La Samaritana al pozzo

Terza domenica di Quaresima - Cappella Centro Giovanni XXIII
15-03-2020

Es 17,3-7; Sal 94 (95); Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42

Quest’ultima espressione del racconto di oggi attira l’attenzione, anzi ci interessa davvero: «Questi è veramente il salvatore del mondo». Di un “salvatore del mondo” ne sentiamo tutti il bisogno. Sono i samaritani della città di Sìcar a riconoscere questo a Gesù, dopo che egli aveva incontrato una donna loro concittadina. Si tratta di qualcosa di nuovo, di inaspettato, un po’ come si presenta a noi la primavera a cui ci stiamo avvicinando: ci appare troppo nascosta, incerta, sospesa tra i giorni difficili che stiamo vivendo.

Questa immagine rappresenta bene l’itinerario che la Liturgia ci sta proponendo: i nostri passi, che avanzano tra mille ombre, vengono illuminati dalla luce della Parola del Signore che ci sta iniziando alla primavera della Pasqua.

Nella prima domenica di Quaresima – era il 23 febbraio – abbiamo accompagnato Gesù nel deserto, luogo di fame, di solitudine e di paure. Eppure alla fine del racconto delle tentazioni che Gesù affronta, l’evangelista Matteo annota: «Degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano». Nel deserto, dunque, c’è un inizio di primavera, uno squarcio di vita che riprende.

Nel vangelo di domenica scorsa, Gesù si è trasfigurato dinnanzi a tre discepoli che, dice l’evangelista, «caddero con la faccia a terra […] presi da grande timore». Ma Gesù «si avvicinò li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”».

Oggi ci è stato narrato l’incontro di Gesù con la donna samaritana: una vicenda bellissima, di estrema delicatezza, di grande coraggio e trasparenza, dove tutto avviene in verità, senza ipocrisie. Alla fine la samaritana rompe ogni indugio e va in città a dire «alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».  Anche a lei è successo qualcosa di inaspettato, una novità che l’ha aperta agli altri e su un altro futuro.

Nelle prossime due domeniche – prima della domenica delle Palme – ci incontreremo con un uomo, cieco fin dalla nascita, e poi con un morto, Lazzaro, amico di Gesù. Anche per loro c’è un futuro di vita, una guarigione umanissima e premurosa. È la primavera della Pasqua.

L’itinerario quaresimale ci fa scoprire che per ogni situazione di vita, anche quella più compromessa; per ogni singola e particolare persona, vicina o lontana che sia, in salute o in stato di malattia, conosciuta o anonima, fuori o dentro una qualsiasi appartenenza, per tutti c’è un seme di Pasqua che germoglia, già da ora.

All’inizio del racconto dell’incontro con la samaritana, Gesù ha sete e chiede acqua da bere. È un’indicazione che la Pasqua viene. Lo stesso evangelista Giovanni racconterà, in quel buio venerdì in cui Gesù è sulla croce, la medesima richiesta di Gesù, quando «ormai tutto era compiuto […] disse: “Ho sete”».

Coraggio, non temiamo, custodiamo, anzi coltiviamo ovunque e in tutti questa promessa. In questi giorni ce n’è particolarmente bisogno. Pensiamo a chi ora è più preso e più in difficoltà per la situazione che viviamo.

Ma il racconto particolare di oggi, ci fa cogliere altri aspetti di grande umanità sul darsi di Gesù come “salvatore del mondo”.

Gesù è in viaggio dalla Giudea alla Galilea e attraversa la Samaria. È seduto – stanco e assetato – presso il pozzo di Giacobbe. Come lui tutti noi ci troviamo dislocati nella vita, sul territorio, nei rapporti con gli altri, in riferimento a Dio e al suo culto. Gesù ci cerca e ci raggiunge. È enorme la sua sete della nostra verità, di ciò che siamo in profondità. Egli diventa la nostra storia, entra nei nodi reali della nostra avventura di vita.

È lui a cercarci, mentre si fa mendicante, assetato, affamato, stanco; mentre va in croce e si lascia morire.

Sì, Gesù ci cerca!

Ed ecco, la vita si ribalta: quante volte! Anche in questi nostri giorni: eravamo così sicuri, abituati e forti delle nostre usanze e, d’improvviso, ci troviamo “ribaltati”, cambiati. In queste settimane sembra rovesciato il nostro modo di vivere.

Nella vita succede. Anche per un incontro, quando ti lasci andare e ti lasci incontrare, quando insegui un segreto indizio e ti fidi di un annuncio nuovo, quando ti abbandoni ad una verità che si sta svelando. Sì, la vita ti cambia.

Gesù giunge a Sìcar presso il pozzo di Giacobbe, si siede e con una domanda “terra terra” cambia la vita della donna samaritana.

C’è un passaggio importante nel complicato racconto di oggi, carico di simboli, di richiami, di evocazioni. Sta in una domanda: dove cercare Dio, dove adorarlo? Per Gesù è giunta l’ora «in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità». Dinnanzi a noi c’è lui, Gesù. Ecco il “Tempio nuovo” dove incontrare Dio. Con Gesù tutto riparte di nuovo. Con lui si diventa cercatori di Dio, un Dio altro, che si svela e si fa adorare in ciò che Gesù va facendo e sta dicendo, sulla strada che egli apre per tutti noi.

C’è qualcosa che si sblocca nel racconto, come lo sbocciare di un fiore, lo zampillare vivo dell’acqua sorgiva. Lo riconosciamo nella donna samaritana che va dai suoi paesani, da coloro presso i quali lei godeva di una non buona fama; li incontra e racconta loro ciò che le è capitato e suscita in loro il desiderio di conoscerlo. Anche qui avviene un ulteriore zampillo di acqua sorgiva: la gente va da Gesù. Il racconto non descrive come ciò sia avvenuto, ma accenna all’importanza dell’evento. Questa gente dirà di lui: «Noi stessi abbiamo udito e sappiamo…». Anche noi, in questo tempo particolare, sentiamo il bisogno che qualcosa si sblocchi, che una novità avvenga, che ci coinvolgiamo per trovare una verità più affidabile, più realizzabile, libera da sofisticazioni di ogni genere, più immediata e semplice che valga per il nostro vivere.

Restiamo in questa promessa pasquale di vita e camminiamo ancora in questo itinerario di deserto che fiorirà.