L’energia di vita sprigionata dalla Pasqua

Omelia nella solennità dei santi Pietro e Paolo – Agordo
29-06-2018

At 12,1-11; Sal 33 (24); 2Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19

Con la gioia evocata dalla preghiera liturgica – «O Dio, tu allieti la tua Chiesa con la solennità dei santi Pietro e Paolo…» – saluto la comunità di Agordo e le comunità che abitano in queste vallate e qui ben rappresentate dai confratelli preti che concelebrano con me e don Giorgio e dalla Corale foraniale che sostiene il canto liturgico di questa assemblea eucaristica. Saluto cordialmente anche le autorità e le associazioni qui rappresentate.

C’è una domanda spiazzante che osiamo raccogliere dal racconto degli Atti degli Apostoli. Siamo al capitolo 12 e l’autore – Luca – prima di chiudere la narrazione degli atti di Pietro per poi concentrarsi sugli atti di Paolo, sembra ricalcare la figura di Pietro su quella di Gesù, mostrando come la sua risurrezione continua ad operare nella vita del suo apostolo.

Ed ecco la domanda che rimbalza dal racconto: siamo la Chiesa della risurrezione che fa salire incessantemente a Dio la sua preghiera per un fratello che si trova incatenato, prigioniero cioè di una qualche forza negativa?

Il racconto della misteriosa liberazione di Pietro dal carcere non ha nulla di trionfalistico. È invece manifesto il coinvolgersi della comunità verso chi è in balia delle forze del male, schiavizzato in catene di oppressione e arroganza che comprimono la libertà della vita. Questa Chiesa orante è lì con gli affetti, con il pensiero, con il suo stato d’animo, nella trepidazione, con atteggiamenti e comportamenti di fraterna amicizia.

A volte il pregare delle nostre comunità sembra reprimere la gioia e la freschezza della vita, sembra soffocare il suo potenziale rigenerante, appare così meschino nel legame di fraternità.

Oggi Pietro e Paolo ci testimoniano l’energia di vita sprigionata dalla Pasqua di Gesù.

La narrazione di Luca è efficace e addirittura commovente. Descrive che un angelo tocca il fianco di Pietro, dicendogli: «Àlzati in fretta»; e poi: «Mettiti la cintura e légati i sandali»; poi ancora: «Metti il mantello e seguimi!». Sono parole di risurrezione. L’autore ci avverte che a Pietro cadono le catene dalle mani.

Ed ecco Pietro, in un secondo momento, prendere consapevolezza di ciò che gli è capitato: «Ora so veramente che il Signore … mi ha strappato dalla mano di Erode».

Noi nel salmo gli abbiamo fatto eco dicendo: «Il Signore mi ha liberato da ogni paura».

Non è da meno il racconto di Paolo: «Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza». Paolo dà questa testimonianza dopo una esistenza in cui “ha combattuto la buona battaglia” e sente di essere giunto al termine della corsa. Egli ci consegna questo grido di speranza: «Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo».

Carissime comunità di fede di questo territorio dell’agordino, siate comunità la cui preghiera si fa annuncio e forza di liberazione. Non lasciate in catene coloro che nel loro cuore, negli affetti, nell’ambiente di lavoro, nelle condizioni in cui versano – come la solitudine, la malattia, le infermità interiori – non hanno più il respiro della libertà.

Pietro e Paolo non sono tanto delle reliquie da venerare o dei trofei da ostentare; non sono due pezzi da museo da ammirare e onorare, ma sono vita da liberare, risurrezione da estendere e donare. Sono bambini, giovani, famiglie, persone anziane, soprattutto poveri e stranieri… a cui promettere liberazione in un coraggioso affiancamento.

Auguro a voi comunità di fede dell’Agordino di farvi “angeli” che sanno vincere l’indugio e i falsi pudori per “uscire”, facendo saltare le distanze e ritrovando il gusto di nuove e generative vicinanze in cui poter rendere attuali le parole di risurrezione che Pietro si è sentito rivolgere. Eccole: «Àlzati in fretta»; «Mettiti la cintura e légati i sandali»; «Metti il mantello e seguimi!».

Non solo a Pietro, come attesta il Vangelo di oggi, ma anche agli altri Apostoli e poi, per ultimo, anche a Paolo è stato detto da Cristo di legare e di sciogliere, di continuare a operare la sua risurrezione e la sua liberazione. Paolo ha usato un’espressione efficace: «portare a compimento l’annuncio del Vangelo [perché] tutte le genti lo ascoltino». È anche il cammino della nostra Chiesa di Belluno Feltre: “Nel Vangelo il nostro futuro”.

Abbattiamo, dunque, l’illusione che isolandoci diventeremo più noi stessi e più sicuri; usciamo anche da una preghiera noiosa e alienante fatta di parole sprecate e allarmanti.

Lasciamoci, invece, intaccare e ricostruire dalla parola promettente e credibile del Risorto, sperimentata e testimoniata da Pietro e da Paolo: «Su questa pietra io edificherò… Coraggio le forze degli inferi non prevarranno…».

 

 

  • Fortunato De Pellegrin (a S. Maria delle Grazie e originario
    di Agordo: 50° dall’ordinazione presbiterale