Nelle esequie di don Alfredo Murer

Chiesa parrocchiale di Falcade
13-11-2019

2Ts 2,16-3,5; Sal 16(17); Lc 20,27.34-38

«Custodiscimi come pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi, io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine».

Questa preghiera del salmo 16 la immaginiamo incisa nel cuore – seppure affaticato, ma che non cedeva – di don Alfredo, domenica scorsa all’alba, quando il suo lungo pellegrinaggio terreno si è concluso. Pacato e risoluto aveva attraversato, in diagonale, la Diocesi nel suo esteso territorio. Ha praticato un ministero da montagna. Ha conosciuto le fatiche e le attese di un servizio pastorale che si è lasciato cambiare dai tempi sempre nuovi della vita, perché mai questi sono una ripetizione. Pensiamo alla stagione del Concilio, che don Alfredo ha vissuto dopo i primi anni di ministero: è stato un attraversamento non scontato, a cui aprirsi con pazienza e fiducia.

«Custodiscimi come pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi»: questa preghiera del cuore umile e rasserenato ci permette di raccogliere ora i ricordi della lunga esistenza di questo nostro fratello. Don Alfredo si è sentito custodito così come il Signore può farlo: a lui si è affidato, senza eclatanti gesti o parole altosonanti, nella sua ordinarietà e linearità. Potremmo confidenzialmente dirgli nel ricordo della sua vita e del suo ministero: don Alfredo, all’ombra delle ali del Signore ti sei nascosto!

Negli incontri avuti con lui, ho sentito il suo animo riconoscente. Era grato di quanto aveva vissuto come prete. La gratitudine non porta mestizia nel cuore, non produce quel travaglio di inquietudine che a volte rende difficile la vita. Essere e sentirsi grati è fede genuina. Fino a quando ha potuto, don Alfredo si è gestito in autonomia, ma rimanendo disponibile alla condivisione, alla partecipazione della vita della sua e nostra Chiesa.

Mi hanno colpito alcuni gesti semplici della sua quotidianità. Tra tutti la celebrazione mattutina dell’Eucaristia nella casa di via Feltre a Belluno. Ci teneva davvero che fosse concelebrata in fraternità e partecipata con le persone presenti. Era riconoscibile in lui una fedeltà che veniva da lontano e che ancora lo motivava: «Il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno». Così ci ha rassicurato Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi.

Negli ultimi tempi alcune cadute hanno preoccupato don Alfredo. Le ha percepite come una fragilità che si faceva sentire sempre più e che lo indusse a ridurre i suoi movimenti e spostamenti. Ne era consapevole, ma voleva ancora mettere a prova la sua autonomia. Un’ulteriore caduta ha aperto l’ultima stagione di queste settimane, con la speranza di una ripresa. Poi un inaspettato peggioramento lo ha bloccato a letto in ospedale. Gli ultimi giorni sono stati di assopimento e di sofferenza. Ma don Alfredo aveva ancora energia per tentare di resistere: lo ha fatto fino a domenica.

Ed eccoci alla Parola del Signore che in quel giorno abbiamo tutti ascoltato: «“Il Signore è il Dio di Abramo. Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Don Alfredo è vissuto per lui, il Dio dei viventi.

Questo vivere per Dio è molto umano, a volte “terra terra”. Nel passato don Alfredo lo aveva espletato anche con una premura e dedizione sociale verso le comunità che serviva. Ma c’è una scena che mi ha colpito e che testimonia questo “vivere per Dio umanamente”. Qualche giorno prima dell’ultima caduta, visitai don Alfredo. Con lui c’era don Tarcisio, confratello e paesano, più avanti di lui negli anni. Era una scena commovente di fraternità: don Tarcisio soccorreva il confratello Alfredo perché in difficoltà con la vista che veniva meno; gli aveva procurato un computerino (tablet) per leggere con caratteri più grandi la Liturgia delle Ore. Don Alfredo era disponibile alle nuove tecnologie che gli venivano insegnate. Si aiutavano così.

Siamo grati per questa “vita per Dio” sbocciata in fraternità umana.

Con l’apostolo Paolo diciamo a don Alfredo: «Il Signore guidi “il tuo cuore” all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo».