Nella Presentazione del Signore

Giornata per la vita consacrata, Belluno - Mussoi
02-02-2019

Ml 3,1-4; Sal 23 (24); Eb 2,14-18; Lc 2,22-40

C’è l’eco ancora in noi delle parole che Gesù ha cercato e trovato nel rotolo del profeta Isaia, proclamate domenica scorsa: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Gesù è l’”oggi” di questo racconto inedito della vita di ciascuno di noi. Dentro le parole di Isaia ci siamo tutti. È narrato di me, di te, di ogni uomo e donna. Gesù nel suo oggi di vicinanza ad ognuno le compie: «Egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova». È stato appena proclamato nella Lettera agli Ebrei.

La storia di Gesù ci riguarda. Coraggio: è lieto annuncio, è liberazione, è luce, è “un oggi” di grazia.

Non abbiamo altre parole per raccontare di noi: tra mille esitazioni, tra tante paure, tra innumerevoli imperfezioni, tra un sacco di dubbi che trasciniamo con noi, è srotolata la nostra vita e Lui, l’Unto, il Cristo, vi scorge un lieto annuncio, fa scaturire liberazione, apre a nuova luce, ci consegna ad un nuovo tempo in cui lasciarci andare sulle ali della gratuità e di un amore indicibile che chiamiamo “grazia”.

Nella liturgia di oggi siamo incamminati ancora sulla strada che da Betlemme conduce a Gerusalemme, precisamente nel tempio. Sull’anziano Simeone c’è e agisce lo Spirito Santo. Simeone a noi testimonia pace, luce, salvezza. Non solo, anche Anna sopraggiunge e coglie che attorno al bambino Gesù sta succedendo l’ “oggi” di Dio. Così lei dona parole di fiducia e di futuro.

È stato decisivo per ciascuno di noi il presentarsi di Gesù nel tempio della nostra vita. Che cos’è avvenuto? Egli è entrato, come nella sinagoga di Nazareth, trent’anni dopo. E lui in noi ha seminato l’oggi tanto atteso, un “anno di grazia”, srotolando la Parola che era ancora racchiusa, non pronunciata, non realizzata.

Non abbiamo altre immagini, altre parole per dire “Vita consacrata”. Sono quelle evangeliche, poste da Gesù. Mentre da parte di Simeone ed Anna avviene una consegna: lì nel tempio sembra che sciolgano la loro lunga vita. La pongono davanti alla fedeltà di Dio. Non chiedono a lui frutti particolari per se stessi. La consegnano per il bene del popolo; perché ci sia luce tra le genti. Simeone e Anna, attraverso la gioia che esprimono, si consegnano. Ecco la “Vita consacrata”! Sì, è “vita”: non abbiamo altro tra le nostre mani se non questo miracolo vivo che siamo. Tutto ricevuto. Sì, è “consacrata” perché è una vita su cui si è riversato lo Spirito. E noi possiamo essere ogni giorno “con”, anzi diventare “con”. Non c’è altra vocazione se non concretizzata in quel “con”.

I consigli cosiddetti “evangelici”: sono una vita che si dà, una vita non proprio “perfetta”, ma commisurata alla nostra realtà spesso piccola e dispersa, come anche siamo nei nostri istituti, famiglie religiose o presbiterali.

Ed ecco il dono di consacrazione: quello che siamo lo diamo, evangelicamente. Un unico intento sta davanti a noi: incarnando povertà, obbedienza, castità ci sta a cuore che per tutti – proprio “per tutti” – il Vangelo possa essere ancor più “luce del mondo” e “sale della terra”. In questo “tutti” ci sono, in special modo, tanti giovani e famiglie che emigrando cercano umanità e futuro.

Le nostre cose e la nostra personale risorsa, anche quella di fede (= povertà), con la nostra affettività (= castità), con la nostra obbedienza (= i nostri rapporti, l’altro che è con noi) tutto questo dovrà diventare ancor più evangelico, affinché il Vangelo – anche con noi e tramite noi – sia luce del mondo e sale della terra.