La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta

Natale del Signore alla messa del giorno
25-12-2016

Isaia 52,7-10; Sal 97 (98); Ebrei 1,1-6; Giovanni 1,1-18

Alla luce della Parola proclamata rivolgo il mio augurio di “buon Natale”. Siamo ormai alla sera di questo giorno e l’oscurità della notte ci ripropone l’annuncio appena ascoltato: «La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta». È uno sguardo diverso su ciò che solitamente ci fa paura, ci intristisce, ci fa entrare nell’oscurità delle tante notti della vita.

“Buon Natale” significa innanzitutto quel po’ di luce che ci permetta di attendere ancora, di sperare, di affidarci ad essa per fare dei passi di futuro.
Vi auguro di poter scorgere questa luce, qualsiasi possano essere le tenebre.

Quando l’evangelista Giovanni dice «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini» sta raccontando del segno del bambino di Betlemme nato dal parto di Maria. Partorire è “dare alla luce”.

Straordinario questo Dio che nessuno di noi «ha mai visto», come sorprendentemente proclamato alla fine del Vangelo di oggi. Maria dando alla luce quel bambino che avvolge in fasce e pone in una mangiatoia ci racconta di questo Dio che non si può vedere e che quel figlio avrà poi l’ardire di chiamare “Padre mio”. L’evangelista ci ha detto: «il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato». Nella lettera agli Ebrei – la seconda lettura – ha indicato con altre immagini e altre parole la stessa realtà: «Ultimamente, in questi giorni, [Dio] ha parlato a noi per mezzo del Figlio». La lettera agli Ebrei riconosce il “parlare di Dio” nei giorni di quel bambino fino alla sua maturità d’amore sulla croce: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato». E poi ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio».

Ecco a Natale siamo di fronte a questo inaspettato darsi di Dio, al suo parlarci, al suo comunicare con noi, senza che lo possiamo vedere, perché Dio si offre totalmente a noi in quel bambino fragile che vive una condizione di precarietà. E poi sarà quel giovane e quell’adulto che giungerà alla Pasqua, attraversando le tenebre della croce.

Ci è stato detto che Dio lo introduce come “primogenito nel mondo”. Ci riguarda, ci appartiene. Noi siamo in lui, dietro a lui. Lui il primogenito tra noi. «La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta».

Per questo siamo affezionati al segno di una donna che in questa notte ha dato alla luce il figlio della Vita!

Custodisci questo annuncio. Se puoi, fallo trasparire in te, e condividilo. Il Natale diventerà quel Dio che «ultimamente in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio». E proprio perché questo suo Figlio è il primogenito nel mondo, Dio «ultimamente» nei nostri giorni parla in ogni suo figlio, in ogni sua figlia, in tutti noi, specie i più fragili e poveri, dati alla luce e venuti a questo mondo.
Buon Natale!