ed entusiasta camminatore e sciatore sulle montagne di questa terra, vescovo e fratello in questa amata Chiesa di Belluno Feltre.